martedì 24 gennaio 2012

IL POTERE DEI SENZA POTERE. PERCHÉ VOTERÒ PER ROBERTO


di Valentino Durante

«Ma chi sono veramente questi “dissidenti”? Da dove nasce la loro opposizione e che senso ha? In che cosa consiste il senso di quelle “iniziative indipendenti” su cui i “dissidenti” si aggregano e che reali chance hanno queste iniziative? Possono, in definitiva, cambiare qualcosa?»
Queste parole, pronunciate prima del 1989 da Vaclav Havel, mi sono tornate in mente, prepotentemente, nei giorni scorsi, mentre il filo della campagna per le primarie per il prossimo sindaco della nostra città cominciava a tratteggiare in modo sempre più
compiuto il profilo dell’unica, grande, questione a cui tutti noi siamo confrontati e non da oggi. Il nodo che anche noi dovremo, in parte, contribuire a sciogliere con il voto di domenica prossima è sostanzialmente uno solo, e può ridursi a questa sola, enigmatica, parola: cambiare.
Sono ben consapevole, infatti, che il termine “cambiamento” sia, per sua stessa natura, un termine generico e che, molto spesso, incuta in tutti noi molta più paura che speranza. Mai come oggi, però, la necessità di cambiare prospettiva, modificare le nostre parole d’ordine, i nostri schemi e i nostri punti tradizionali d’orientamento non costituisce soltanto un imperativo morale, ma una risposta concreta a quella crisi economica e politica che sta attraverso tutto il nostro Paese ed anche la nostra stessa città.
Vaclav Havel
Se vogliamo davvero provare a restituire fiducia, merito e competitività al nostro vivere insieme, allora non possiamo continuare a fare tutto come prima. E non possiamo nemmeno continuare ad affidarci soltanto a coloro che, bene o male, sono già stati i protagonisti di una lunghissima stagione politica e di un certo modo di concepire la politica. Di quel modo, cioè, di intendere la cosa pubblica e le pratiche discorsive intorno ad essa che ha finito per generare quell’enorme macigno che grava sul futuro di tutti noi e che prende il nome di: debito pubblico.
Questa è la sfida.
E per vincerla ci vorranno coraggio e costanza. Aggiornando costantemente le nostre parole, le nostre pratiche e le ricette, che non potranno più essere somministrate con i farmaci di ieri.
E ci vorranno consenso e credibilità, riallacciando pazientemente quel sottile filo che unisce la parola “noi” a coloro che sono, di volta in volta, chiamati a rappresentarci nelle istituzioni.
Questo è un compito che spetta anche alla sinistra. Perché la crisi di sistema che percorre l’Italia come la Toscana, e attraversa anche la città di Pistoia, non è frutto soltanto del governo della destra, ma di un modo di governare cui pure la sinistra ha contribuito in più occasioni e a più livelli.
Dobbiamo cambiare. Ed oggi abbiamo, nel nostro piccolo, una possibilità in più.
Il Partito Democratico di Pistoia presenta alle prossime primarie due candidati, sebbene in modo artificioso si tenda ad avvalorare l’idea che uno dei candidati sia “ufficiale” e l’altro un “passante” o un “dissidente” che, per caso o per grazia ricevuta, goda del consenso di centinaia di iscritti … e di moltissimi, moltissimi, cittadini.
La differenza è un’altra. E di tutt’altro tenore. Il primo candidato è il candidato del potere tradizionale che, legittimamente, tende ad autoconservare se stesso e, con sé, l’esistente; il secondo, invece, è il candidato che si richiama al “potere dei senza potere”, a coloro, cioè, che, altrettanto legittimamente, la pensano diversamente e vorrebbero cambiare lo stato delle cose.
La scommessa è questa.
Tra ciò che abbiamo già visto e ciò che dovremo, tutti insieme, provare ad immaginare di nuovo; tra ciò che conferma quanto sussiste già e ciò che prova a costruire un nuovo percorso di crescita; tra ciò che si vuole come “regola” e ciò che vuole riformare le ”regole”.
Roberto Bartoli, con coraggio e con costanza, ha mostrato nel corso della sua attività di consigliere comunale e di membro dei Democratici di essere un pensiero libero e ostinatamente fondato sul perché. Questo non vuol dire che abbia sempre avuto ragione, ma che ha sempre cercato di motivare, nel merito, le scelte che ha dovuto compiere.
Può non essere sufficiente, ma dimostra l’esistenza di una via che si chiama, molto semplicemente, credibilità.
Molte delle sue scelte non sono state facili e lo hanno portato, in certe occasioni, ad essere addirittura additato come un “folle”. Ebbene: può darsi allora che la “follia” possa essere, a volte, sintomo di fame di cambiamento e di nuove opportunità.
Non so cosa farete voi, domenica prossima. Io voterò per Roberto. E, pur rispettando profondamente qualunque sia la vostra scelta, mi permetto, però, di suggerirvi una possibilità per provare a cambiare davvero: siate affamati, siate folli.

***
Pubblico molto volentieri questo ponderatissimo intervento di Valentino Durante, anche perché corrisponde, e aderisce perfettamente, al mio modo di vedere le cose e alle mie aspettative – forse poche e residuali, data l’età – di futuro.
Tutti sanno che io non sono Pd.
Tutti sanno che io non voto a Pistoia.
Eppure, lo dico e lo sottoscrivo, se votassi a Pistoia, io voterei Bartoli: e senza alcun ripensamento o incertezza, perché apprezzo i folli, come mi ha insegnato – e l’ho scritto anche altrove – quel folle di Platone, facendo parlare un Socrate che analizza i doni che ci vengono dalla divina follia.
Bartoli è folle perché, come acutamente scrive Durante, è «un pensiero libero e ostinatamente fondato sul perché», cosa che, a mio avviso, non solo non è Bertinelli, ma tantomeno lo sono gli altri aspiranti-candidati – e nei prossimi giorni proverò a dire perché, a spiegarmi.
Durante mi ha scritto anche con queste parole:

Gentile Direttore --
Gentile Professor Bianchini --
Le sarei molto grato se potesse dare comunicazione e pubblicazione integrale al testo della lettera aperta che troverà in allegato.
È difficile, data la attuale struttura degli spazi giornalistici, che vi sia accoglienza dei testi appena più lunghi di un “si” o “no”, ma ci sono ancora persone che provano a dire perché e a non limitarsi a schierarsi. E questo mi permetto di scriverlo a Lei, avendo osservato, non da oggi, il differente approccio tenuto dalla sua pubblicazione.
La ringrazio sinceramente per l’attenzione e la sua collaborazione e Le auguro buon lavoro.
Valentino Durante

Ho voluto metterle, queste parole, in coda alla sua richiesta: perché, se le avessi sistemate in testa, avrebbero turbato la perfetta e lineare lettura diretta del suo testo, che va centellinato senza distrazioni e gustato senza strappi.
Un testo che, a mio avviso, è, davvero, il distillato di pensiero di un democratico sinceramente nuovo e in assoluta linea con il momento storico che stiamo purtroppo vivendo.
Lo ringrazio, perciò, della fiducia che mi ha riservato e della stima che – è inutile dirlo – ricambio pienamente, dato che anche lui mi sembra (e in qualcosa, perciò, mi assomiglia) «un pensiero libero e ostinatamente fondato sul perché», che in questa pubblicazione avrà sempre diritto di accoglienza e di cittadinanza.
Edoardo Bianchini
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[Martedì 24 gennaio 2012 – © Quarrata/news 2011]

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