venerdì 3 febbraio 2012

IL VESCOVO E I VINCENTI


di Antonio Nardi (*)

Caro Edoardo,
ho visto la tua lettera al vescovo.
Non ti conoscevo così pacato. Io non sono stato invitato. Va bene che tu sei professionista ed io solo pubblicista. Ma altre volte ero stato invitato.
Questa volta nessun invito. Forse perché avevo chiesto maggiori dettagli sull’8 per mille.
Avevo chiesto, per esempio, se e quanto fosse retribuito il direttore della Caritas. Ancora prima, avevo disapprovato la sostituzione di Dio a Gesù nella preghierina di Quarrata, laddove la diocesi si era esibita in una funambolica spiegazione teologica per giustificare quella ridicola decisione (evidentemente non leggono Monsignor Frosini).

Forse, più semplicemente, sono loro antipatico. Non avrei accolto l’invito, ma hanno perso l’occasione di mettermi in forte imbarazzo.
La tua lettera è ineccepibile, anche se non sono d’accordo su molti punti. Ne riporto solo uno.
Io penso che ci sia una grande differenza tra la Chiesa, retta dal Papa, il quale ha scritto una enciclica intitolata “Caritas in veritate” e due volumi in cui “Gesù” compare fin dal titolo, e le espressioni semitemporali della stessa nelle sue specificazioni più o meno congrue, come la Cei e le Diocesi.
Sai bene che sono un cattolico convinto, di quelli all’antica, che non fa la voce bassa e tira via quando nel Credo arriva il versetto: “Credo la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica”.
La Chiesa è una perché c’è il Papa. È apostolica, perché è nella verità ed è quella verità che, a prezzo anche della vita, deve comunicare al mondo. I cristiani, diversamente da quanto credono in tante diocesi, non pregano lo stesso Dio  dei musulmani.
Tutto questo per dire che dal Papa mi sento rappresentato presso nostro Signore, mentre non mi sento rappresentato dal vescovo e dalla Cei.
Ai perdenti succede.
Tuo, Antonio
Caro Antonio,
vedo e ribatto la lettera che mi indirizzi. Non batto ciglio, perché so che tu sai, perfettamente, che neppure io sono un vincente. Nessuno che dica (o che voglia cercare di dire) la verità lo è mai.
A te nessuno ha risposto: a me nessuno risponderà.
Come vedi siamo alla pari.
Ma tu almeno ti senti rappresentato in parte dal tuo Papa. Io non mi sento rappresentato né di qua né di là: sono nel deserto.
Nonostante tutto continuo a urlare perché credo che questo sia il dovere del mestiere più disgraziato del mondo: unica via, però, per ribadire ogni mattina, a dispetto di tutto e di tutti, civis romanus sum, «sono un uomo libero» – tradotto liberamente. Sempre in quell’onestà intellettuale di cui parlava, appunto, il vescovo e che sono sicuro che tu mi riconosci.
Un abbraccio,
tuo Edoardo
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[Venerdì 3 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]

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