di Antonio Nardi (*)
In un articolo precedente (vedi)
mi sono dichiarato decisamente contrario all’intitolazione dell’auditorium
della Biblioteca S. Giorgio a Tiziano Terzani.
Ho scritto che non avrei più messo
piede in quella sala. Lo confermo. Penso, e con me molti altri, che Tiziano
Terzani sia stato un cattivo maestro.
Alcuni lettori mi hanno chiesto un
supplemento di spiegazione. Ho già scritto che Terzani vedeva e stravedeva per
Pol Pot, il dittatore comunista cambogiano che negli anni ’70 sterminò due milioni di persone, 2 cambogiani su 7,
mentre in Italia giornalisti non ottenebrati dall’ideologia (Livio Caputo perse
la direzione di “Epoca”) mostravano i massacri e si meritavano il niet
dei vari comitati di redazione e del Comitato Centrale del PCI (il mite
Berlinguer, Napolitano, Bassolino, D’Alema, Cossutta).
Terzani scriveva reportage. Era molto
scrittore e poco giornalista. Non vide o non volle vedere l’origine dei
massacri, a differenza di un vero giornalista, l’americano Sydney Schanberg,
giustamente premio Pulitzer, che aprì gli occhi all’Occidente.
Nel 1985 Terzani, con un articolo su la
Repubblica, ammise di essersi sbagliato. Un lettore gli scrisse
raccontandogli quanto il suo personale giudizio su Pol Pot fosse stato
condizionato dalle sue corrispondenze. L’inganno c’era stato e la buona fede
era andata in pezzi.
Immaginate un chirurgo che sbaglia un
intervento e il paziente muore. Si accerta che il chirurgo è stato negligente.
Il chirurgo chiede scusa ma qualcuno lo chiama comunque a risarcire.
Un giornalista se la cava con molto
meno. Chiede scusa, se la chiede, e basta. Il chirurgo ha sbagliato ma era
certamente in buona fede. Lo stesso può dirsi di un giornalista che per anni
invia corrispondenze costruite sull’opinione, sull’ideologia, non sui fatti?
Terzani era un antiamericano viscerale
e lo è rimasto. Fino alla fine (e io rispetto il suo calvario) ha vomitato da
guru sul capitalismo yankee. Eppure, quando stava bene si recava in Tibet;
quando aveva bisogno di cure, volava negli Stati Uniti, dove il perverso capitalismo
metteva a disposizione sua, di Agnelli, di Oriana Fallaci, ospedali di prim’ordine.
Terzani era uno specialista nel
demonizzare il capitalismo, senza ammetterne le enormi potenzialità
liberatorie. Se ne serviva, e basta. Altro momento oscuro della sua carriera è
stato quello del terrorismo.
Terzani, con altri intellettuali di
spicco, fra i quali il mite Bobbio, l’irricevibile Bocca e l’imprendibile
Umberto Eco, firmò un delirante manifesto contro il commissario di Pubblica
Sicurezza Calabresi: il commissario qualche mese dopo venne assassinato.
Altri giornalisti, come Walter Tobagi,
non a caso socialista, capirono subito la pericolosità del terrorismo di
sinistra. Furono isolati nelle redazioni, guardati con sospetto. Tobagi,
giornalista del Corriere della Sera come Terzani, fu fatto secco dalla
Brigata XXVIII marzo, nel 1980.
Ma a Terzani, non a lui, è stato
dedicato l’auditorium.
Dopo tanti sbagli, Terzani avrebbe
dovuto praticare la remissione, andare in Tibet, se proprio si sentiva portato,
e raccogliersi in se stesso. Invece, si è fatto predicatore. Ha girato le
piazze, ha girato le università. È stato, ed è, applaudito. Per cosa? Per
alcune genericità sulla vita, sul capitalismo porco e selvaggio, sulle gonfie
società occidentali.
L’Italia ha il talento di osannare i
cattivi maestri: Terzani, Bocca, che scrisse bene delle Brigate Rosse e male
degli ebrei, Norberto Bobbio, che si inchinò al Duce con una lettera vile e
impaurita, Alessandro Galante Garrone, che discettò sulle leggi razziali in
riviste coeve e iniziò in quel clima la sua bella carriera.
Di questi si ripubblicano i libri. A
questi si dedicano auditorium. Con questi tanti giovani vanno idealmente a
braccetto.
L’inganno continua.
Contenti voi!
Ritengo fondamentale e doveroso ribattere
questo intervento di Antonio Nardi per la logica ineccepibile sulla quale si
basa e per le verità che ripropone a tutti noi: in un momento in cui sembra che
tutto debba tornare a un assurdo mistificato punto di partenza – come se la resurrezione
del dopoguerra, così faticosa e così sofferta, non fosse mai esistita.
e.b.
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[Sabato 18 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]
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