di Lorenzo Cristofani
La
Presidente Fratoni deve affrontare il confronto democratico con i cittadini che
la hanno eletta
PISTOIA. Nei giorni scorsi si
sottolineava come il riciclaggio sia un processo industriale, un perno
dell’economia reale cui un paese come l’Italia non può certo rinunciare, per
mantenere un adeguato livello di benessere e sviluppo. Pertanto è lecito
pretendere chiarezza sulle modalità che gli enti pubblici adottano per favorire
questo settore.
Si
riportano di seguito le osservazioni prevalenti, presentate nei giorni scorsi
alla Provincia di Pistoia da cittadini, enti locali, associazioni di
consumatori, imprese e sindacati – sì, l’industria del riciclo crea occupazione
e ricchezza! – relative al piano interprovinciale dei rifiuti, che va in
direzione contraria a quella di investire sul riciclo.
Adesso
Federica Fratoni, presidente della provincia di Pistoia, la provincia creata
dal duce come atto di giustizia sociale per premiare l’eroismo – così si
mormora – dei pistoiesi durante l’occupazione austriaca, potrà rispondere,
anche attraverso i suoi assessori o i funzionari dell’ente, in maniera seria e
articolata a queste osservazioni. Anche perché la situazione è siffatta: la
provincia elabora un piano incentrato tutto sull’incenerimento e
contemporaneamente si trova ad essere l’ente che rilascia l’autorizzazione a
chi gestirà l’impianto; è opportuno allora allontanare da subito i sospetti di
quanti pensano male (conflitto di interessi) e sono malfidi per non rischiare
che s’avveri il detto proverbiale.
In
particolare è fondamentale sapere chi esaminerà le osservazioni, nomi e
cognomi, e se si ritiene opportuna e come, per una discussione più trasparente,
una commissione tecnica, terza, magari, con rappresentanti delle industrie del
riciclo o di aziende Toscane come Revet o Ecolat che hanno già esperienza
consolidata nelle filiera del riciclo.
Confidiamo
dunque che il presidente della provincia Fratoni, che è democratica e ha quindi
le primarie e la partecipazione nel dna, colga con estrema soddisfazione questa
opportunità di confronto democratico con i cittadini che democraticamente la
hanno eletta.
OSSERVAZIONI
AL PIANO INTERPROVINCIALE RIFIUTI DELL’ATO TOSCANA CENTRO
Delibera
C.P. n. 15 del 13.2.2012: “Adozione del Piano Interprovinciale di Gestione dei
Rifiuti di ATO Toscana Centro (Province di Firenze, Prato e Pistoia), relativo
ai Rifiuti Urbani, ai Rifiuti Speciali anche Pericolosi, ai Rifiuti Urbani
Biodegradabili (RUB), ai Rifiuti di Imballaggio e ai Rifiuti Contenenti PCB;
del “Rapporto Ambientale”, della “Sintesi non Tecnica” e della “Relazione del
Garante della Comunicazione”, ai Sensi dell’art. 12 della L.R. n. 25/1998 e
s.m.i. e della L.R. n. 10/2010.”
OSSERVAZIONE
N. 1
La
quantità dei RSU prevista per il 2015 (Tabella 4.11 pagina 55)
1.1
- Previsione della produzione dei RSU dell’ATO per l’anno 2015.
La
quantità dei RSU prevista per il 2015 è notevolmente gonfiata e non solo perché
viene prevista una ripresa economica che quasi nessuno, dotato di un minimo
senso di realismo, vede realizzabile nei prossimi anni, ma anche perché – se è
sincera la volontà di generalizzare progressivamente la raccolta differenziata
domiciliare e di realizzare almeno il 65% entro il 2015 – le % di riduzione della
quantità dei RSU che sono state applicate nel cosiddetto “scenario ottimizzato”
sono ridicole e non tengono minimamente in considerazione che in tutte le
realtà, anche di area vasta (come il Consorzio Priula di Treviso ed altre) dove
è stata attuata la raccolta domiciliare (togliendo i cassonetti dalle strade)
questa scelta provoca una drastica eliminazione dai RSU dei rifiuti assimilati
provenienti dalle attività produttive (dove c’è la raccolta domiciliare gli RSU
scendono a 400 kg annui per abitante, massimo 471 Kg).
