di Mauro Banchini [*]
L’omelia al funerale di don Mario Del Becaro – Una preghiera
per il parroco ucciso ma anche per chi lo ha ucciso
PISTOIA. “Mentre ancora viviamo il Natale, esso improvvisamente si tinge di rosso. Dal Natale bianco al Natale rosso: è l’esperienza traumatica che ha vissuto questa parrocchia e, con essa, la diocesi di Pistoia” . Questo l’attacco della omelia, una breve omelia, tenuta da mons. Mansueto Bianchi questo pomeriggio, nella chiesa di Catena (Quarrata) per i funerali di don Mario Del Becaro.
“Difficile
e ancora prematuro – ha aggiunto il vescovo di Pistoia – trovare una chiave di
lettura che spieghi in modo adeguato ciò che è accaduto fra noi: questo, del
resto, è il compito che spetta all’autorità investigativa e che noi attendiamo
con grande fiducia e rispetto”.
“Ci
resta nelle mani e nel cuore la vita di un uomo, di un prete, che è stata
violentemente spenta”. Così mons. Bianchi, che ha parlato in una chiesa affollata
di fedeli e accanto a decine di sacerdoti concelebranti e ha ricordato come “ci
rimane il tracciato di una esistenza, fatta di luci e di ombre, di canto e di
gemito, come quella di ciascuno di noi, che oggi sta davanti alla misericordia
di Dio”.
Per
il vescovo di Pistoia, la vicenda di don Mario evidenza innanzitutto “il bisogno
che abbiamo noi preti di essere fortemente radicati nella persona del Signore
Gesù e del suo Vangelo” ma anche “la necessità di radicarci nella vita del
nostro popolo, della comunità cristiana, della chiesa”. Il bisogno dei preti –
ha aggiunto – è che di “crescere nella fraternità e nella intensità delle relazioni,
in modo da facilitare la reciproca convivenza, la comprensione, l’incoraggiamento,
l’aiuto fraterno. E’ questo clima che aiuta a prevenire o a evolvere in modo
positivo le crisi di stanchezza, di delusione, di solitudine, di demotivazione
che inevitabilmente si affacciano nella vita di un prete, come nella vita di
ogni persona”.
Mons.
Bianchi ha aggiunto un elemento sui rapporti fra comunità cristiana e parroci:
la necessità di “restare vicino alla vita e alla persona del proprio sacerdote:
non fargli mancare l’affetto, la stima, la collaborazione, l’accoglienza”. Una
dimensione, questa, che può consentire anche “la correzione di errori e
difetti, il suggerimento, il consiglio, la critica senza che questo diventi un
crocifiggere la persona al proprio limite o al proprio errore”.
Una
preghiera finale per don Mario (“Molte cose sono state dette e scritte in
questi giorni su di lui, altre ancora se ne diranno e scriveranno”) e per il
suo “povero corpo martoriato” chiuso in una bara nella piccola chiesa di Catena
(“Possa, don Mario, incontrare non l’occhio severo del giudice, ma il volto buono
del Padre che asciuga ogni lacrima, sana ogni ferita, perdona ogni colpa”).
E
una considerazione per gli assassini, verso cui non mancano “orrore e sdegno
davanti a un delitto feroce, senza pietà e senza umanità”. Con una preghiera anche
per loro (“Alla luce del Vangelo è anche per queste persone che noi intendiamo
pregare, perché sappiamo che nell’aridità di ogni deserto c’è sempre una breve
oasi a partire dalla quale è possibile il ritorno alla dignità di una vita”).
[*] – Responsabile Comunicazioni Sociali Diocesi di Pistoia
Cliccare sull’immagine per
ingrandirla.
[Lunedì 31 dicembre 2012
- © Quarrata/news 2012]
Nessun commento:
Posta un commento
MODERAZIONE DEI COMMENTI
Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.