Aldo De Benedetti, ottant’anni fa circa, quando scrisse Due dozzine di rose scarlatte non
pensava forse, da autore leggero quale fosse e quale gradiva essere, che
sarebbe stato ripescato e riprodotto al pubblico nel bel mezzo della crisi,
generazionale forse, ma probabilmente irreversibile, della coppia.
Però, martedì sera, alle ore 21, presso il teatro Yves
Montand di Monsummano Terme, con la regìa di Maurizio Panici, il vecchio, ma
non vetusto, leggero testo, sarà riportato in scena, riveduto e corretto,
facile immaginare, grazie all’interpretazione di Paola Gassman, Pietro Longhi,
Pierre Bresolin ed Elisa Gallucci e riadattato alla contemporaneità da David
Norsico.
La storia, prendendo spunto da un aforisma di Dumas padre – le catene del matrimonio sono così pesanti
che bisogna essere in tre per sopportarle – è il frutto, teatrale, di un
innocente ma rocambolesco disguido sentimentale, nel quale, in una coppia
stancamente felice e annoiata, il marito, approfittando di un desiderio esaudito
della moglie di intraprendere un viaggio da sola, decide di inviare, firmando
il dono dietro l’ambiguo e affascinante pseudonimo mistero, due dozzine di rose scarlatte ad una contessa, omaggio
floreale però, che in virtù dell’incidente attorno al quale si svilupperà la
trama, giunge invece alla moglie, che ignara del mittente, inizierà a fantasticare
e rinascere attorno al desiderio ormai assopito.
Un equivoco generazionale ora più che mai attuale e vivo, in
un’epoca di dissoluzioni intimistiche che riescono a rivedere la luce e le
stelle grazie solo ad improvvisi inaspettati slanci emozionali, che sono, il
più delle volte, banali artifizi dei quali, i matrimoni appassiti, sembra non
riescano più a fare a meno.
luigi scardigli
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[Sabato 18 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]
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