domenica 23 dicembre 2012

UNA MESSA, TANTO FREDDO E TANTA DISPERAZIONE

di LUIGI SCARDIGLI

L’iniziativa di ‘Raggi di speranza in stazione’ e di don Carlo Bonaiuti, parroco di Gello

PISTOIA. Il mio laicismo non si è scalfito nemmeno ieri sera, quando alle parole di don Carlo Bonaiuti, parroco di Gello, che ha celebrato la sua messa di Natale nell’improvvisata Chiesa dell’atrio della stazione, i clochard che ascoltavano la parola di un Dio che non arriva mai, hanno iniziato a piangere. Lo hanno fatto raccogliendosi il viso e le lacrime nelle mani, provando a nascondere il disonore di aver smarrito, forse per sempre, la loro dignità, che riescono a ricordare di averla avuta solo la sera, intorno alle 19:30, quando a dar da mangiare, bere e speranze, arrivano i volontari dell’Associazione Onlus Raggi di speranza in stazione.
Sono stati loro, Maria e gli altri illustri sconosciuti che non vogliono nulla in cambio, perché sanno solo dare, e in silenzio, a chiedere ad uno dei preti di frontiera di fare a meno, per una volta. dell’altare e dei ceri e di scendere ancora un po’ più in basso, per farsi almeno ascoltare, se non capire.
E lui, don Carlo, non si è limitato a dare la propria disponibilità per parlare della sua vita e coprire con la sua voce quella dell’altoparlante che segnalava l’arrivo del treno da Firenze sul binario 2, ma si è portato dietro tutto il coro della parrocchia, con chitarre, voci e congas per intonare la danza della pioggia, la danza dell’amore, della solidarietà, del rispetto, quella di un briciolo di tenerezza, o umanità, se preferite, quella che scambierà un giorno, chissà, ruoli e pelle e trasformerà, forse, questi ultimi, se non in primi, almeno in cittadini.
Zidane infatti è musulmano, ma è fermamente convinto, con quell’italiano da nordafricano con il quale riesce a farsi capire perfettamente, che in alto, a controllare tutto e tutti, ci sia un solo Dio; Arif è una ragazza albanese: ringrazia per l’ospitalità con la quale, noi italiani, abbiamo accolto lei e i suoi connazionali; Teodoro è uno zingaro, ungherese: è nato in Italia e si accontenterebbe di un tetto e di un letto per provare a sconfiggere questo freddo intenso.
Non c’erano solo loro tre, purtroppo, ieri sera, a dividere il pane e il sangue di Cristo portato in dono da don Carlo da Gello fino alla stazione di Pistoia; con loro anche tutti gli ultimi che bivaccano da tempo a due passi dai binari, cercando riparo suggerito loro dagli agenti della Polfer, e rimandando, al giorno dopo, tutti i buoni propositi. Una di loro è lentamente dilaniata dal tumore, che la sta inscheletrendo e ammutolendo; ad un altro hanno già amputato le dita di un piede, ma tutta la gamba, in via di cancrena, subirà presto una sorte analoga.
Si difendono fingendosi pazzi, i clochard della Stazione di Pistoia, ma matti, a poco a poco, ci diventeranno sicuramente, se quanto prima qualcuno, oltre ai volontari del Raggi di speranza in stazione, non inizierà ad occuparsi seriamente e fattivamente di loro, delle loro storie e delle loro modestissime esigenze: un tetto, un letto, un po’ di riscaldamento, un boccone per sopravvivere e la volontà di resuscitarli per farli sentire utili alla causa umana.
Sì, certo, la cirrosi si è già sbranata qualcuno di loro, per non parlare della solitudine, che ne ha già fiaccati parecchi. Ma non tutto e soprattutto per tutti, è andato perduto: quel poco-molto che si può ancora fare, è bene iniziare a farlo, sostituendo, alle belle parole e ai grandi proclami, la potenza dei fatti.
Casomai in silenzio, o in sordina, se preferite, affinché la mano destra non sappia cosa stia facendo la sinistra. E come ribadisce con forza il cavaliere della carità: San Paolo.










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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 23 dicembre 2012 - © Quarrata/news 2012]

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