di Luigi
Scardigli
Non incanta il suo pubblico con una sua Lucille, e in piazza del Duomo, semmai, ci è passata per rimirarne
il fascino. Ma anche lei, proprio come B.B. King, è un regalo, speciale,
prezioso e forse inimitabile, della cultura, della passione, della
perseveranza, della lucida e strumentale longevità, attorno alla quale si è
consolidato, fino a leggendarizzarsi, il personaggio: il suo.
Venerdì e sabato sera e domenica pomeriggio, al teatro
Manzoni di Pistoia, Franca Norsa, al secolo, pardon, due secoli, Valeri, si
rimetterà ancora in discussione e nonostante le 92 candeline che le auguriamo
di spegnere – se è quello che desidera –
il prossimo 31 luglio,
salirà ancora su uno dei palcoscenici d’Italia sui quali
ha spadroneggiato per raccontarci che Non
tutto è risolto, uno specchio autobiografico, un’altra sfida al passato, un
patto diabolico con il futuro che la mattatrice milanese ha deciso di
realizzare, affidando la regìa delle proprie impressioni a Giuseppe Marini, che
a sua volta si è lasciato coadiuvare dalla cure delle scene di Alessandro
Chiti, dalla scelta costumistica di Mario Tufano e dalle ombre, forse, più che dalle
luci, di Vincenzo Lazzaro.
Con lei, con una delle donne più adorabilmente scorbutiche
del teatro, cinema e televisione italiani, ci saranno Licia Maglietta, Urbano
Barberini e Gabriella Franchini, un incidente teatrale al quale sono stati
chiamati per essere più spettatori che coprotagonisti, visto e considerato che
la criniera del palco, se la prenderà lei, con quell’inattaccabile insolenza
con la quale, da sessant’anni a questa parte, rapisce del tutto le scene. Una
donna senza età, senza tempo, mai stata giovane, impossibilitata ad
invecchiare, dunque, la signora Cecioni
di Canzonissima, quella con i capelli a caschetto, con quel frasario
lento e ricercato, snob, indignante, impopolare, tagliente, velenoso, amata
perché temuta, rispettata perché inattaccabile.
Della sua casa, dei suoi amori, dei suoi dolori, dei suoi
viaggi, dei suoi ritorni, si sa ben poco, anzi, non si sa nulla. Se vi sentite
in armi di sapere chi sia e se sentite la necessità di farvene un’idea, andate
a vederla a teatro, con i riflettori accesi, però; quando cala il sipario,
Franca Valeri si eclissa, scompare, fugge per una porta di servizio,
soprattutto perché si convince, dopo aver raccolto l’ultimo applauso che le
viene sistematicamente tributato, che avrebbe potuto fare sicuramente meglio. E
allora via, a cercare uno spunto attorno al quale tenere ancora in forma e in
forze la ragione di esserci, di non declinare e soprattutto di non temere.
Nulla.
Con curata sbadataggine, con caloroso distacco, con navigata
e ipocrita comprensione verso il male di vivere degli altri, che si sono
occupati di tutto fuorché di capirsi. Ci ha provato una vita, lei, e visto il
testo che porta a spasso, anzi, al guinzaglio, scommetto che non sia ancora
riuscita a darsi una risposta che possa averla soddisfatta. Potrebbe averla
venerdì sera, o la sera successiva, nella replica, o la domenica pomeriggio,
orario insolito, ad onor del vero. Ma anche no. E allora via, Franca, fa’ i
bagagli e parti, hai davanti una canzone
nuova e una città per cantare.
[l.s.]
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[Mercoledì 7 marzo 2012 - © Quarrata/news 2011]
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