di Valentino
Durante
«Ma chi sono veramente questi “dissidenti”? Da dove nasce la loro
opposizione e che senso ha? In che cosa consiste il senso di quelle “iniziative
indipendenti” su cui i “dissidenti” si aggregano e che reali chance hanno
queste iniziative? Possono, in definitiva, cambiare qualcosa?»
Queste parole, pronunciate prima del 1989 da Vaclav Havel, mi sono
tornate in mente, prepotentemente, nei giorni scorsi, mentre il filo della
campagna per le primarie per il prossimo sindaco della nostra città cominciava
a tratteggiare in modo sempre più
compiuto il profilo dell’unica, grande,
questione a cui tutti noi siamo confrontati e non da oggi. Il nodo che anche
noi dovremo, in parte, contribuire a sciogliere con il voto di domenica
prossima è sostanzialmente uno solo, e può ridursi a questa sola, enigmatica,
parola: cambiare.
Sono ben consapevole, infatti, che il termine “cambiamento” sia,
per sua stessa natura, un termine generico e che, molto spesso, incuta in tutti
noi molta più paura che speranza. Mai come oggi, però, la necessità di cambiare
prospettiva, modificare le nostre parole d’ordine, i nostri schemi e i nostri
punti tradizionali d’orientamento non costituisce soltanto un imperativo
morale, ma una risposta concreta a quella crisi economica e politica che sta
attraverso tutto il nostro Paese ed anche la nostra stessa città.
Vaclav Havel |
Se vogliamo davvero provare a restituire fiducia, merito e
competitività al nostro vivere insieme, allora non possiamo continuare a fare
tutto come prima. E non possiamo nemmeno continuare ad affidarci soltanto a
coloro che, bene o male, sono già stati i protagonisti di una lunghissima
stagione politica e di un certo modo di concepire la politica. Di quel modo,
cioè, di intendere la cosa pubblica e le pratiche discorsive intorno ad essa
che ha finito per generare quell’enorme macigno che grava sul futuro di tutti
noi e che prende il nome di: debito pubblico.
Questa è la sfida.
E per vincerla ci vorranno coraggio e costanza. Aggiornando
costantemente le nostre parole, le nostre pratiche e le ricette, che non
potranno più essere somministrate con i farmaci di ieri.
E ci vorranno consenso e credibilità, riallacciando pazientemente
quel sottile filo che unisce la parola “noi” a coloro che sono, di volta in
volta, chiamati a rappresentarci nelle istituzioni.
Questo è un compito che spetta anche alla sinistra. Perché la
crisi di sistema che percorre l’Italia come la Toscana, e attraversa anche la
città di Pistoia, non è frutto soltanto del governo della destra, ma di un modo
di governare cui pure la sinistra ha contribuito in più occasioni e a più
livelli.
Dobbiamo cambiare. Ed oggi abbiamo, nel nostro piccolo, una
possibilità in più.
Il Partito Democratico di Pistoia presenta alle prossime primarie
due candidati, sebbene in modo artificioso si tenda ad avvalorare l’idea che
uno dei candidati sia “ufficiale” e l’altro un “passante” o un “dissidente”
che, per caso o per grazia ricevuta, goda del consenso di centinaia di iscritti
… e di moltissimi, moltissimi, cittadini.
La differenza è un’altra. E di tutt’altro tenore. Il primo
candidato è il candidato del potere tradizionale che, legittimamente, tende ad
autoconservare se stesso e, con sé, l’esistente; il secondo, invece, è il
candidato che si richiama al “potere dei senza potere”, a coloro, cioè, che,
altrettanto legittimamente, la pensano diversamente e vorrebbero cambiare lo
stato delle cose.
La scommessa è questa.
Tra ciò che abbiamo già visto e ciò che dovremo, tutti insieme,
provare ad immaginare di nuovo; tra ciò che conferma quanto sussiste già e ciò
che prova a costruire un nuovo percorso di crescita; tra ciò che si vuole come
“regola” e ciò che vuole riformare le ”regole”.
Roberto Bartoli, con coraggio e con costanza, ha mostrato nel
corso della sua attività di consigliere comunale e di membro dei Democratici di
essere un pensiero libero e ostinatamente fondato sul perché. Questo non vuol
dire che abbia sempre avuto ragione, ma che ha sempre cercato di motivare, nel
merito, le scelte che ha dovuto compiere.
Può non essere sufficiente, ma dimostra l’esistenza di una via che
si chiama, molto semplicemente, credibilità.
Molte delle sue scelte non sono state facili e lo hanno portato,
in certe occasioni, ad essere addirittura additato come un “folle”. Ebbene: può
darsi allora che la “follia” possa essere, a volte, sintomo di fame di
cambiamento e di nuove opportunità.
Non so cosa farete voi, domenica prossima. Io voterò per Roberto.
E, pur rispettando profondamente qualunque sia la vostra scelta, mi permetto,
però, di suggerirvi una possibilità per provare a cambiare davvero: siate
affamati, siate folli.
***
Pubblico molto volentieri questo ponderatissimo
intervento di Valentino Durante, anche perché corrisponde, e aderisce
perfettamente, al mio modo di vedere le cose e alle mie aspettative – forse poche
e residuali, data l’età – di futuro.
Tutti sanno che io non sono Pd.
Tutti sanno che io non voto a Pistoia.
Eppure, lo dico e lo sottoscrivo, se
votassi a Pistoia, io voterei Bartoli: e senza alcun ripensamento o incertezza,
perché apprezzo i folli, come mi ha insegnato – e l’ho scritto anche
altrove – quel folle di Platone, facendo parlare un Socrate che analizza
i doni che ci vengono dalla divina follia.
Bartoli è folle perché, come acutamente
scrive Durante, è «un pensiero libero e ostinatamente fondato sul perché», cosa
che, a mio avviso, non solo non è Bertinelli, ma tantomeno lo sono gli altri aspiranti-candidati
– e nei prossimi giorni proverò a dire perché, a spiegarmi.
Durante mi ha scritto anche con queste
parole:
Gentile Direttore --
Gentile Professor Bianchini --
Le sarei molto grato se potesse dare
comunicazione e pubblicazione integrale al testo della lettera aperta che
troverà in allegato.
È difficile, data la attuale struttura
degli spazi giornalistici, che vi sia accoglienza dei testi appena più lunghi
di un “si” o “no”, ma ci sono ancora persone che provano a dire perché e a non
limitarsi a schierarsi. E questo mi permetto di scriverlo a Lei, avendo
osservato, non da oggi, il differente approccio tenuto dalla sua pubblicazione.
La ringrazio sinceramente per l’attenzione
e la sua collaborazione e Le auguro buon lavoro.
Valentino Durante
Ho voluto metterle, queste parole, in
coda alla sua richiesta: perché, se le avessi sistemate in testa, avrebbero
turbato la perfetta e lineare lettura diretta del suo testo, che va
centellinato senza distrazioni e gustato senza strappi.
Un testo che, a mio avviso, è, davvero,
il distillato di pensiero di un democratico sinceramente nuovo e in assoluta
linea con il momento storico che stiamo purtroppo vivendo.
Lo ringrazio, perciò, della fiducia che
mi ha riservato e della stima che – è inutile dirlo – ricambio pienamente, dato
che anche lui mi sembra (e in qualcosa, perciò, mi assomiglia) «un pensiero
libero e ostinatamente fondato sul perché», che in questa pubblicazione avrà
sempre diritto di accoglienza e di cittadinanza.
Edoardo Bianchini
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[Martedì 24 gennaio 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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