giovedì 23 agosto 2012

IRENE GRANDI. RACCONTARE E RACCONTARSI PER RICORDARE

di Luigi Scardigli

BARDALONE-MONTAGNA. Il tempo è passato con simpatica disinvoltura per Irene Grandi, tanto che la manifestazione appenninica Sentieri acustici, che ieri sera, al palazzetto dello sport di Bardalone ha inaugurato la sua nuova edizione, le ha concesso gli onori, ma anche, perché no, gli oneri, dell’ouverture.

E lei, fiorentina ad origine controllata, ma con qualche parente nato e ingentilitosi proprio lungo le verdi pendici pistoiesi – parenti che le hanno sempre ricordato l’infanzia e la spensieratezza, dunque i sogni –, ha deciso di accettare l’invito formulatole da Riccardo Tesi, la mente oscura, ma visibilissima, della manifestazione, e si è presentata per raccontare e raccontarsi e, con la discreta folta platea presente, per ricordare.
Il tempo è passato con simpatica disinvoltura, ho detto, perché l’ho vista due volte, in questi ultimi 23 anni, Irene Grandi, quando l’ho conosciuta, nel 1989, voce dei Goppion’s, gruppo di cover rock, che si divertiva e faceva divertire. Non so se all’epoca del nostro incontro, professionale, beninteso, la scapigliata monella viola avesse in mente, un giorno, di presentarsi con una collaboratrice e disquisire sui rimpianti appenninici, costellati però dalla sua personalissima felicità, come accordo non musicale e raccordo sonoro tra quello che è stato finora e quello che si dovrà fare, o meglio, si dovrebbe.
Rispetto alle esibizioni al Cencio’s, Tito’s e altri nobili sottoscala dell’hinterland Pistoia-Prato-Firenze, Irene Grandi è solo aumentata un paio di chili, che non la hanno affatto appesantita, ma ingentilita, facendole perdere la ruggine dell’adolescenza, ma lasciandole intatto, sul viso, il sorriso con il quale mi strinse, la prima volta, la mano.
E poi è riuscita a ritagliarsi il suo dignitosissimo spazio, non solo discografico, con tanto di fan club sparsi per la penisola e attestandosi, nell’era delle registrazioni, come una delle voci più vere e meno frivole che il convento impoverito della musica italiana possa passare al commercio.
Anche la voce le si è addomesticata al tempo, che è inesorabilmente trascorso per lei come per tutti quelli che le stanno attorno; una pasta rock, un po’ roca, ma è quella che riesce ancora a distinguerla tra le tante trombe che squillano, certe volte fino a stridere, poderosamente, sulle frequenza radio.
I sentieri acustici sono aperti: ora è tempo di illuminarli.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto (di Luigi Scardigli): tre immagini di Irene Grandi; una con Riccardo Tesi.
[Giovedì 23 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]

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