di Luigi Scardigli
La massiccia presenza dei bartoliani e
la loro voglia di cambiamento impongono al vincitore delle primarie di disegnare
una Giunta di vero rinnovamento
Fino a quando Samuele Bertinelli, il candidato vincitore
delle Primarie del centro-sinistra, non uscirà allo scoperto e illustrerà
squadra e programmi, le chiacchiere, ma proprio tutte, anche quelle fatte in
assoluta libertà e democrazia come ieri sera al Melos a Pistoia attorno al
candidato sconfitto, Roberto Bartoli, se le porterà via il vento.
È lo staff degli assessori – e quello che quei nomi
comporteranno – che accompagneranno il primo cittadino nel suo primo lustro
a palazzo di Giano, infatti, il nodo attorno al quale si muoverà,
eventualmente, la dinamica implosiva. Perché processi alle intenzioni, non se
ne possono fare e allora, per capire come stiano veramente le cose e per
stabilire se il giovane vecchio funzionario del Pd voglia davvero governare all’insegna
della discontinuità e del rinnovamento – termini con i quali ha trionfalmente
condotto la propria campagna elettorale –, deve,
quanto prima, chiamare pubblicamente a raccolta la sua squadra e presentarla
agli elettori, apponendo immediatamente delle modifiche ormai inesorabili,
anche se suggerite e professate dal suo unico antagonista.
La presenza di Roberto Bartoli, infatti, seppure non
vincitore, ha già generato cambi di marcia, percentuali, previsioni e molto
ancora si dovrà vedere in quello che succederà in questi due, tre incandescenti
mesi pre-elettorali. Qualcosa è già cambiato e molto dovrà succedere ancora,
prima che i pistoiesi decidano a chi dare le chiavi della città. Però, se la
squadra di Samuele non fosse farcita da quelle facce che molti temono, la
campagna di disinformazione interna, che ha serpeggiato ieri sera negli
interventi degli elettori battuti alle Primarie presenti al dibattito, non
avrebbe alcuna ragione d’essere e, nel nome del rispetto democratico, non foss’altro
numerico, ogni ammonimento di onnipresente controllo sul campo delle decisioni,
decadrebbe tanto miseramente, quanto automaticamente.
Insomma, non si può non concedere fiducia, totale, tra l’altro,
al candidato del centrosinistra che ha ottenuto circa la metà dei voti solo in
nome delle sensazioni che animano il dispiacere degli sconfitti. Almeno fino a
prova contraria.
Ma la banda composita dell’elettorato bartoliano non è
equamente rappresentata: coloro i quali hanno visto in lui, nella sua bella
faccia e nei suoi programmi folli, il nuovo che avrebbe potuto avanzare, ieri
sera, al Melos, erano una sparuta minoranza e ancora meno ci saranno alle
prossime riunioni carbonare, almeno fino alla prossima chance di cambiamento
vero, reale, tangibile.
C’erano invece quelli che, nonostante la crescente
disaffezione a un partito che li rappresenta sempre meno di sempre, la tessera
del Pd, in tasca, ce l’hanno, eccome; perché… non si sa mai, anche se non
riescono più a spiegarlo.
L’idea, prefata da Massimo Baldi, che si è preso l’onore e l’onere
di introdurre il dibattito, è quella di riuscire ad entrare in forza e in massa
nel Pd per riuscire a scardinarne i fatiscenti archetipi politichesi e dare, a
quel partito di nobili origini livornesi, il sapore di un movimento che cambi,
del tutto, rotta e linguaggio e che si metta in testa di spostare di 180 gradi
l’angolazione del proprio viaggio per puntare diritto ad altri lidi, fino ad
oggi, oltre che non contemplati, nemmeno avvistati sulle carte nautiche.
Un’idea meravigliosa, romantica, condivisa però solo e
soltanto da chi, nel partito, stanco di certe inamovibili piramidi, ha visto in
Bartoli il sarcofago dell’incredulità e gli ha consegnato le chiavi di Cheope.
Dimenticando però che a buona parte dell’elettorato del professore di diritto
penale, del Pd e dei suoi meccanismi perversi, non gliene frega assolutamente
nulla, soprattutto perché sul volantino della campagna elettorale, accanto al
sorriso certo e sereno di Roberto, ha letto scegliamo
Pistoia e non cambiamo il Pd.
