martedì 7 febbraio 2012

SIAMO UN POPOLO DI BERLUSCA


A volte essere demagoghi
‘è cosa buona e giusta’

Volenti o nolenti, siamo un popolo di Berlusca.
Non passa giorno, infatti, in cui qualcuno delle alte sfere – e delle ‘basse rotture’ – non se ne esca con una memorabile cazzata.
Tra vent’anni – quando finalmente non ci sarò più e mi sarò tolto da questo ‘mare di cacca’ che ha dominato il nostro Paese da Tangentopoli in poi: e oltretutto senza avere risolto un bel niente, anzi, dopo avere solo moltiplicato i problemi all’infinito, con buona pace di Tonino e delle sue dislessie –, tra vent’anni, dicevo, questi decenni avranno ospitalità nei libri di storia come nell’Enciclopedia dell’umorismo (Luciana Varvello, De Vecchi, Milano, 1964), uno di quei librini che andavano di moda negli anni 60 e che riportavano, appunto, anche le cazzate degne di memoria.
Ora qui, di cazzate degne di memoria, se ne sprecano – mi pare.
E non sarebbe nulla se fossero cazzate dette da gente qualunque.
Sono, invece, gli uomini che ci governano e quelli di potere che si esibiscono alla grande e che fanno a chi ne dice di più. Ed è questo che provoca rabbia e irritazione, più che indignazione.
Indignazione non tanto, perché per indignarsi occorre vedere e sentire qualcosa di serio e di altamente immorale: e non una serie infinita di cazzate.
Ferrara, se mi ascoltasse, direbbe che sono un demagogo come la Camusso. Ma gli risponderei che me ne frego del suo giudizio.
A volte è necessario e santo e giusto anche essere demagoghi, quando tutti tendono a fare quasi finta di nulla dinanzi all’infelicità fatta carne (o cacca) mentre esce dalla bocca di chi dovrebbe saggiamente risolvere i nostri problemi e non sputarci addosso con derisione e senza allegorie, come ha fatto la signora ninistra Anna Maria Cancellieri, con il suo “posto fisso accanto alla mamma”.
Siamo un popolo di Berlusca, ripeto. Sempre con la bocca aperta a ciabatta. Un popolo di ciabattoni.
Solo che a certuni è concesso dire cazzate, a cert’altri è comunque negato: per partito preso.
Ecco, questa è materia di indignazione. I cittadini non sono tutti uguali dinanzi alla legge e al giudizio comune della gente. Lo dice perfino Gherardo Colombo nel suo libro Farla franca. La legge è uguale per tutti?
Meno uguali degli altri sono certi professori cattedratici che, quanto a carriere e a posti di lavoro fissi e vicini a casa loro e alla mamma, hanno poco da insegnare davvero alla gente del popolo d’Italia, presa in giro da chi i quattrini ce li ha, non perché li guadagna con tanto sudore, ma perché la borsa, la finanza, la politica e le banche glieli mettono in mano belli, stirati e lucidi.
E senza tanta fatica.
Edoardo Bianchini
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[Martedì 7 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]

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