di Lorenzo Cristofani
Qualche foto per documentare certi scempi di famose strutture
PISTOIA. Visto che ogni promessa è debito, ecco allora
le annunciate considerazioni sul ruolo odierno della Società Pistoiese di
Storia Patria e sul suo legame con la città.
Il
Bullettino Storico Pistoiese, la prestigiosa rivista annuale della
società, pubblica nelle ultime pagine del volume il bilancio, il conto
economico e lo stato patrimoniale.
Nella
voce contributi, relativamente alle
annate 2000, 2001, 2003, 2005, 2007, 2008 e 2008 – in soli
sette anni cioè – compaiono le cifre di 33mila , 66,5mila, 33mila, 46mila, 17mila
e 27mila euro, all’incirca, quindi, 220mila euro in sette anni: risorse quasi
esclusivamente provenienti dalla Fondazione Cassa di Risparmio, in
piccolissima parte dal ministero dei Beni Culturali e dalla Provincia.
Stando
così le cose, avendo cioè la società una certa responsabilità nei confronti della
collettività – i soldi sono pubblici – è lecito
chiedere quali siano state e sono le ricadute di queste risorse sul territorio
pistoiese. Quale contributo abbia dato e dia la società in termini, ad esempio,
di tutela e rispetto dello spazio urbano, promozione delle nostre eccellenze in
Italia e nel mondo o creazione di un diffuso senso civico di vivere luoghi e
monumenti – come in molte città di là dagli Appennini è possibile riscontrare.
Le
risposte, a queste ultime e alle successive domande, le daranno però autonomamente
i lettori. Infatti questo blog non vuole esprimere sentenze o giudizi: intende
semplicemente far riflettere e stimolare un ragionamento autonomo nei
cittadini, la missione, cioè, per cui nacque e iniziò a diffondersi la stampa.
E lo fa con argomentazioni e serietà, con la libertà di non aver amici da
tutelare o il timore di inimicarsi qualcuno.
Proviamo
ad esempio a leggere un ottimo intervento di Natale Rauty, presidente onorario
della società, Qualche considerazione
sugli interventi restaurativi della Soprintendenza ai monumenti a Pistoia, Bullettino
2001, in cui si dice che con l’intonacatura
della cella campanaria si andava a modificare in modo non marginale la forma di
un monumento- simbolo della città. Seguono altre puntualizzazioni sul modus operandi, stigmatizzato, della Soprintendenza, adottato e seguito
anche per la facciata di San Domenico, dove si è perduta una testimonianza visibile delle vicende del monumento …
Bene,
ma perché non è stato usato il medesimo zelo sulle ben più gravi vicende di altri monumenti, come lo
stravolgimento di funzioni e forme del palazzo del Monte Pio, donato alla città
come ancora riporta l’iscrizione lapidea e alienato dalla Cassa di Risparmio,
il palazzo dove proprio la Società Pistoiese di Storia Patria ha avuto
sede per anni?
Come
può una società che si richiama agli ideali (vedi sito istituzionale) dei
fratelli Chiappelli, dello Zdekauer e del Chiti, essere così prona allo
svilimento del contesto dei luoghi, accettando cioè la manomissione dei
monumenti che della nostra patria pistoiese
incarnano la storia ?
Si
guardino anche le immagini dello scempio del giardino della canonica di San
Biagino, anch’esso in Via Abbi Pazienza e adiacente alla vecchia sede
societaria, sventrato, peraltro con evidente danno ambientale, per ottenere il
solito parcheggio. O peggio ancora: cosa è stato fatto per tutelare l’immagine
cittadina tanto celebre e tanto celebrata da Antonio Paolucci, quella della
città murata (vedi), per cui
Pistoia è ammirata in tutto il mondo?
Le
immagini sono eloquenti. O ancora, perché tutti quei fragorosi silenzi sul
tentativo di maxi-parcheggio sotterraneo in San Bartolomeo, la subdola
velleità, cioè, da parte di una sconsiderata e irresponsabile Amministrazione Comunale
di distruggere e speculare su un patrimonio collettivo storicizzato e
potenziale attrattore di socialità e turismo?
Qual
è, in definitiva, nel 2012, il valore distintivo di una realtà che, mentre
dichiara di mantenere e tutelare la memoria storica e civica, accetta la
mutilazione e la banalizzazione delle pietre con cui è costruita la casa comune
della nostra città ?
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 23 settembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
Risponda anche chi, (nell'espletamento della sua rappresentanza) ha apposto la sua firma nell'atto di cessione al 'vivaista' di turno. Il quale, se non ricordo male, precisó blandamente che il fine dell'intervento economico (speculativo) sarebbe stato compatibile (con cosa?)
RispondiEliminaMi faccio carico di una visura ai pubblici registri e alla cronaca dell'epoca, per documentare meglio vicenda e personaggi
Aspettiamo per pubblicare i risultati.
RispondiEliminaQuarrata/news