di Luigi
Scardigli
Nessuno, forse, dei circa 40 minatori (con gli affari
pontifici, la stampa, tutta, offre sempre cifre dettagliate, tassonomiche) si
farà saltare in aria con l’esplosivo – 350 chili di tritolo, mica robetta – che si sono portati dietro, a 373 metri sotto il livello
del mare, nell’inferno della Nuraxi Figus, a Gonnessa, nel Sulcis, per
protestare contro (chi?) chi non ne vuol sapere di riqualificare la struttura
garantendo così, lavoro e sicurezza. E dignità.
Davanti ai cancelli d’ingresso della miniera, questi anomali
lavoratori d’altri tempi, ma che vivono anche nei nostri, ahiloro, hanno
piazzato tre cumuli di carbone con i quali hanno di fatto impedito l’accesso ai
curiosi motorizzati: chi vuol sapere cosa pensano e vogliono questi circa 40
minatori, deve farsi due passi a piedi e cercare di capire, dall’ingresso dei
cunicoli.
L’oggetto del contendere, in realtà, non è così
ingarbugliato come la protesta inscenata lascerebbe intendere: ci sono 200
milioni di euro in ballo, con l’appoggio dell’Enel, con i quali questi circa 40
minatori vorrebbero si realizzasse un deposito di stoccaggio per l’anidride
carbonica, un’idea questa che incontra terribili, mastodontiche e inspiegabili
resistenze da parte di chi, invece, questo progetto dovrebbe salutarlo con
piacere.
Non credo che si facciano saltare in aria, i circa 40
minatori sardi, perché altrimenti, la loro protesta, assumerebbe toni
drammatici ed epici e soprattutto non porterebbe alcun beneficio, né a loro, né
alle circa migliaia di loro colleghi che stanno, da Taranto a Mestre,
combattendo un’analoga impietosa battaglia. E poi, se accendessero veramente la
miccia ai 350 chili di tritolo che si sono portati in ostaggio sotto terra,
salterebbe in aria tutto il Sulcis, probabilmente, compresi i loro familiari,
le loro mamme, mogli e figli, che sono rimasti a casa, ad aspettare che
tornino, pregando anche, forse: che Dio, per una volta, stia dalla parte dei
diseredati.
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[Lunedì 27 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]
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