A volte essere demagoghi
‘è cosa buona e giusta’
‘è cosa buona e giusta’
Volenti o nolenti, siamo un popolo di
Berlusca.
Non passa giorno, infatti, in cui
qualcuno delle alte sfere – e delle ‘basse rotture’ – non se ne esca con una
memorabile cazzata.
Tra vent’anni – quando finalmente non
ci sarò più e mi sarò tolto da questo ‘mare di cacca’ che ha dominato il nostro
Paese da Tangentopoli in poi: e oltretutto senza avere risolto un bel niente,
anzi, dopo avere solo moltiplicato i problemi all’infinito, con buona pace di
Tonino e delle sue dislessie –, tra vent’anni, dicevo, questi decenni avranno
ospitalità nei libri di storia come nell’Enciclopedia dell’umorismo
(Luciana Varvello, De Vecchi, Milano, 1964), uno di quei librini che andavano
di moda negli anni 60 e che riportavano, appunto, anche le cazzate degne di
memoria.
Ora qui, di cazzate degne di memoria,
se ne sprecano – mi pare.
E non sarebbe nulla se fossero cazzate dette
da gente qualunque.
Sono, invece, gli uomini che ci
governano e quelli di potere che si esibiscono alla grande e che fanno a chi ne
dice di più. Ed è questo che provoca rabbia e irritazione, più che
indignazione.
Indignazione non tanto, perché per
indignarsi occorre vedere e sentire qualcosa di serio e di altamente immorale:
e non una serie infinita di cazzate.
Ferrara, se mi ascoltasse, direbbe che
sono un demagogo come la Camusso. Ma gli risponderei che me ne frego del suo
giudizio.
A volte è necessario e santo e giusto
anche essere demagoghi, quando tutti tendono a fare quasi finta di nulla
dinanzi all’infelicità fatta carne (o cacca) mentre esce dalla bocca di chi
dovrebbe saggiamente risolvere i nostri problemi e non sputarci addosso con
derisione e senza allegorie, come ha fatto la signora ninistra Anna Maria Cancellieri,
con il suo “posto fisso accanto alla mamma”.
Siamo un popolo di Berlusca, ripeto.
Sempre con la bocca aperta a ciabatta. Un popolo di ciabattoni.
Solo che a certuni è concesso dire
cazzate, a cert’altri è comunque negato: per partito preso.
Ecco, questa è materia di indignazione.
I cittadini non sono tutti uguali dinanzi alla legge e al giudizio comune della
gente. Lo dice perfino Gherardo Colombo nel suo libro Farla franca. La legge
è uguale per tutti?
Meno uguali degli altri sono certi
professori cattedratici che, quanto a carriere e a posti di lavoro fissi e
vicini a casa loro e alla mamma, hanno poco da insegnare davvero alla gente del
popolo d’Italia, presa in giro da chi i quattrini ce li ha, non perché li
guadagna con tanto sudore, ma perché la borsa, la finanza, la politica e le
banche glieli mettono in mano belli, stirati e lucidi.
E senza tanta fatica.
Edoardo Bianchini
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[Martedì 7 febbraio 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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