di Luigi
Scardigli
AGLIANA. La foto che ho scelto per rappresentare Discorso alla Nazione pensato, non
scritto, diretto e interpretato da Ascanio Celestini ieri sera al Moderno di
Agliana, non è, né vuol essere, una foto alternativa,
né tanto meno un’afoto: ho solo
rispettato le sue richieste (no flash, per favore), ma ho soprattutto pensato
che al suo posto, nonostante non ci potesse essere che lui, Ascanio Celestini,
ci sarebbe potuto essere, anzi, ci sarebbe dovuto essere chiunque altro, mosso,
esattamente, dalla medesima coscienza critica.
Ascanio Celestini infatti non è un attore, non è uno
scrittore, non è un regista, né uno sceneggiatore: Ascanio Celestini è pura e
semplice ragion pura – e non me voglia il buon vecchio Kant –, sulla quale innesta quel briciolo, straordinario e
infantile, fino alla balbuzie emotiva, di arte, pura, cristallina, esemplare,
che ormai gli appartiene per censo e per abitudine, ma solo perché passa più
tempo sul palcoscenico, che no; anzi, il vero palcoscenico di Ascanio è la
strada e le sue urla, i viali e le sue distrazioni, le sue violenze, sono le
piazze piene di gente sorda che non riesce a sentire, né a percepire, il
proprio strazio; il palcoscenico preferito da Ascanio Celestini, l’unico
palcoscenico che Ascanio Celestini conosce e che può raggiungere anche al buio,
come il bagno delle nostre abitazioni, di notte, richiamati da un’esigenza
fisiologica irrimandabile, è l’insostenibile pesantezza del non essere.
Discorso
alla Nazione è un manifesto apologetico appena
accennato, sussurrato, suggerito; è un attacco frontale alla chiesa, alla macro
economia, all’assurdo che regola ormai tre quarti dell’universo, ma anche e
soprattutto un’accusa, senza alibi, né avvocati, nemmeno d’ufficio, alla
sinistra, che ha assistito, inerme, inerte, complice e correa, alla disfatta
umana in nome di un capitalismo che serve a pochissimi a scapito di quasi
tutti.
Non ha riti scaramantici, Ascanio Celestini, che è salito
sul palco, arricchito da una
seggiolina da giardino e un microfono, passando tra la platea e non certo per
farsi incoronare.
Ci è salito vestito nello stesso identico modo (come un
pittore francese) con il quale, nel pomeriggio, ieri aveva incantato, con una
serie di banalissime verità, il pubblico della libreria Lo Spazio: non ci sono effetti speciali, non ci sono
sovrastrutture, non ci sono piani semantici estranei alla pura e semplice
comprensione didattica; sì, c’è dell’ironia, ma quella è un po’ inglese e
ormai, la lingua anglosassone, la sanno ovunque, fuorché da noi.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli. La scenografia dello spettacolo di
Ascanio Celstini.
[Domenica 2 dicembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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