La
legislazione nazionale va nella direzione di limitare sempre di più la
possibilità di assimilare i rifiuti. In sostanza, è chiarissima la tendenza a
livello di legislazione nazionale, mirata a:
•
restringere i criteri di assimilazione ai rifiuti urbani.
•
evitare il conferimento anonimo e incontrollato di rifiuti non assimilabili nei
cassonetti destinati ai rifiuti urbani.
Una
recente indagine nazionale svolta da Federambiente ha indicato che la
produzione pro-capite media è di 471 kg ove è presente la raccolta domiciliare,
mentre dove la raccolta è a cassonetti la produzione media è di 615 kg/a per
abitante.
Si
tenga presente che l’obiettivo di ridurre la produzione sul livello di 400 kg/a
è tutt’altro che irrealistico. Oltre all’indagine della Regione Lombardia, lo
dimostra il caso del Veneto, in cui l’Arpav ha dimostrato una precisa
correlazione tra metodi di raccolta e livello di produzione pro-capite: ove
viene impiegata la raccolta ‘secco-umido domiciliare’ i valori di produzione
sono dell’ordine di 400-420 kg/a per abitante, contro i 650-750 delle aree in
cui si continuano ad usare cassonetti stradali. Riportiamo proprio una sintesi
della relazione Arpav a titolo di esempio.
Fonte:
I rifiuti in Veneto: alcune cifre, ARPAV, 2009, atti del convegno “Produrre
meno rifiuti: esperienze a confronto”, 25/11/2010, Treviso
In
quasi tutte le province venete si producono meno di 500 kg/a e le province con
il massimo tasso di RD (ottenuto con un largo ricorso alla RD di tipo
domiciliare) sono anche quelle in cui si ha una minore produzione pro-capite di
rifiuti.
Anche
in Lombardia 6 province su 11 hanno una produzione pro-capite inferiore a 500
kg/a.
Di
conseguenza, se entro il 2015 la raccolta differenziata domiciliare sarà
operante per 1 milione di abitanti su un totale di 1 milione e mezzo, la
quantità dei RSU nel 2015 (in base ad una previsione realistica) sarà:
1
milione di abitanti X 500 Kg annui pro-capite = 500.000 tonnellate annue +
500.000
abitanti X 700 Kg annui pro-capite = 350.000 tonnellate annue
TOTALE
RSU nel 2015 850.000 tonnellate annue.
1.2
- Servizio di gestione dei rifiuti per le attività produttive (de assimilazione
degli RSAU)
Ovviamente,
è opportuno che l’Ato organizzi anche l’offerta di un servizio ad hoc per la
raccolta dei rifiuti generati dalle attività produttive, con queste
caratteristiche:
•
offerto dallo stesso gestore unico dei servizi di gestione dei RSU, con tariffe
oneste e trasparenti e garanzia di corretto smaltimento;
•
l’adesione al servizio da parte delle imprese è su base volontaria;
•
tariffe direttamente proporzionali alle quantità conferite;
•
tariffe diversificate per tipo di materiale;
•
eventuale fornitura diretta di attrezzature (compattatori scarrabili, bidoni,
ecc.)
L’offerta
di un servizio di questo genere è importante per non lasciare le imprese
‘abbandonate a se stesse dopo l’introduzione della gestione separata di RSU e
speciali e della tariffa puntuale.
