venerdì 25 marzo 2011

L’AIAS CHE FU, L’AIAS CHE SARÀ INTERVISTA A TITO RASTELLI

«la gestione Bardelli aveva bisogno, da tempo, di rinnovarsi, adeguarsi, sprovincializzarsi» – «Credo che a Luigi stiano facendo pagare il suo completo individualismo» – «Nuova linfa all’associazione, più legami con Roma e in sede locale l’espressione di un direttivo formato da un mix di addetti ai lavori»

di Luigi Scardigli


La prima volta che mise piede all’Aias, Tito Rastelli, aveva 15 anni e frequentava la quinta ginnasio del Liceo Forteguerri. Fu il suo professore di religione, don Gargini, a suggerirgli, conoscendo e sapendo di poter sfruttare al meglio il suo amore per la fotografia e la regìa, di mettersi a disposizione dell’associazione.
Oggi, ventotto anni dopo, pur conservando intatti quegli amori adolescenziali tradotti in pratica anche e soprattutto da una militanza storica sull’emittente televisiva Tvl, Tito Rastelli – che si è poi laureato in medicina, specializzandosi in quella riabilitativa o fisiatria e perfezionandosi in management sanitario – dell’Aias è un valido e stimato coordinatore sanitario, un glorioso e impegnativo percorso professionale battezzato, sdoganato ed impreziosito grazie anche alla figura di Luigi Bardelli, che lo ha accudito e lanciato tanto sul piccolo schermo che nella sua vita professionale.

Cosa è successo improvvisamente?

«Prima di tutto, molta confusione – esordisce Rastelli, sposato con Ilaria, una fisioterapista troppo impegnata a far crescere Giacomo (11), Marta (9), Emma (7), Anna (5), Filippo (3 anni) e in attesa del loro sesto pargolo per trovare anche il tempo di lavorare fuori di casa –, spesso creata ad arte tanto dai detrattori, quanto dagli estimatori. La verità, invece, credo che sia molto meno eclatante di quello che si voglia credere o far sembrare. L’Aias è un ente nazionale che non credo possa e voglia controllare minuziosamente i dettagli delle varie realtà locali disparse sulla penisola; sullo specifico, insomma, fino a prova contraria, a Roma hanno preferito non mettere il naso in giro. Però, a Roma, bisognava forse andare più spesso: questione di rappresentanza, trasparenza, condivisione. Credo che a Luigi Bardelli stiano facendo pagare il suo completo, seppur leale, individualismo. La cosa che mi preme sottolineare, immediatamente, da tecnico decano dell’associazione, è che l’Aias continuerà ad esistere e ad operare. Lo dimostra il fatto, nello specifico sin troppo eloquente, che l’Asl 3, nel bel mezzo di questa bufera, abbia già rinnovato con l’istituto tutte le convenzioni. Insomma, tanto gli operatori, quanto gli assistiti, possono tranquillamente continuare a stare sereni: sono salvi i posti di lavoro e soprattutto sono assicurate tutte le prestazioni».

Che sono il vostro fiore all’occhiello…

«Sì, è vero, ce le invidiano tutti. Posso tranquillamente dire, conoscendo le altre realtà che visito saltuariamente in compagnia del dottor Caserio, che la struttura pistoiese è veramente una delle più attente, maggiormente all’avanguardia: vantiamo uno stuolo di operatori, assistenti e personale più o meno qualificato davvero superlativo. Molto del prestigio della sezione pistoiese dell’Aias si deve proprio al certosino lavoro svolto in questi 40 anni da Luigi Bardelli, che si è prodigato, da sempre, anima e corpo, affinché la struttura diventasse, nel tempo, un prototipo ideale di assistenza. E non solo per l’efficienza dei servizi, diurni e notturni, ma anche e soprattutto per il rapporto familiare che ogni singolo soggetto ha potuto instaurare con l’associazione stessa».

Troppo bravo, Bardelli, per restare al comando?

«Troppo solo, per restare al comando. La sua, per molti versi miracolosa, gestione della struttura aveva bisogno, da tempo, di rinnovarsi, adeguarsi, sprovincializzarsi. L’Aias è cambiata perché sono cambiati i tempi, a cominciare dagli assistiti e dalle loro patologie: prima, le inabilità erano soprattutto motorie, legate alla deambulazione; da qualche anno invece ad apparenti normalità coincidono menti disastrate verso le quali occorre dare altre risposte, soprattutto alle famiglie d’appartenenza. I parenti più stretti dei portatori di handicap non sono più quei nuclei familiari che una società falsamente salutista teneva ai margini: il mondo è radicalmente cambiato, i rapporti che lo tengono in vita si sono trasformati. L’Aias non poteva restare ancorata a principi che hanno fatto la storia dell’istituto ma che non potevano certo garantirne il futuro».

Dunque?

«Occorre dare nuova linfa all’associazione, conservando inalterati, anzi, rafforzandoli, tutti quei servizi che hanno fatto, dell’Aias pistoiese, un fiore all’occhiello della città, invidiato dalle altre strutture regionali e nazionali. Occorre insomma ridisegnare la struttura, che abbia maggiori legami con Roma e che in sede locale diventi l’espressione di un direttivo formato da un mix di addetti ai lavori: penso a Giuseppe Totaro, Sauro Becattini, Luca Iozzelli; mi viene in mente il professor Masotti e se ci si sedesse intorno ad un tavolo, di nomi, altrettanto qualificati, ne uscirebbero sicuramente altri e tutti pertinenti».

Sta pensando a Torselli, Biagini e Panerai, ad esempio?

«Anche, perché no, ma in questo momento di ristrutturazione, questi personaggi, che rappresentano la storica alternativa al Bardelli, suonerebbero sinistri, come se invece di un nuovo governo si pensasse ad una rivoluzione».

E lei, Rastelli, che ruolo vorrebbe avere nella nuova struttura?

«In qualità di consulente, per statuto, non potrei essere socio, ma se mi si chiedesse di fare il traghettatore, lo farei volentieri. Chi vuol bene a Luigi Bardelli, mi pare doveroso sottolineare in questo momento, lo può dimostrare soprattutto facendo il bene dell’Aias, che è una sua meravigliosa creatura. Il resto, le attestazioni di stima, le pacche sulle spalle, i giuramenti di fedeltà, lasciano davvero il tempo che trovano».

E quella pioggia di milioni in donazione per la nuova struttura?

«Vale lo stesso discorso che abbiamo affrontato prima per quel che riguarda le convenzioni con la Asl, tutte rinnovate: i donatori hanno creduto che con il commissariamento i loro soldi non fossero più una pertinenza pistoiese ma andassero ad ingrossare la banca centrale dell’associazione. Non sarà così e proprio in questi giorni risolveremo un altro dei tanti piccoli problemi insorti in virtù di un contrattempo che bolliva in pentola da qualche tempo».

E Bardelli come sta?

«Bene, ringraziando il cielo. Luigi poi è sorretto da una fede incrollabile, che aggiunta alla sua onestà non può che preservarlo da qualsiasi spiacevole inconveniente…»

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[Venerdì 25 marzo 2011]

1 commento:

  1. Ma perchè il Commissario vuole in qualche modo capire se siamo degni d'appartenere all'Aias, e ne caso lui decidesse, che non lo siamo, in base a cosa ci farebbe fuori.....il Commissario non è un organo giudiziario noi genitori non abbiamo carichi pendenti, e se mai li avessimo non è associandosi ad una onlus, che daremmo giudicati penalmente per questo....

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