E siccome di liste civiche si è deciso di non parlarne per
la fedeltà che non può venir meno alle parole spese in sede di giuramento
propagandistico, occorre forse pretendere da Bertinelli i nomi e i cognomi con
i quali intende governare la città fino al 2017. E se non ci fossero, tra
questi, i dinosauri e i brontosauri e se le cambiali del ricatto, Samuele,
decidesse di non pagarle, stracciandole e buttandole tutte nel cestino, cosa
farebbe il popolo bartoliano? E cosa farebbero i delusi e mortificati elettori
del professore invece se Bertinelli non potesse fare a meno di liberarsi da
quella pesantissima zavorra che lo ha sensibilmente aiutato nella cavalcata
trionfale delle Primarie?
A parte lo zoccolo duro, decisamente inconsistente nelle
stanze del Bartoli, tutti gli altri – e sono la maggior parte – si sentono, al momento, abbastanza spiazzati. Non a caso,
in fondo alla sala, ieri sera, con il sorriso che ne contraddistingue da sempre
una deambulazione sardonica e uno sguardo innocente ma famelico, c’era, senza
nascondersi, Alessio Bartolomei. Che ha ascoltato tutto e tutti e che saprà cosa
dire, come fare e dove andare a parare, qualora Bertinelli dovesse tardare a
presentare la sua squadra o illustrare quella che i più non vorrebbero nemmeno
sentir nominare.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 17 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]
cambiare dall'interno: ci vuole tanto tempo; e nel frattempo non è detto che l'edificio non crolli.
RispondiEliminaCaro Luigi, ho letto il tuo articolo, bello, ma voglio fare alcune precisazioni. Ero anch’io al Mèlos ieri e sono un “supporter” di Bartoli (lo sono rimasto anche dopo la sbornia elettorale, e sono uno di quelli che di politica gli interessava poco).
RispondiEliminaDal tuo articolo emerge una visione a mio avviso riduttiva del nostro movimento: sembra che il nostro gruppo, se poi per caso Bertinelli cambiasse veramente le cose, non saprebbe più che pesci pigliare. Non è così, e tu sai bene che siamo altro: ricordo ai tuoi lettori i punti dei primi 100 giorni, solo come esempio, perché credo che siano veramente un’idea semplice e nello stesso tempo ad altissimo valore civico e politico nata dal nostro movimento. Sia l’introduzione di Massimo Baldi poi, sia altri interventi fatti nel corso di una serata, hanno fatto un esplicito plauso a un certo operato di Bertinelli (anch’io per inciso nutro stima di lui).
Parli di “campagna di disinformazione serpeggiante”: non ho capito cosa intendi. Fra di noi (e chi a noi si vorrà unire) c’è sicuramente un dibattito interno (meno male) che forse non hai bene interpretato.
Ma soprattutto – e qui si tratta di cose che mi riguardano personalmente - dici che ieri sera coloro che avevano visto il nuovo in lui erano una “sparuta minoranza”. No. Io sono un esempio vivente di quelli che si erano completamente disinteressati alla politica e grazie all’esperienza con Bartoli hanno ritrovato una passione civica, e ieri sera non ero il solo a non essere tesserato. Per quanto riguarda i “politici”, se ripenso all’intervento di Lisa Frasca (che ha spiegato quanto è difficile fare politica da dentro il PD a volte) non mi viene in mente disaffezione. Al contrario. Affetto. Per un partito imperfetto, a volte forse malato, ma nel quale si può lavorare: è la presenza di tesserati come lei che ha potuto generare il fenomeno “Scegliamo Pistoia”. Un fenomeno che ha anche (per fortuna) a che fare col PD, un partito che a me, neofita della politica, comincia a piacere.
Aspetta a dire che nelle prossime riunioni carbonare saremo sempre meno: intanto ieri eravamo un centinaio e poi, se quella di ieri sera era una riunione politica, allora la politica mi potrebbe anche andare a genio… quasi quasi mi tessero!
Con stima
Tomas Ciampi
Credo invece che Scardigli abbia ben interpretato un certo disagio, non voglio dire delusione,che serpeggiava giovedì sera al Melos fra coloro che non hanno tessera del Pd in tasca ne vogliono prenderla nonostante l'invito pressante di Massimo Baldi, che , devo dire, non mi è particolarmente piaciuto.Forse è solo una strategia, ma le strategie non dovrebbero essere dei rinnovatori.
RispondiEliminaLucia