mercoledì 7 marzo 2012

FRANCA VALERI, MA… ‘NON TUTTO È RISOLTO’


di Luigi Scardigli

Non incanta il suo pubblico con una sua Lucille, e in piazza del Duomo, semmai, ci è passata per rimirarne il fascino. Ma anche lei, proprio come B.B. King, è un regalo, speciale, prezioso e forse inimitabile, della cultura, della passione, della perseveranza, della lucida e strumentale longevità, attorno alla quale si è consolidato, fino a leggendarizzarsi, il personaggio: il suo.
Venerdì e sabato sera e domenica pomeriggio, al teatro Manzoni di Pistoia, Franca Norsa, al secolo, pardon, due secoli, Valeri, si rimetterà ancora in discussione e nonostante le 92 candeline che le auguriamo di spegnere – se è quello che desidera – il prossimo 31 luglio,
salirà ancora su uno dei palcoscenici d’Italia sui quali ha spadroneggiato per raccontarci che Non tutto è risolto, uno specchio autobiografico, un’altra sfida al passato, un patto diabolico con il futuro che la mattatrice milanese ha deciso di realizzare, affidando la regìa delle proprie impressioni a Giuseppe Marini, che a sua volta si è lasciato coadiuvare dalla cure delle scene di Alessandro Chiti, dalla scelta costumistica di Mario Tufano e dalle ombre, forse, più che dalle luci, di Vincenzo Lazzaro.
Con lei, con una delle donne più adorabilmente scorbutiche del teatro, cinema e televisione italiani, ci saranno Licia Maglietta, Urbano Barberini e Gabriella Franchini, un incidente teatrale al quale sono stati chiamati per essere più spettatori che coprotagonisti, visto e considerato che la criniera del palco, se la prenderà lei, con quell’inattaccabile insolenza con la quale, da sessant’anni a questa parte, rapisce del tutto le scene. Una donna senza età, senza tempo, mai stata giovane, impossibilitata ad invecchiare, dunque, la signora Cecioni di Canzonissima, quella con i capelli a caschetto, con quel frasario lento e ricercato, snob, indignante, impopolare, tagliente, velenoso, amata perché temuta, rispettata perché inattaccabile.
Della sua casa, dei suoi amori, dei suoi dolori, dei suoi viaggi, dei suoi ritorni, si sa ben poco, anzi, non si sa nulla. Se vi sentite in armi di sapere chi sia e se sentite la necessità di farvene un’idea, andate a vederla a teatro, con i riflettori accesi, però; quando cala il sipario, Franca Valeri si eclissa, scompare, fugge per una porta di servizio, soprattutto perché si convince, dopo aver raccolto l’ultimo applauso che le viene sistematicamente tributato, che avrebbe potuto fare sicuramente meglio. E allora via, a cercare uno spunto attorno al quale tenere ancora in forma e in forze la ragione di esserci, di non declinare e soprattutto di non temere. Nulla.
Con curata sbadataggine, con caloroso distacco, con navigata e ipocrita comprensione verso il male di vivere degli altri, che si sono occupati di tutto fuorché di capirsi. Ci ha provato una vita, lei, e visto il testo che porta a spasso, anzi, al guinzaglio, scommetto che non sia ancora riuscita a darsi una risposta che possa averla soddisfatta. Potrebbe averla venerdì sera, o la sera successiva, nella replica, o la domenica pomeriggio, orario insolito, ad onor del vero. Ma anche no. E allora via, Franca, fa’ i bagagli e parti, hai davanti una canzone nuova e una città per cantare.
[l.s.]

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[Mercoledì 7 marzo 2012 - © Quarrata/news 2011]

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