di
Edoardo Bianchini
PISTOIA. Lo so che la nostra professione dà noia. Lo so che, se
nessuno parla, le cose possono essere fatte più presto che se un qualche
giornalista continua a parlarne.
Ma il mestiere del giornalista sta nel dire, a chi deve
saperlo, tutto quello che si deve sapere.
E stavolta, a finire sotto la lente dell’entomologo, è il
Signor Dottor Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana, che, dopo avere
riflettuto sul Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica da parte
dell’Aias-legittima di Pistoia (quella, insomma, dell’architetto Principato – vedi),
non apprezzando particolarmente che esso debba essere trattato a Roma, si è
opposto con l’atto di cui devo fornire, urbi et orbi, alla città e al
mondo, la copia notificata a Principato stesso (e al dottor Luigi Egidio
Bardelli) il 5 maggio scorso.
Di questo, molto a noia avranno Enrico Rossi stesso e, per
attrazione, il dottor Luigi Egidio Bardelli, attuale conduttore dell’Apr,
che – come i lettori sanno – ha iniziato a citarmi in giudizio (e non solo…) per
avere io fatto il semplice dovere del mio mestiere: quello, cioè, di raccontare
urbi et orbi, alla città e al mondo, non fandonie né favole, ma la
cronistoria, passo passo, di una vicenda che ha solo dell’assurdo sotto ogni
profilo – e di averlo fatto con documenti irritanti, è vero, ma veri e assolutamente
inoppugnabili.
Stasera, però, oso rivolgermi a Enrico Rossi, Presidente
della Regione Toscana e, come ogni comune giornalista che cerchi di fare un
giornalismo di inchiesta, oso chiedergli – pur senza speranza di avere risposta
alcuna – perché mai, anziché lasciare che il ricorso venga trattato a Roma, esso
dovrebbe essere trasposto e discusso dinanzi al Tar: «Signor Presidente Rossi, c’è
forse qualche controindicazione rispetto a una discussione romana?».
Lo so che la nostra professione dà noia. Lo so che, se
nessuno parla, le cose possono essere fatte più presto che se un qualche
giornalista continua a scrivere. Ma ricordo – e voglio ricordare a tutti, anche
agli irritati che potrebbero preferire che il giornalista taccia – alcuni
princìpi inderogabili tratti dalla Carta dei doveri del giornalista (vedi):
1. Il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il
diritto all’informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde
ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel rispetto
della verità e con la maggiore accuratezza possibile.
2. Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico
interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e
compie ogni sforzo per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo
degli atti pubblici.
3. La responsabilità del giornalista verso i cittadini
prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai
subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore, del
governo o di altri organismi dello Stato.
Dovete scusarmi, Signori irritati: ma credo che questi
princìpi vadano ricordati a chi ha a noia, ovunque ciò accada, il libero
esercizio della nostra difficile professione di giornalisti.
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[Mercoledì 9 maggio 2012 - © Quarrata/news 2012]
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