OSSERVAZIONE
N. 2 (capitolo 11, da pag. 158)
Previsione
impiantistica destinata all’incenerimento
La
previsione impiantistica destinata all’incenerimento (scenario a pagina 169:
279.984 tonnellate annue nel 2015) è eccessiva, perché è calcolata su una
quantità di RSU nel 2015 di 1.005.000 tonnellate annue, mentre al massimo
saranno 850.000 T/a come da noi dimostrato nella osservazione n. 1) e
applicando il 65% di R.D. rimangono 300.000 tonnellate annue di rifiuti
indifferenziati da smaltire in vari impianti (discariche, inceneritori, tmb,
ecc.), che diventeranno 250.000 tonnellate annue nel 2017, quando la RD avrà
raggiunto il 70% (che si ridurrebbero a circa 165mila T/a dopo un
pre-trattamento meccanico che ne selezionasse il 40%).
Risulta
evidente il sovradimensionamento impiantistico: la capacità complessiva degli
impianti di incenerimento previsti dai piani è praticamente doppia rispetto al
fabbisogno di smaltimento risultante anche dalle ipotesi più prudenziali di
applicazione di buoni sistemi di gestione.
OSSERVAZIONE
N° 3
I
costi previsti per gli investimenti destinati al potenziamento
dell’impiantistica destinata all’incenerimento (Oneri finanziari e tempistica,
pagine 173 e 174) sono sottodimensionati (è facile prevedere che la spesa per i
tre impianti di incenerimento supererà i 250 milioni di euro e la tempistica,
guarda caso, è prevista in tempi brevi quasi esclusivamente per questi
impianti).
Il
quintuplicamento dell’incenerimento non è necessario (se è sincera la volontà
di realizzare il 65% di RD, è stata gonfiata di circa 200.000 tonnellate annue
la previsione degli RSU nel 2015 ed a pagina 192 del P.I.R., ultimo capoverso,
c’è persino una mezza ammissione), ma è evidente che se realizzato senza dare
la priorità agli investimenti che sono indispensabili per generalizzare
progressivamente la raccolta differenziata domiciliare e per l’impiantistica
conseguente (piattaforme logistiche e impianti industriali per il riciclaggio
delle materie seconde) avrà quattro conseguenze molto negative:
1.
l’impiantistica destinata all’incenerimento è quella più costosa e – di
conseguenza – ottenere oltre 200 milioni di euro dal sistema creditizio
significa dargli garanzie di rientro – del capitale e degli interessi – tramite
un notevole aumento delle tariffe alle utenze domiciliari.
2.
Non sarà realizzato il 65% di raccolta differenziata nel 2015 e di conseguenza
aumenterà la quantità di rifiuti indifferenziati da smaltire tramite
incenerimento e discariche: se nel 2015 la raccolta differenziata sarà il 55%
invece del 65%, ci saranno 100.000 tonnellate annue in più di rifiuti da
smaltire (70.000 T/annue di rifiuti indifferenziati in più e 30.000 tonnellate
annue in più di ceneri, cioè di rifiuti speciali pericolosi, derivanti
dall’incenerimento di 280.000 T/a a confronto con un incenerimento di 140.000
tonnellate annue).
3.
Quintuplicare l’incenerimento nell’area metropolitana da Firenze a Pistoia avrà
come conseguenza sicura il quintuplicamento della quantità di PM2,5 e inferiori
derivanti da questa fonte e, in un’area dove l’aria è pessima, non possiamo
permettercelo per nessuna delle attuali cause che determinano un notevole
inquinamento (anche l’OMS riconosce che le PM 2,5 e inferiori sono più
pericolose, delle PM10 per la salute delle persone).
4.
Un sistema basato su un vasto ricorso all’incenerimento non potrà fare a meno
di discariche per rifiuti pericolosi in cui collocare scorie e ceneri (24,5% in
peso dei rifiuti in ingresso), più costose e difficilmente realizzabili
rispetto alle ordinarie discariche per rifiuti non pericolosi. Il recente D.
