venerdì 27 gennaio 2012

PRIMARIE PD. GIOVANI E VECCHI


La chiusura della campagna elettorale delle primarie e la lettera di Valentino Durante, che ho pubblicato il 24 gennaio (vedi), mi spingono a riflettere sui quattro candidati e a illustrare, ai lettori che sono ogni giorno di più, la sintesi del mio personale punto di vista.

Anche se la modernità parte dall’affermazione che “tutti gli uomini nascono uguali”, non è affatto vero – come ha sostenuto Bartoli di recente  – che essi siano realmente uguali per tutto il percorso che è loro dato da vivere: gli uomini nascono nuovi, ma spesso si vecchificano per via. E anche fra i candidati a sindaco ci sono dei vecchificati.
Chi sono i vecchificati? Quelli – credo – che temono la novità.
I nuovi sono invece quelli che, pur da vecchi, sono dei 15enni con un Dna che – come ha scritto Durante – rinnova ogni giorno le sue catene e le sue strutture in «un pensiero libero e ostinatamente fondato sul perché».
Roberto Bartoli, Samuele Bertinelli, Alberto Niccolai e Cecilia Turco appaiono oggi rigorosamente in ordine alfabetico su La Nazione. Ma anche tra loro ci sono – come in tutte le cose e le case – il nuovo e i vecchi.
Roberto Bartoli non ha avuto paura di niente.
Ha preso il toro per le corna e si è gettato in pista con un’apparente (e lo sottolineo) estemporaneità, che ha spiazzato tutti: a partire dalla nomenklatura del Pd, che all’inizio gli ha chiesto ‘gentilmente’ di ritirarsi e di lasciare il posto a chi di dovere – vale a dire all’uomo dell’apparato: senza fare nomi, Bertinelli.
Bartoli non lo ha fatto ed è continuato ad andare dritto per la sua strada. Segno, indubbio, di novità, e non di conservazione della vecchia ideologia dell’io mi rimetto alla decisione del partito in assoluta obbedienza.
Lui non soffre della sindrome di Garibaldi: non dice necessariamente obbedisco! Per questo è giovane e nuovo.
Samuele Bertinelli, pur giovane, è sempre stato molto ligio alle regole dettate dalle strutture. È per questo che non c’è affatto dispiaciuto definirlo ‘funzionario del partito’, piuttosto che – come qualcuno dei suoi avrebbe voluto – libraio. È ed è stato un lealista. È riuscito a stare buono finora, in un angolo – come scrisse agli inizi Luigi Scardigli –, in attesa di un ‘richiamo alla mensa del padre’. E sembrava avercela fatta senza troppa fatica, se Bartoli non avesse scatenato il finisterre, mettendo tutti a disagio e in crisi.
Perché non ho stima di Bertinelli, signori elettori di Pistoia?
Perché Samuele non ha mai lasciato una sbavatura, neppure una volta, fuori delle righe: il che significa che, prima di prendere qualsiasi decisione, prima di pronunciare qualsiasi forma di pensiero autonomo, ha bisogno di sentire la gerarchia e la struttura. E di sentirsi al sicuro.
Con un sindaco come lui verrà mai presa una decisione istantanea come a volte lo richiede la politica? O si dovrà aspettare una concertazione che potrebbe diventare perfino un’agonia?
Bertinelli non vuole sbagliare, sembra. Mai.
E lì, perdonate, fa intravedere una sua forma di presunzione implosa che lo rende poco umano: ecco perché Ballotti lo ricoprì di strali acuminati con le sue battutine acide sul ridere e sul parlare come srotolando la carta Regina (e mi perdonino i suoi sostenitori, ma anch’io ha diritto di avere le mie opinioni).
Per questi motivi non è né giovane e né nuovo, anche se sa parlare bene e scrive a Bersani e si appende al braccio di Enrico Rossi.
Alberto Niccolai sembra il più timido e arrendevole di tutti. A volte rasenta il surreale. Chissà, poi, se sarà vero. E chissà perché, in tutto il baccano che si è scatenato, lui se ne sta in un angolo, pur se, fin da quando La Nazione lo visitò a casa, nel privato, fece capire, primo fra tutti, che avrebbe voluto correre per la poltrona di primo cittadino. Non sarà mica vero, veramente, che corre per coprire il fianco della signora Turco?
È il meno trasparente, direi. Il meno interfacciato con l’esterno. È difficile leggerlo bene in controluce: dà quindi l’idea di una certa stanchezza di fondo, un po’ ‘anziana’.
