È impressionante il modo con cui il
nostro sistema dell’informazione reagisce e si adegua allo status che,
giorno giorno, si determina, si implementa e si sviluppa in quella specie di
palla di vetro dentro la quale tutti noi, pesci rossi boccheggianti e
disossigenati, siamo costretti a vivere.
Il conformismo generale è così forte,
stringente e necessario, che, girando (come spesso ho avuto modo di dire) il
binocolo dalla parte opposta, gli osservatori – i giornalisti di tutti gli
orientamenti, tranne pochissimi – confondono le cause con gli effetti e danno,
degli effetti, una spiegazione come se fossero le cause, disorientando il
cervello dei più, dei lettori sprovveduti.
È emblematico, stamattina, un titolo
del Tirreno che finisce col tranquillizzare i salassati della manovra
Monti (ammesso che sia una manovra e non un vero e proprio taglieggiamento più
o meno inconsulto e determinato da meri criteri di bancarismo indecorosamente
irresponsabile), convincendoli, quasi, che come Monti non c’è nessuno e che
solo lui, dopo Dio e la Cei, potrà salvarci.
Monti piace ai mercati: spread a picco titola in prima pagina il quotidiano. E lancia un vero e
proprio ‘equivoco storico’ confondendo e ubriacando il lettore, che è invitato –
con questa ottimistica notizia, che Gramsci non avrebbe il minimo dubbio a
definire edificatoria alla stessa stregua dei Promessi sposi del
Manzoni, da lui detestati – senza usare cautela, senza avvertire dell’altro
che sta sotto a quell’innocente piace.
Nossignori. Ai mercati non piace
affatto Monti. Ai mercati – entità astratta ma concretissima, fatta di
gente-squalo, che gira e gira e gira intorno, in attesa di annusare una misera
goccia di sangue – piacciono le lacrime e il sangue (30 miliardi) che Monti farà
versare agli innocenti cittadini d’Italia, di destra, di centro e di sinistra.
Innocenti perché hanno votato Cavaliere-Fini,
o Bersani-Bindi-Franceschini-DiPietro-Vendola, o Casini, o Bossi o vattelappésca,
credendo che avrebbero rappresentato i loro interessi, mentre tutti andavano
solo nella direzione di Debitòpoli: la nuova e vera realtà messa in ponte dal
dopo-Tangentòpoli, ma sempre fatta, oltre che di spreconi maledetti, di schiere
di Guarguaglini che vendevano zucchine e, al tempo stesso, zucche e
teste del popolo lavoratore al migliore offerente, a danno di quella Patria che
non sta davvero a cuore a nessuno, perché, se così fosse, una classe politica
onesta e seria, solo per la figura che ha fatto e per l’immagine che si è
guadagnata sul campo, si metterebbe in cammino come una tribù di lemming
(quelli del racconto di Primo Levi e non quelli del videogioco), per andarsi a
suicidare in massa nell’Oceano e togliersi da ogni insopportabile vergogna.
E invece èccola quella classe politica:
sono ancora tutti lì, intorno al chirurgo vestito da sala operatoria e con il
sangue sul càmice.
Quel sangue che, come si è detto, piace
agli squali del mercato perché da esso – cioè dai miliardi estorti al popolo –
trarrà linfa vitale per le proprie tasche e i propri piaceri, arricchendo
ancora di più chi è già vergognosamente ricco e impoverendo al contempo i
già fin troppo poveri. E magari qualcuno piangerà anche in aula, sotto gli
occhi freddi di Supermario, che ragiona solo con il pallottoliere alla mano.
Tanto c’è sempre un conformismo dell’informazione
rovesciata che tranquillizza gli emorragici dando loro a intendere che stanno
benissimo e che è solo un momento, quello da passare. Dopo, infatti, staranno
bene e meglio: per sempre.
Sereni e sepolti.
e.b. blogger
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[Martedì 6 dicembre 2011 – ©
Quarrata/news 2011]
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