di Luigi
Scardigli
Tutti i Soloni del
Mercato – con la M maiuscola, perché decide le sorti dell’Universo,
nonostante sia gestito da un manipolo di speculatori –, continuano a ripetere, in queste concitatissime ore, che
la fuoriuscita della Grecia dall’Eurozona sarebbe politicamente un disastro.
Sono gli stessi, questi signorotti che paragonano Atene
fuori dall’Euro a Scilla e Cariddi, che ogni tanto,
attraverso comunicati stampa, dicono che in un giorno sono state bruciate
tonnellate di euro, miliardi, come se queste montagne di banconote fossero
messe lì, accanto ad un fornello dove una massaia scalda, ingenuamente ignara
del disastro che sta per causare, un bricco di latte.
Vorrei sapere, da lor Signori – sempre con la maiuscola, non
si sa mai –, come hanno fatto in Islanda.
Pensate, quella piccola isoletta di ghiaccio resa vivibile
solo dalle correnti calde del Golfo, quattro anni fa, dopo una di quelle crisi
(anch’essa decretata dal crollo verticale di tre grandi banche: Kaupthing,
Glitnir e Landsbancki), una di quelle che mettono in ginocchio – la Grecia, la
Spagna, l’Italia, l’Irlanda –, ha chiesto ai suoi abitanti, piccoli, medi e
grossi, alle loro banche e ai suoi personaggi più prestigiosi, di rimboccarsi
le maniche e di iniziare a lavorare con maggior criterio.
La situazione è ancora delicata, è vero: l’inflazione è
ancora forte e i posti di lavoro stanno riemergendo solo da poco, con tutti i
debiti scongiuri che facciamo per i precari islandesi. Il Fondo Monetario
Internazionale ha prestato, all’Islanda, all’indomani del crac, 2,1 miliardi di
dollari, mancia questa che sembra
aver avuto effetti particolarmente benefici, soprattutto in virtù della
svalutazione della moneta di casa, la corona.
Il Pil islandese infatti, secondo stime attendibili,
crescerà, quest’anno, del 2,4% e del 2,9% l’anno prossimo; anche la
disoccupazione, al momento al 7%, dovrebbe scendere, nel 2013, al 5,3%, che non
è certo festa, ma, lo sappiamo, meglio
meno, ma meglio!
Come hanno fatto, gli Islandesi? La corona meno forte ha
facilitato esportazioni e turismo, con consumi virtualmente stabili, grazie,
udite bene, a politiche di espansione della spesa, rivolte, principalmente, ai
ceti meno abbienti; le banche islandesi sono state fatte fallire, un crac
pilotato, con il conto però fatto pagare agli investitori stranieri e non ai
cittadini impoveriti.
È vero, l’Islanda è più povera di quattro anni fa e nessuno,
in quell’isoletta freddissima, ha escluso che prima o dopo si debba far ricorso
ad una moneta unica. Al momento però, anzi, dal marzo scorso, gli Islandesi,
con tutta la loro stravagante dignità, hanno iniziato a rendere, al Fmi, i
soldi prestati loro, pensate, prima di quanto fosse stato pattuito.
Piccolo è bello, è vero, ma anche noi non siamo dei colossi,
perdindirindina!
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[Martedì 21 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]
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