domenica 16 dicembre 2012

“PROVANDO IN NOME DELLA MADRE” (MA FORSE AD ALTA QUOTA…)


di LUIGI SCARDIGLI

Erri De Luca, il coraggio degli uomini che sanno amare le donne e una lezione sul significato di alcune parole e sulla demagogia di certa religiosità

QUARRATA. Per difendere, con un briciolo di orgoglio, dignità e perché no, con un minimo di cognizione di causa, se non il nostro ateismo, almeno la nostra laicità, non ci si può certo limitare e difendere dietro un filo d’erba sul quale è scritto che un dio – dategli il nome che volete, tanto son tutti uguali – non esiste.

Erri De Luca, ad esempio – noto intellettuale autodidatta, pregiato scrittore, firma autorevole di Repubblica, Corriere della Sera, Manifesto, Gli Altri (le ultime due testate speriamo che l’abbiano pagato), ha intrapreso, a tal proposito, una delle strade più serie, autorevoli e difficilmente sindacabili e ieri sera, al Nazionale a Quarrata, ne ha data un’altra ferrea, forbita e delicatissima testimonianza, portando in scena Provando in nome della madre, una lettura musicale apocrifa, corretta e storica, dell’amore tra Giuseppe e Maria e la nascita di Gesù. Lo ha fatto ponendosi autorevolmente sulla cattedra, ma lasciando il campo e la scena a due tra i suoi migliori allievi, Simone Gandolfo e Sara Cianfriglia, mestieranti di palcoscenico di professione.
Dopo lo spettacolo, una bella lettera d’amore per tutte le donne, una medaglia da podio per il coraggio degli uomini che sanno amare le donne e una forbita lezione sul significato di alcune parole e sulla demagogia che su queste imperfette traduzioni la religione ha poi costruito e indistruttibilmente fortificato la propria indegna supremazia – una docenza teatrale, quella di De Luca, condita dall’energia di Simone Gandolfo, dalla tenerezza di Sara Cianfriglia e dalla colonna sonora di alcune canzoni di Gian Maria Testa e Fabrizio De André –, ho provato a chiedere, all’autore-voce narrante della rappresentazione se decidere di parlare dell’emisfero femminile prendendo in prestito una delle maternità più contestate e incredibili non sia, comunque, un gesto almeno scaramantico per provare ad avvicinarsi all’ignoto fino ad oggi tenuto a debita distanza.
«Sono immerso nello studio di questi fenomeni storici, dialettici, morali e linguistici da parecchi anni – mi ha detto Erri De Luca, senza guardarmi mai negli occhi (strano!) e dopo aver firmato svariati autografi e stretto le mani a parecchi ammiratori entusiasti – e la scelta di questa rappresentazione non vuol dire assolutamente nulla di più, né di meno, di quello che si è capito. Il percorso personale di ogni singolo individuo è un tragitto intimistico, che non baratterei, se ne dovessi restare impigliato, con uno spettacolo, lasciando dare le risposte, che dovrei darmi, al pubblico».
Un napoletano, Erri De Luca, decisamente anomalo, che senza perdere quell’inconfondibile slang che lo apparenta tanto a Eduardo De Filippo quanto a Beppe Lanzetta, ha, nel tempo, coltivato, ad esempio, una passione che a Mergellina e dintorni è letteralmente ignorata: la montagna. Un amore particolare, un amore che nasce in luoghi impervi ma che si celebra con maggior nitore, con un’estensione sentimentale più profonda che riesce ad avvertire con minor ingombro le faccende e lo smog della piana, per godere la libertà, rarefatta, dell’alta quota.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 16 dicembre 2012 - © Quarrata/news 2012]

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