Le storie squallide
delle due Repubbliche Italiane
delle due Repubbliche Italiane
Un affezionato lettore, in maniera
provocatorio-stimolante, scrive:
Egregio Professor Bianchini,
invio il link dell’articolo in oggetto
http://affaritaliani.libero.it/politica/luigi-lusi-e-bettino-craxi-il-doppiopesismo-delle-toghe070212.html?refresh_ce
e gradirei leggere un suo commento.
Cordialmente
Sandro A.
Caro Sandro,
la sua richiesta è anomala e
inammissibile. Quantomeno a trabocchetto.
Lo sanno tutti, in questo mondo di
ladri – per usare un titolo di Venditti –, che ci sono due grandi categorie
di questa specie: i ladri di sinistra e gli altri ladri.
Ormai, dalla teologia di sinistra, sono
state delineate due grandi categorie numericamente squilibrate: la prima,
esiguissima e quasi santa, che non lascia traccia dietro di sé e che non
coinvolge mai coloro che stanno intorno al ‘maneggione dei quattrini’; la
seconda, ben nutrita e certamente dannata, che semina invece sbavature da tutte
le parti, tanto che, tutti coloro che ruotano intorno al ‘maneggione dei
quattrini’, fanno come quelli che vanno al mulino, tornano a casa imbiancati di
farina. È per questo che Bettino non poteva non sapere. «Ma Craxi non era di sinistra?»
lei mi dirà. No, le rispondo: perché per esserlo, si parte dai comunisti in là.
È la grande teologia laica, questa: che
ricalca, assai da vicino – per non dire che copia –, la
teologia cattolico-confessionale, con le sue due identiche categorie di santi
da una parte e di dannati dall’altra: i santi sono sempre pochi, mentre
i dannati, gli altri, sono sempre tanti, tantissimi, troppi.
I sacerdoti di questa seconda area li
conosciamo tutti: sono quelli vestiti di nero, ma con la tonaca ed oggi in clergymen,
che ci hanno battezzato e ci hanno fatto crescere sin da bambini, operando all’ombra
del campanile.
Della prima categoria i sacerdoti sono –
come si vede dall’articolo che mi viene indicato – le toghe, anch’esse
simbolicamente nere di colore – ma a volte dette rosse, come i cardinali e i
prìncipi della Chiesa.
Le quali toghe, caro Sandro, non sono
affatto doppiopesiste come si vuol far credere: questa è semplicemente
una inammissibile calunnia vera e propria. No: sono – e qui conierò un
neologismo – pluripesiste, categoria di più ampio respiro, che può
permettere più sfumature sotto più punti di vista, o salvifici o condannisti.
Perché le leggi si interpretano per gli amici e per i nemici si applicano.
E mi creda: mentre parlo così, io
rischio grosso, ma molto grosso.
Perché è bensì vero che l’articolo 21
della Costituzione garantisce a tutti il diritto di esprimersi e di
esprimere le proprie opinioni in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo; ma è vero
anche che, qui, a Pistoia, potrebbero esserci toghe molto (o troppo) sensibili
e perciò pronte a venire all’assalto cercando perfino di limitare le nostre
libertà, quelle che sono rimaste le vere e uniche libertà residuali, visto che,
sotto altri aspetti, siamo vittime così assurde del sistema che ci mettono
sotto monitoraggio anche le nostre spese degli alimentari con quella vergogna che
sono i conti correnti spiati: come se i delinquenti fossero i lavoratori
dipendenti a reddito fisso e i poveri pensionati, mentre dei grandi patrimoni
si dice che è troppo difficile rintracciarli. Bravi, no?
La soluzione, caro Sandro?
Semplicissima:
1. che invece di fare tante manovre di
conti correnti, sarebbe bastato imporre al cittadino l’obbligo di mettere in
denuncia anche il caffè preso sulla Sala o dalla Grazia a Quarrata: e nessuno dei
veri evasori se la sarebbe cavata, senza il bisogno andare a guardare in tasca alle
persone una per una;
2. che alla categoria delle toghe si
iniziasse a ricordare che, quando giudicano in nome del popolo italiano,
la smettessero di fare ogni volta di testa propria e dal proprio punto di vista
salomonico.
Due le regole semplicissime per tarpare
le ali velleitarie a chi volesse volare troppo in alto:
a) la prima sarebbe l’obbligo dello stare
decisis, cioè di attenersi scrupolosamente alle indicazioni della Suprema
Corte senza filosofare troppo creando continui sbalzi di tensione e
manipolazioni interpretative della giustizia;
b) che ai giudici di ogni grado si
togliesse, una volta per tutte, quella cosa che in una vera democrazia dovrebbe
schifare qualsiasi cittadino, e cioè la discrezionalità, ossia l’uso
legittimato delle opinioni personali per salvare e/o condannare una persona,
eludendo, in buona sostanza, le disposizioni di cui all’art. 12 delle Preleggi
(Interpretazione della legge): «Nell’applicare la legge non si può ad essa
attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle
parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Se
una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha
riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il
caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i princìpi generali dell’ordinamento
giuridico dello Stato».
E se non si arriva a questo – e sembra che nessuno ci voglia arrivare –, caro Sandro, me la vedo brutta, disse la marchesa.
Per tutto quel che è successo da mani
pulite in giù, ringraziamo i comunisti e buon Tonino.
I risultati li abbiamo sotto gli occhi.
Edoardo Bianchini
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[Mercoledì 8 febbraio 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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