di Luigi Scardigli
Ora sarà il caso di spegnere lo stereo,
staccare gli altoparlanti e fermarsi a pensare un po’.
A domenica prossima, quando a Pistoia
si deciderà chi tra i quattro candidati che si presentano alle primarie del
centro-sinistra avrà l’onore e l’onere di guidare la coalizione alle elezioni
di aprile – una pura formalità, queste ultime, ma solo per l’indignante
atteggiamento del centro-destra,
al limite della sopportazione sociale, più che
politica, un aplomb soporifero e narcotizzato che indignerebbe chiunque,
fuorché i pistoiesi, parrebbe poter concludere.
Scrivo dopo aver assistito all’ultima
uscita pubblica, ultima prima delle votazioni di domenica, di Roberto Bartoli,
ieri sera, al piccolo teatro Bolognini, accompagnato, nella sua ultima
illustrazione-propaganda, da tre relatori d’eccezione, due gradevolissimi e
arguti saltimbanchi e una band tra le più conosciute e stimate in città, il
tutto presentato da una valletta particolarmente gradita, Antonella Cotti, viso
noto del Pd.
I suonatori erano i Tarabaralla;
i jocker, Mauro Pompei e Massimo Talone, che non hanno nemmeno stavolta potuto
fare piacevolmente a meno, entrambi, di evidenziare i rispettivi originari
trascorsi capitolini, mentre i tre relatori sono stati Simona Laing, Federico Gelli
e Ermete Realacci.
Tre testimoni d’eccezione ed
eccezionali, che hanno spartito, condiviso e deciso di sponsorizzare le ultime
visionarie illuminazioni di Roberto Bartoli, non solo il volto, ma soprattutto
l’andatura, nuova, della politica della città. Da tre punti di vista diversi ma
convergenti: uno attiguo, interno al Pd (Simona Laing); uno esterno alla città,
ma diviso e condiviso politicamente (Federico Gelli); uno fisicamente lontano,
ma culturalmente successivo o precedente, come preferite (Ermete Realacci).
Dalle mura di Cino al Granducato fino
ad arrivare a Roma, passando per una (ri)qualificazione cittadina, che si
imponga in Toscana e che diventi faro e prua di nuova navigazione.
Il triangolo sponsoristico, ieri sera,
è stato questo, con una Laing emozionata a dover caldeggiare pubblicamente
Roberto Bartoli, compagno di viaggio di questa esperienza che non potrà
comunque non lasciare segni indelebili, perché, improvvisamente, qualcuno ha
deciso di trasformare in azione il malcontento sussurrato, lamentato,
piagnucolato; con un Federico Gelli che ha ricordato come prima di Bartoli,
qualcuno, in una realtà assai più complicata e controversa come lo è Firenze,
si è permesso il lusso e si è preso la briga di scompigliare le carte non
soffiando da fuori, ma mescolandole dal tavolo attorno al quale era seduto
(Renzi), dando alla città, improvvisamente, un volto nuovo; fino ad Ermete
Realacci, che è partito da lontano, molto lontano, nel proprio excursus
morale e politico, citando la bellezza e la ricchezza di una terra, quella
pistoiese, che nonostante la crisi cosmica continua a veder crescere il proprio
fatturato d’esportazione, esaltando la lettura del lavoro e dell’occupazione
equosolidale del Bartoli per poi chiudere l’intervento con un vecchio adagio
africano: «Se vuoi andare veloce, corri da solo; se vuoi andare lontano,
viaggia insieme agli altri».
A proposito di viaggio, mi sento in
dovere di chiudere spendendo due parole, solo due, sul navigatore di Roberto
Bartoli: Annalisa, la moglie. In fondo al teatro gremito, lontano dal cono di
luce dei riflettori, lontano dalle congratulazioni, dagli incitamenti, dalle
solidarietà – alcune apparenti, ne son convinto –, dagli entusiasmi (ce ne saranno anche di troppo facili),
da sola, appoggiata con le spalle alla parete della sala, in piedi, pronta ad
applaudire orgogliosamente i raccolti del marito, certo, ma anche e soprattutto
a continuare a portare avanti quel meraviglioso progetto che si chiama
famiglia, assai più complicato che dirigere una città, come se nulla fosse,
qualora il sogno dovesse bruscamente interrompersi, tra soli sette giorni.
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Foto di Andrea Mati.
Foto di Andrea Mati.
[Lunedì 23 gennaio 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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