di LUIGI SCARDIGLI
L’iniziativa di ‘Raggi di speranza in
stazione’ e di don Carlo Bonaiuti, parroco di Gello
PISTOIA. Il mio laicismo non si è scalfito nemmeno ieri sera, quando
alle parole di don Carlo Bonaiuti, parroco di Gello, che ha celebrato la sua
messa di Natale nell’improvvisata Chiesa dell’atrio della stazione, i clochard
che ascoltavano la parola di un Dio che non arriva mai, hanno iniziato a
piangere. Lo hanno fatto raccogliendosi il viso e le lacrime nelle mani,
provando a nascondere il disonore di aver smarrito, forse per sempre, la loro
dignità, che riescono a ricordare di averla avuta solo la sera, intorno alle 19:30,
quando a dar da mangiare, bere e speranze, arrivano i volontari dell’Associazione
Onlus Raggi di speranza in stazione.
Sono stati loro, Maria e gli altri illustri sconosciuti che
non vogliono nulla in cambio, perché sanno solo dare, e in silenzio, a chiedere
ad uno dei preti di frontiera di fare a meno, per una volta. dell’altare e dei
ceri e di scendere ancora un po’ più in basso, per farsi almeno ascoltare, se
non capire.
E lui, don Carlo, non si è limitato a dare la propria
disponibilità per parlare della sua vita e coprire con la sua voce quella dell’altoparlante
che segnalava l’arrivo del treno da Firenze sul binario 2, ma si è portato
dietro tutto il coro della parrocchia, con chitarre, voci e congas per intonare
la danza della pioggia, la danza dell’amore, della solidarietà, del rispetto,
quella di un briciolo di tenerezza, o umanità, se preferite, quella che
scambierà un giorno, chissà, ruoli e pelle e trasformerà, forse, questi ultimi,
se non in primi, almeno in cittadini.
Zidane infatti è musulmano, ma è fermamente convinto, con
quell’italiano da nordafricano con il quale riesce a farsi capire
perfettamente, che in alto, a controllare tutto e tutti, ci sia un solo Dio; Arif
è una ragazza albanese: ringrazia per l’ospitalità con la quale, noi italiani,
abbiamo accolto lei e i suoi connazionali; Teodoro è uno zingaro, ungherese: è
nato in Italia e si accontenterebbe di un tetto e di un letto per provare a sconfiggere
questo freddo intenso.
Non c’erano solo loro tre, purtroppo, ieri sera, a dividere
il pane e il sangue di Cristo portato in dono da don Carlo da Gello fino alla stazione
di Pistoia; con loro anche tutti gli ultimi che bivaccano da tempo a due passi
dai binari, cercando riparo suggerito loro dagli agenti della Polfer, e
rimandando, al giorno dopo, tutti i buoni propositi. Una di loro è lentamente
dilaniata dal tumore, che la sta inscheletrendo e ammutolendo; ad un altro
hanno già amputato le dita di un piede, ma tutta la gamba, in via di cancrena,
subirà presto una sorte analoga.
Si difendono fingendosi pazzi, i clochard della Stazione di
Pistoia, ma matti, a poco a poco, ci diventeranno sicuramente, se quanto prima
qualcuno, oltre ai volontari del Raggi di
speranza in stazione, non inizierà ad occuparsi seriamente e fattivamente di
loro, delle loro storie e delle loro modestissime esigenze: un tetto, un letto,
un po’ di riscaldamento, un boccone per sopravvivere e la volontà di
resuscitarli per farli sentire utili alla causa umana.
Sì, certo, la cirrosi si è già sbranata qualcuno di loro,
per non parlare della solitudine, che ne ha già fiaccati parecchi. Ma non tutto
e soprattutto per tutti, è andato perduto: quel poco-molto che si può ancora
fare, è bene iniziare a farlo, sostituendo, alle belle parole e ai grandi
proclami, la potenza dei fatti.
Casomai in silenzio, o in sordina, se preferite, affinché la
mano destra non sappia cosa stia facendo la sinistra. E come ribadisce con
forza il cavaliere della carità: San Paolo.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 23 dicembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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