Lgs. 205/10 nel definire l’elenco armonizzato di rifiuti ha introdotto il
criterio di attribuzione della voce H14 (Ecotossico) sulla base dei risultati
analitici. Per effetto di questa novità, non solo le ceneri (in cui è
concentrata grande parte delle diossine prodotte dall’incenerimento dei
rifiuti) ma anche le scorie di risulta di molti impianti italiani di
incenerimento verranno classificate 190111 *, cioè rifiuti pericolosi. Nell’ATO
Centro, i nuovi impianti di incenerimento produrrebbero oltre 85mila t/a di
scorie e ceneri. La tariffa di conferimento delle scorie deve essere verificata
in base alla riclassificazione operata dal decreto del 2010 (che rischia di far
diventare rifiuto pericoloso non solo le ceneri ma anche le scorie da
trattamento termico). In questo caso, 60 mila t/a di scorie dovrebbero essere
conferite fuori ATO, con un costo prevedibile di oltre 20 milioni di euro.
Nella
ripartizione delle risorse finanziarie ottenibili dal sistema creditizio, se è
sincera la volontà di realizzare il 65% di R.D. nel 2015, la priorità (in modo
che risulti chiaro anche nella gara d’appalto per affidare il servizio) va data
agli investimenti x generalizzare il sistema di raccolta domiciliare e per realizzare
le piattaforme logistiche conseguenti e gli impianti industriali indispensabili
al riciclaggio effettivo delle materie seconde.
OSSERVAZIONE
N° 4
Il
potenziamento dei piccoli inceneritori esistenti (previsto a pagina 174 del
P.I.R.) è inaccettabile non solo perché le aree circostanti (come dimostrato
dalle indagini di Arpat e Asl: vedi convegno a Pistoia svoltosi il 2 e 3
dicembre 2011) subiscono le conseguenze inquinanti di quegli inceneritori da
oltre 30 anni (e se potenziati investendoci diverse decine di milioni di euro,
avrebbe come conseguenza la continuazione dell’inquinamento in quelle aree per
altri 30 anni), ma è anche "antieconomico": i filtri più moderni ed i
sistemi di controllo più moderni hanno un costo notevole e non possono essere ammortizzati
da piccoli inceneritori che, di conseguenza (dopo averci investito altre decine
di milioni di euro) sarebbero comunque destinati a chiudere i bilanci annuali
in perdita (le attuali potenzialità dei piccoli inceneritori, possono essere
messe assai più di oggi a servizio di tutto l’Ato: per esempio: oggi la
potenzialità dell’inceneritore di Montale è di 150 T/giorno, di cui 80 T/g
vengono dai comuni di Montale, Agliana, Quarrata e 70 T/g sono a disposizione
dell’Ato; se Agliana Montale e Quarrata realizzano rapidamente la RD PaP, solo
20 T/g andranno nell’inceneritore di Montale e quindi ben 130 T/g saranno a
disposizione dell’Ato.
OSSERVAZIONE
N. 5 (capitolo 8, pagina 102)
Modalità
di raccolta del rifiuto differenziato
Quanto
previsto a pagina 102 del P.I.R., di attivare “su buona parte del territorio,
raccolte differenziate domiciliari per la frazione organica, la carta e il
verde, accompagnati da servizi a contenitori stradali per altre frazioni...” è
completamente e avrà come conseguenza la continuazione del conferimento di
rifiuti assimilati e in forma anonima.
Come
già nel 1999 affermava l’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente) nel suo manuale operativo “La Raccolta Differenziata – aspetti
progettuali e gestionali”:
Il
cassonetto, soprattutto se di grandi dimensioni, rappresenta un “invito” alla
consegna anche di flussi impropriamente recapitati al circuito di raccolta dei
RU. Solo eliminando i cassonetti stradali, in cui chiunque può gettare
qualsiasi cosa in maniera completamente anonima, si ottiene un reale controllo
dei conferimenti, si prevengono efficacemente abusi e si creano le condizioni
per introdurre con successo:
•
sistemi di RD domiciliare, caratterizzati da una migliore efficacia e con
minore tenore di scarti nei
materiali
recuperati;
•
sistemi di tariffazione puntuale, con cui fare pagare di più chi produce più
rifiuti.
