venerdì 24 agosto 2012

LANCE ARMSTRONG. GLI EROI DI CARTA E DI CRETA

di Luigi Scardigli

Cade, sbriciolandosi come una statuina di creta, un altro mito dello sport.
L’invincibile Lance Armstrong, il ciclista texano che per sette volte consecutive ha indossato, ai Campi Elisi, la maglia gialla di primo della classe al Tour de France, ha pubblicamente dichiarato di non volersi più difendere dalle infamanti accuse di doping: e i dubbi, che fino a ieri avevano velato le sue sette memorabili imprese, improvvisamente, si son fatti realtà.

D’accordo, non ha detto di essersi dopato, Lance, come in molti, soprattutto tra i suoi avversari, in particolar modo quelli giunti secondi, in queste sette edizioni, hanno sempre pensato e detto, anche se a denti strettissimi. Ma decidere di non volersi più difendere e arrendersi ad una cosa così mortificante per uno sportivo, come quella di essere accusato di aver falsato, chimicamente, la potenza, la forza e la resistenza, per un campione, anzi, per un eroe, è forse peggiore di una confessione.
Il problema, ora, sarà quello di cancellare il nome del ciclista statunitense – che iniziò ad andare a velocità supersoniche dopo essere riuscito a vincere una gravissima malattia che gli aveva colpito i testicoli –, dall’albo d’oro del giro francese nel settennio del suo dominio e sostituirlo con quelli che giunsero alle sue spalle, salvo poi dover procedere ad un’ulteriore ripulitura se anche con i secondi si dovessero scoprire irregolarità ematiche.
Aveva proprio ragione un grande predecessore di Lance, Gino Bartali, Ginettaccio, che più di una volta disse, e non solo quando dovette inchinarsi all’amico-rivale Fausto Coppi, gl’è tutto sbagliato, gl’è tutto da rifare!

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[Venerdì 24 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]

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