martedì 7 febbraio 2012

POLITICALLY CORRECT. DALÌ SCEGLIE IL SACRIFICIO


QUARRATA. Una delle cose più buffe – per non dire ridicole o peggio – del cosiddetto e così amato politically correct, osannato dal Pd e dalle sinistre, è il voler far credere, ad ogni costo, di sapere andare d’accordo con il mondo intero come dovere civico universale.
È uno di quei particolari insopportabili che la gente normale dovrebbe catalogare, senza troppi rigiri, nell’ipocrisia più vieta e più stupida che c’è.

Immaginare il politically correct al posto di un bel Se vuoi suonerete le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane (Pier Capponi a Carlo VIII); oppure Le frecce dei Persiani oscureranno il sole? Bene! Combatteremo all’ombra! (Leonida alle Termopili) o ancora Getta le armi, Leonida! e lui, sempre lo stesso, di rimando Vièntele a prendere, persiano!
E invece no.
Il bigottismo, il ‘mielismo’, il bacchettonismo, l’ipocrisia sono così forti e radicati, in questo popolo, che dovrebbe essere nato sotto i dettami della Costituzione e dell’anti-tutto libertario, che i baci & abbracci si sprecano, che i sorrisi si spargono lungo le strade dei nemici e degli avversari come petali di rose, per far credere di essere tutto fuorché quello che siamo.
È vero: la fusione catto+com ha fatto stramale alla salute dell’intera nazione.
Così Dalì – il grande assente di sempre, che aveva avuto voglia di sbancare il Mazzanti: anche lui grande assente, ma soprattutto perché spento dalla Sergio Gori come l’abat-jour del comodino, e da lei tenuto a cuccia in un angolo – ora dichiara il suo amore eterno al vincitore delle primarie.
Bravo! Ma cosa vuole Dalì? Una poltrona, se non da vice, da assessore? Perché, poi, tutte queste smancerie a questo portano, dietro la lingua politichese: a chiedere un agognato titolo da cavaliere o da barone.
A leggere certi pezzi sul giornale, viene in mente un romanzo che, se scaraventato, come dice il Vangelo, nella fornace o nella Geenna, non sarà che un bene per l’umanità, tant’è zuccherato e diabetico: Va’ dove ti porta il cuore, una sorta di libro rosso dei Pensieri di Mao per la formazione dei politici delicati della new last generation. Ovviamente con il suo antico e piagnucoloso antecedente e nonno della nostra gioventù, Love story, che ha fatto piangere intere generazioni di maestrine e femministe, poi infelicemente rifluite nell’esaltazione dell’etica di Poochie o di Hello Kitty.
Ma che barba, gente! Che par de bale tutta questa bontà fatta di aria fritta come una scorreggia barocca.
E il Benigni di Johnny Stecchino direbbe anche peggio, ve lo ricordate…?
e.b. blogger


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[Martedì 7 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]

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