mercoledì 9 maggio 2012

AIAS/APR. IL PRESIDENTE ENRICO ROSSI SI OPPONE AL RICORSO STRAORDINARIO AL CAPO DELLO STATO


di Edoardo Bianchini

PISTOIA. Lo so che la nostra professione dà noia. Lo so che, se nessuno parla, le cose possono essere fatte più presto che se un qualche giornalista continua a parlarne.
Ma il mestiere del giornalista sta nel dire, a chi deve saperlo, tutto quello che si deve sapere.
E stavolta, a finire sotto la lente dell’entomologo, è il Signor Dottor Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana, che, dopo avere riflettuto sul Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica da parte dell’Aias-legittima di Pistoia (quella, insomma, dell’architetto Principato – vedi), non apprezzando particolarmente che esso debba essere trattato a Roma, si è opposto con l’atto di cui devo fornire, urbi et orbi, alla città e al mondo, la copia notificata a Principato stesso (e al dottor Luigi Egidio Bardelli) il 5 maggio scorso.

Di questo, molto a noia avranno Enrico Rossi stesso e, per attrazione, il dottor Luigi Egidio Bardelli, attuale conduttore dell’Apr, che – come i lettori sanno – ha iniziato a citarmi in giudizio (e non solo…) per avere io fatto il semplice dovere del mio mestiere: quello, cioè, di raccontare urbi et orbi, alla città e al mondo, non fandonie né favole, ma la cronistoria, passo passo, di una vicenda che ha solo dell’assurdo sotto ogni profilo – e di averlo fatto con documenti irritanti, è vero, ma veri e assolutamente inoppugnabili.
Stasera, però, oso rivolgermi a Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana e, come ogni comune giornalista che cerchi di fare un giornalismo di inchiesta, oso chiedergli – pur senza speranza di avere risposta alcuna – perché mai, anziché lasciare che il ricorso venga trattato a Roma, esso dovrebbe essere trasposto e discusso dinanzi al Tar: «Signor Presidente Rossi, c’è forse qualche controindicazione rispetto a una discussione romana?».
Lo so che la nostra professione dà noia. Lo so che, se nessuno parla, le cose possono essere fatte più presto che se un qualche giornalista continua a scrivere. Ma ricordo – e voglio ricordare a tutti, anche agli irritati che potrebbero preferire che il giornalista taccia – alcuni princìpi inderogabili tratti dalla Carta dei doveri del giornalista (vedi):

1. Il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all’informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile.
2. Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo degli atti pubblici.
3. La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore, del governo o di altri organismi dello Stato.

Dovete scusarmi, Signori irritati: ma credo che questi princìpi vadano ricordati a chi ha a noia, ovunque ciò accada, il libero esercizio della nostra difficile professione di giornalisti.

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[Mercoledì 9 maggio 2012 - © Quarrata/news 2012]

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