di Marco
Ferrari
SAN MARCELLO-MONTAGNA. La prova certa, inconfutabile dell’inutile ammunia
o teatrino politico che dir si voglia, riguardo la vicenda poste, ci viene
fornita da chi, partecipando all’incontro di Campo Tizzoro di giovedì 13 u.s.,
(vedi precedenti post Montagna
Pistoiese. Quando la politica fa di tutto per prendere in giro e Montagna
e soppressione uffici postali: una bella favola in cui tutti vissero felici e
contenti), in cui era inviato Oreste Giurlani in veste di Presidente
dell’Uncem Toscana, ci informa che: «quantomeno si è capito qualcosa
di più» e questo «più» è il tutto. Vediamolo.
Alla base del piano di razionalizzazione degli uffici postali, che riguarda
tutta l’Italia, vi è un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico,
presieduto all’epoca da Claudio Scajola, datato 7 ottobre 2008 e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 252 del 27 ottobre 2008 (nelle immagini), il cui
articolo 2 spiega in maniera chiara, strano per un decreto, quali sono i criteri
di distribuzione degli uffici postali:
1. Il criterio di distribuzione degli uffici postali è costituito dalla
distanza massima di accessibilità al servizio, espressa in chilometri percorsi
dall’utente per recarsi al punto di accesso più vicino, per popolazione
residente.
2. Con riferimento all’intero territorio nazionale, il fornitore del
servizio universale (le Poste – n.d.r.) assicura: un punto di accesso entro la
distanza massima di 3 chilometri dal luogo di residenza per il 75% della
popolazione; un punto di accesso entro la distanza massima di 5 chilometri dal
luogo di residenza per il 92,5% della popolazione; un punto di accesso entro la
distanza massima di 6 chilometri da luogo di residenza per il 97,5% della
popolazione.
3. Il fornitore del servizio universale assicura l’operatività di almeno un
ufficio postale nel 96% dei comuni italiani.
4. Nei comuni con unico presidio postale non è consentito effettuare
soppressioni di uffici postali.
C’è quindi alla base di tutto una disposizione di legge, giusta o sbagliata
che sia, dello Stato che consente alle Poste di fare quello a cui sta
procedendo.
Mi chiedo e domando ai rappresentanti delle istituzioni che nel frattempo
si sono riuniti, si sono indignati offrendo benevolmente la spalla su cui piangere
ai cittadini preoccupati ed ignari di quanto stava succedendo, alle forze
politiche di maggioranza che hanno presentato mozioni, a quelle di minoranza
che hanno presentato interpellanze (a volte è successo anche il contrario vedi
il post Gavinana.
Gabrio Fini scrive una lettera a ‘Poste Italiane’), a coloro che hanno
predisposto piani alternativi per chiedere l’istituzione di «Centri Servizi
Multifunzionali», ma si erano informati prima? Sapevano di questo decreto? Un decreto fatto
poi da un uomo del Governo Berlusconi su cui era fin troppo semplice e banale
far ricadere la colpa.
E allora delle due l’una:
1. se lo sapevano perché non dirlo fin da subito senza stare ad inscenare
tutta questa manfrina, in cui la sola cosa evidente è perpetrare il solito e
stantio gioco delle parti?
2. Se non lo sapevano – cosa ancora più grave – verrebbe denotata una chiara incompetenza di chi si è
proposto e ha lottato per essere eletto a ricoprire tali importanti ruoli
istituzionali.
Però…, però pensandoci bene c’è forse una terza possibilità: non è che
vogliono prenderci in giro dall’alto della loro incompetenza?
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[Lunedì 17 settembre 2012 - ©
Quarrata/news 2012]
Una volta c'era l'aristocrazia.
RispondiEliminaDa tempo abbiamo la cheiroterocrazia (potere dei peggiori.
MANDIAMOLI TUTTI A CASA NESSUNO ESCLUSO!