La
RD domiciliare ha due fondamentali vantaggi: la minore produzione di rifiuti e
la migliore qualità dei materiali riciclabili. Questi due importanti risultati
derivano da un conferimento dei rifiuti di tipo non anonimo. Ciò consente di
ridurre il conferimento abusivo di rifiuti anche pericolosi assieme agli
urbani. Inoltre, permette una precisa identificazione delle utenze ed un
controllo diretto sulla qualità dei conferimenti da parte degli operatori.
Nelle
migliori esperienze (comprese quelle di recente applicazione anche da
Publiambiente Spa, nell’area empolese ed in alcuni comuni dell’area pistoiese),
in caso di conferimento non conforme gli operatori di raccolta prendono nota
(ad es. mediante lettura del codice a barre) del codice identificativo
dell’utenza, che il giorno seguente riceve una telefonata da parte del gestore.
Alcune
delle migliori esperienze italiane di RD, questa riforma dei metodi di raccolta
dovrebbe ispirarsi a un modello di buona gestione basato su 9 punti:
1.
Gestione separata dei flussi di rifiuti urbani e speciali;
2.
Eliminazione della possibilità di conferire rifiuti in forma anonima;
3.
RD di tipo domiciliare;
4.
RD ‘spinta’ della frazione organica;
5.
Riforma del sistema di gestione ordinaria dei rifiuti;
6.
Introduzione simultanea della tariffazione puntuale su un’area vasta;
7.
Offerta di uno specifico servizio di gestione dei rifiuti per le attività
produttive, basato su tariffe trasparenti e meccanismi incentivanti;
8.
Compostaggio domestico;
9.
Massima detossificazione dei rifiuti residui
Solo
applicando contemporaneamente tutti i 9 punti che compongono il sistema moderno
di gestione dei rifiuti si può avere garanzia di successo e ottenere una
rilevante riduzione della produzione dei rifiuti (dell’ordine non di qualche
punto, ma di decine di punti percentuali), associata a un forte risparmio
economico e a una riduzione degli impatti ambientali.
La
RD dei rifiuti organici è uno degli elementi fondamentali di successo di un
sistema di gestione. Effettuare una RD ‘spinta’ di questa frazione consente di
ottimizzare molti aspetti della gestione: riduzione dei costi specifici,
ottimizzazione operativa nella gestione dei rifiuti indifferenziati,
smaltimento finale in discarica.
Nei
sistemi avanzati di gestione, la RD dei rifiuti organici viene sempre spinta al
massimo, con l’obiettivo di intercettare almeno il 90% della frazione. Si
devono affidare gli appositi contenitori per la RD a tutte le famiglie, le
mense, i mercati ortofrutticoli e a qualsiasi tipo di attività produttiva che
produca tipicamente molti rifiuti organici. Si impiegano circuiti di raccolta
distinti per rifiuti organici (ad es. avanzi di cucina) e rifiuti verdi (sfalci
e potature). Questi ultimi vengono raccolti con metodi diversi e su base
stagionale.
Per
la raccolta dei rifiuti organici si usano appositi automezzi a vasca, più
piccoli e non compattanti.
In
questo modo si riescono a ridurre i costi specifici di gestione, che sono
dell’ordine di 60-80 €/ton.
Il
prelievo non automatizzato dei bidoncini/mastelli consente un controllo dei
conferimenti da parte degli operatori, condizione molto utile ai fini di una
migliore efficacia della tariffazione puntuale.
Quando
si riesce a differenziare alla fonte quasi tutta la frazione organica, ciò che
resta è un rifiuto
molto
meno putrescibile di prima. Se si riesce a intercettare con la RD il 90-95%
della sostanza organica presente nei rifiuti, si può quindi ridurre la
frequenza di prelievo dei rifiuti indifferenziati, che ad esempio nelle
esperienze modello vengono ritirati una volta alla settimana.
