di Antonio Nardi (*)
Caro Edoardo,
ho visto la tua lettera al vescovo.
Non ti conoscevo così pacato. Io non
sono stato invitato. Va bene che tu sei professionista ed io solo pubblicista.
Ma altre volte ero stato invitato.
Questa volta nessun invito. Forse
perché avevo chiesto maggiori dettagli sull’8 per mille.
Avevo chiesto, per esempio, se e quanto
fosse retribuito il direttore della Caritas. Ancora prima, avevo disapprovato
la sostituzione di Dio a Gesù nella preghierina di Quarrata, laddove la diocesi
si era esibita in una funambolica spiegazione teologica per giustificare quella
ridicola decisione (evidentemente non leggono Monsignor Frosini).
Forse, più semplicemente, sono loro
antipatico. Non avrei accolto l’invito, ma hanno perso l’occasione di mettermi
in forte imbarazzo.
La tua lettera è ineccepibile, anche se
non sono d’accordo su molti punti. Ne riporto solo uno.
Io penso che ci sia una grande
differenza tra la Chiesa, retta dal Papa, il quale ha scritto una enciclica
intitolata “Caritas in veritate” e due volumi in cui “Gesù” compare fin dal
titolo, e le espressioni semitemporali della stessa nelle sue specificazioni
più o meno congrue, come la Cei e le Diocesi.
Sai bene che sono un cattolico
convinto, di quelli all’antica, che non fa la voce bassa e tira via quando nel Credo
arriva il versetto: “Credo la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica”.
La Chiesa è una perché c’è il Papa. È
apostolica, perché è nella verità ed è quella verità che, a prezzo anche della
vita, deve comunicare al mondo. I cristiani, diversamente da quanto credono in
tante diocesi, non pregano lo stesso Dio
dei musulmani.
Tutto questo per dire che dal Papa mi
sento rappresentato presso nostro Signore, mentre non mi sento rappresentato
dal vescovo e dalla Cei.
Ai perdenti succede.
Tuo, Antonio
Caro Antonio,
vedo e ribatto la lettera che mi
indirizzi. Non batto ciglio, perché so che tu sai, perfettamente, che neppure
io sono un vincente. Nessuno che dica (o che voglia cercare di dire) la verità
lo è mai.
A te nessuno ha risposto: a me nessuno
risponderà.
Come vedi siamo alla pari.
Ma tu almeno ti senti rappresentato in
parte dal tuo Papa. Io non mi sento rappresentato né di qua né di là: sono nel
deserto.
Nonostante tutto continuo a urlare perché
credo che questo sia il dovere del mestiere più disgraziato del mondo: unica via,
però, per ribadire ogni mattina, a dispetto di tutto e di tutti, civis
romanus sum, «sono un uomo libero» – tradotto liberamente. Sempre in quell’onestà intellettuale
di cui parlava, appunto, il vescovo e che sono sicuro che tu mi riconosci.
Un abbraccio,
tuo Edoardo
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[Venerdì 3 febbraio 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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