di Luigi
Scardigli
BARDALONE-MONTAGNA. Il tempo è passato con simpatica disinvoltura per Irene
Grandi, tanto che la manifestazione appenninica Sentieri acustici, che ieri sera, al palazzetto dello sport di
Bardalone ha inaugurato la sua nuova edizione, le ha concesso gli onori, ma
anche, perché no, gli oneri, dell’ouverture.
E lei, fiorentina ad origine controllata, ma con qualche
parente nato e ingentilitosi proprio lungo le verdi pendici pistoiesi – parenti
che le hanno sempre ricordato l’infanzia e la spensieratezza, dunque i sogni –,
ha deciso di accettare l’invito formulatole da Riccardo Tesi, la mente oscura,
ma visibilissima, della manifestazione, e si è presentata per raccontare e
raccontarsi e, con la discreta folta platea presente, per ricordare.
Il tempo è passato con simpatica disinvoltura, ho detto,
perché l’ho vista due volte, in questi ultimi 23 anni, Irene Grandi, quando l’ho
conosciuta, nel 1989, voce dei Goppion’s, gruppo di cover rock, che si
divertiva e faceva divertire. Non so se all’epoca del nostro incontro,
professionale, beninteso, la scapigliata monella viola avesse in mente, un
giorno, di presentarsi con una collaboratrice e disquisire sui rimpianti
appenninici, costellati però dalla sua personalissima felicità, come accordo
non musicale e raccordo sonoro tra quello che è stato finora e quello che si
dovrà fare, o meglio, si dovrebbe.
Rispetto alle esibizioni al Cencio’s, Tito’s e altri nobili
sottoscala dell’hinterland Pistoia-Prato-Firenze, Irene Grandi è solo aumentata
un paio di chili, che non la hanno affatto appesantita, ma ingentilita,
facendole perdere la ruggine dell’adolescenza, ma lasciandole intatto, sul
viso, il sorriso con il quale mi strinse, la prima volta, la mano.
E poi è riuscita a ritagliarsi il suo dignitosissimo spazio,
non solo discografico, con tanto di fan club sparsi per la penisola e
attestandosi, nell’era delle registrazioni, come una delle voci più vere e meno
frivole che il convento impoverito della musica italiana possa passare al
commercio.
Anche la voce le si è addomesticata al tempo, che è
inesorabilmente trascorso per lei come per tutti quelli che le stanno attorno;
una pasta rock, un po’ roca, ma è quella che riesce ancora a distinguerla tra
le tante trombe che squillano, certe volte fino a stridere, poderosamente,
sulle frequenza radio.
I sentieri acustici sono aperti: ora è tempo di illuminarli.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto (di Luigi Scardigli): tre immagini di Irene Grandi; una
con Riccardo Tesi.
[Giovedì 23 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]
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