mercoledì 8 febbraio 2012

LADRI DI STATO E LADRI IN PROPRIO: ‘DOPPIOPESISMO’ DELLE TOGHE? NO, SOLO CALUNNIE.


Le storie squallide
delle due Repubbliche Italiane

Un affezionato lettore, in maniera provocatorio-stimolante, scrive:

Egregio Professor Bianchini,
invio il link dell’articolo in oggetto
Cordialmente
Sandro A.


Caro Sandro,
la sua richiesta è anomala e inammissibile. Quantomeno a trabocchetto.
Lo sanno tutti, in questo mondo di ladri – per usare un titolo di Venditti –, che ci sono due grandi categorie di questa specie: i ladri di sinistra e gli altri ladri.
Ormai, dalla teologia di sinistra, sono state delineate due grandi categorie numericamente squilibrate: la prima, esiguissima e quasi santa, che non lascia traccia dietro di sé e che non coinvolge mai coloro che stanno intorno al ‘maneggione dei quattrini’; la seconda, ben nutrita e certamente dannata, che semina invece sbavature da tutte le parti, tanto che, tutti coloro che ruotano intorno al ‘maneggione dei quattrini’, fanno come quelli che vanno al mulino, tornano a casa imbiancati di farina. È per questo che Bettino non poteva non sapere. «Ma Craxi non era di sinistra?» lei mi dirà. No, le rispondo: perché per esserlo, si parte dai comunisti in là.
È la grande teologia laica, questa: che ricalca, assai da vicino – per non dire che copia –, la teologia cattolico-confessionale, con le sue due identiche categorie di santi da una parte e di dannati dall’altra: i santi sono sempre pochi, mentre i dannati, gli altri, sono sempre tanti, tantissimi, troppi.
I sacerdoti di questa seconda area li conosciamo tutti: sono quelli vestiti di nero, ma con la tonaca ed oggi in clergymen, che ci hanno battezzato e ci hanno fatto crescere sin da bambini, operando all’ombra del campanile.
Della prima categoria i sacerdoti sono – come si vede dall’articolo che mi viene indicato – le toghe, anch’esse simbolicamente nere di colore – ma a volte dette rosse, come i cardinali e i prìncipi della Chiesa.
Le quali toghe, caro Sandro, non sono affatto doppiopesiste come si vuol far credere: questa è semplicemente una inammissibile calunnia vera e propria. No: sono – e qui conierò un neologismo – pluripesiste, categoria di più ampio respiro, che può permettere più sfumature sotto più punti di vista, o salvifici o condannisti. Perché le leggi si interpretano per gli amici e per i nemici si applicano.
E mi creda: mentre parlo così, io rischio grosso, ma molto grosso.
Perché è bensì vero che l’articolo 21 della Costituzione garantisce a tutti il diritto di esprimersi e di esprimere le proprie opinioni in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo; ma è vero anche che, qui, a Pistoia, potrebbero esserci toghe molto (o troppo) sensibili e perciò pronte a venire all’assalto cercando perfino di limitare le nostre libertà, quelle che sono rimaste le vere e uniche libertà residuali, visto che, sotto altri aspetti, siamo vittime così assurde del sistema che ci mettono sotto monitoraggio anche le nostre spese degli alimentari con quella vergogna che sono i conti correnti spiati: come se i delinquenti fossero i lavoratori dipendenti a reddito fisso e i poveri pensionati, mentre dei grandi patrimoni si dice che è troppo difficile rintracciarli. Bravi, no?
La soluzione, caro Sandro? Semplicissima:
1. che invece di fare tante manovre di conti correnti, sarebbe bastato imporre al cittadino l’obbligo di mettere in denuncia anche il caffè preso sulla Sala o dalla Grazia a Quarrata: e nessuno dei veri evasori se la sarebbe cavata, senza il bisogno andare a guardare in tasca alle persone una per una;
2. che alla categoria delle toghe si iniziasse a ricordare che, quando giudicano in nome del popolo italiano, la smettessero di fare ogni volta di testa propria e dal proprio punto di vista salomonico.
Due le regole semplicissime per tarpare le ali velleitarie a chi volesse volare troppo in alto:
a) la prima sarebbe l’obbligo dello stare decisis, cioè di attenersi scrupolosamente alle indicazioni della Suprema Corte senza filosofare troppo creando continui sbalzi di tensione e manipolazioni interpretative della giustizia;
b) che ai giudici di ogni grado si togliesse, una volta per tutte, quella cosa che in una vera democrazia dovrebbe schifare qualsiasi cittadino, e cioè la discrezionalità, ossia l’uso legittimato delle opinioni personali per salvare e/o condannare una persona, eludendo, in buona sostanza, le disposizioni di cui all’art. 12 delle Preleggi (Interpretazione della legge): «Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i princìpi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato».
E se non si arriva a questo – e sembra che nessuno ci voglia arrivare –, caro Sandro, me la vedo brutta, disse la marchesa.
Per tutto quel che è successo da mani pulite in giù, ringraziamo i comunisti e buon Tonino.
I risultati li abbiamo sotto gli occhi.
Edoardo Bianchini
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[Mercoledì 8 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]

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