Se
si considera che il costo di un giro di raccolta del rifiuto indifferenziato
equivale al costo di due giri di RD dei rifiuti organici, ci si può rendere
conto della quantità di risorse economiche che vengono liberate riducendo la
frequenza di raccolta del rifiuto indifferenziato.
La
tariffazione puntuale è la migliore formulazione della Tariffa di Igiene
Ambientale e consiste in un sistema in cui le utenze dei servizi di raccolta e
smaltimento dei rifiuti pagano un importo direttamente proporzionale alla
quantità di rifiuti indifferenziati prodotti e in cui la quota variabile
costituisce
la parte predominante dell’importo complessivo della TIA.
E’
la migliore implementazione del principio “chi inquina paga” e può essere
applicata con molti sistemi differenti. Ad esempio si può operare una
quantificazione esatta del peso di rifiuti o semplicemente registrare il numero
di svuotamenti mediante transponder o lettura dei codici a barre
posti
sui bidoni, e legando l’importo delle tariffe anche alla dimensione dei bidoni,
richiesti dal cliente/cittadino in base alle proprie esigenze.
Sono
evidenti i rischi di non accettazione di un sistema così basato sulla
responsabilizzazione dei cittadini e delle aziende, tuttavia la inevitabile
riduzione dei rifiuti indifferenziati a smaltimento determina una
corrispondente riduzione dei costi complessivi sostenuti e tutto ciò si traduce
in una diminuzione del carico contributivo per tutti gli utenti.
L’applicazione
della tariffa puntuale dovrà comunque essere accompagnata da un severo regime
di controlli e di sanzioni per i trasgressori, da parte di appositi ispettori.
I costi di introduzione della tariffa puntuale non verranno comunque ripagati
solo dalla riscossione delle multe, ma anche dai risparmi operativi apportati
dalla RD domiciliare (che verrebbe rafforzata dalla nuova tariffa), come ad
esempio la riduzione dei costi specifici e l’abolizione del servizio di
raccolta dei rifiuti impropriamente abbandonati presso le postazioni dei
cassonetti.
In
Veneto la cosiddetta “raccolta secco-umido domiciliare” è ormai la modalità
prevalente: è impiegata in 433 comuni e serve quasi il 75% della popolazione.
Il 45% dei cittadini veneti (315 comuni) è servito dalla raccolta secco-umido
domiciliare “spinta”, in cui si effettua la raccolta domiciliare sia delle
frazioni recuperabili (umico, verde e frazioni recuperabili miste) che del
rifiuto residuo.
Ma
i sistemi di RD domiciliare non hanno successo solo nelle aree meno densamente
popolate.
Anche
in grandi centri urbani ci si sta convincendo della bontà del modello.
La
RD domiciliare è applicata da anni in tutta la città di Monza, terza città più
popolosa della Lombardia (122.712 ab.), in cui la frazione organica viene
prelevata 3 volte alla settimana e l’indifferenziato 2 volte la settimana.
A
Parma (186.690 abitanti) nel 2006 è stata introdotta la raccolta differenziata
‘integrale’ a domicilio per carta, vetro, plastica, organico e barattolame.
Dopo una fase iniziale, in cui ha interessato oltre 46mila cittadini, con
quartieri che hanno raggiunto tassi di RD del 75%, l’esperienza è stata
giudicata un successo e presto verrà estesa a tutto territorio comunale. Ove è
stata introdotta la RD domiciliare sono stati anche eliminati tutti i
cassonetti stradali per l’indifferenziato residuo e si è registrata una
drastica riduzione della produzione di rifiuti. A Parma è già stata decisa
anche la progressiva introduzione della tariffa puntuale in tutta la città. Nel
maggio 2011 è partito il quartiere di Cittadella, a cui presto seguiranno i
quartieri Lubiana e San Lazzaro.
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sull’immagine per ingrandirla.
[Mercoledì
16 maggio 2012 - © Quarrata/news 2012]
Il comune di Agliana ha già presentato la seconda osservazione...
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