Ecco perché, anche lui, non appartiene alle categorie del giovane e del nuovo.
Cecilia Turco, a dispetto di tutto e di tutti, ha aspettato a muoversi.
Prima ha preso un ceffone dal Pd (anche a lei fu detto di levarsi di torno), ma poi ha recuperato, si direbbe, assai bene, a marce forzate. Non è, però, una novellina né una promessa. È molto gettonata, questo sì. E ha una base solida anche in Curia: ma, proprio perché sembra voluta da forze diverse, eterogenee e per certi aspetti contrastanti, dà l’idea di essere un po’, anche lei, come dire?, una contraddizione.
Già ieri avevo messo in risalto lo stridore fra la sua dichiarata laicità e la sua cattolicità. Poi ho rivisto un suo video, quello in cui parla delle bellezze del turismo, di Sant’Andrea e del pulpito del Pisano.
E divertendomi a fare il mentalista come il candidato Niccolai – ma con molti meno rischi, perché io non sono un politico, nemmeno aspirante –, più che ascoltare le sue parole, ho seguìto il suo sguardo (distratto in ogni direzione) e la gestualità della sua mano sinistra mentre parlava. E, ahimè, la prognosi non mi è sembrata particolarmente fausta per lei, che pure è donna di polso e di volontà e bene abituata a parlare dinanzi ai giudici – o almeno così si presenta. Troppe incertezze in quel pollice che si nascondeva nervosamente nel palmo della mano.
Mi sono allora venuti in mente anche altri particolari, compresa la dichiarazione pregiudiziale di voler stare “dalla parte degli umili”, cosa di cui non sono particolarmente  convinto se penso – e mi perdoni la candidata – ai nomi degli imputati che difende e ai reati che patrocina.
Non si venga a dirmi – per favore – che sono scorretto perché entro in particolari irrilevanti in quanto ‘privati’ o, per così dire, professionali: nelle primarie – che si ispirano alla grande America – tutto fa brodo (direbbe Chiambretti), specie il privato, nell’analisi dei candidati che si scontrano e si danno battaglia.
Pretendere assolutamente il politically correct solo perché la sinistra, qui come altrove, è più borghese della borghesia, mi pare davvero troppo, anche per una città e un partito (il Pd, appunto) più formali che se fossero conservati in formalina.
La candidata Turco dichiara (vedi) che per un avvocato difendere un imputato è come per un medico dover togliere un proiettile dalle viscere di un delinquente per salvargli la vita.
Lo ha fatto, la Turco, con le donne colpite da tumore dell’area dell’inceneritore, una mattina, durante un’udienza nel processo Tibo-Capocci: ma – mi viene da dire – tutto questo è troppo scaltro e giustificante. Anche per un avvocato capace come lei: perché forse dovrebbe soffermarsi pure su un’altra considerazione, e cioè sul fatto che salvare la vita è molto di più che difendere; e che un patrono non è tenuto a prendere comunque le difese di tutti “a prescindere”: come del resto il medico, in altre situazioni, può avanzare obiezione di coscienza. E potrò anche sbagliarmi, ma – la candidata mi perdoni nella mia presuntuosa ignoranza – io la vedo e la penso così. Peraltro si sente dire (e dica lei se è vero o no) che è stata anche consulente del Comune di Pistoia: e non fra i più modesti quanto a parcelle – particolare, questo, non del tutto senza peso e senza senso.
Appare, dunque, piuttosto bene inserita nella mentalità comune e corrente di una borghesia di ampio e sicuro benessere: non sembra perciò partecipare alle categorie mentali del giovane e del nuovo.
Ciò detto e premesso – malignamente come farebbe un cronista-commentatore americano: cosa che è molto sgradita a questa città e alla sua Weltanschauung bacchettona e spesso repressiva e moralisticamente punitiva – le ultime considerazioni sui candidati vanno fatte anche su certe loro scelte apparentemente invisibili o suscettibili di sfuggire agli occhi dei più.
Intendo dire su quali mezzi i candidati hanno scelto per parlare alla gente e per rendersi visibili.
Tutti, tranne Bartoli, si sono orientati solo verso i mezzi tradizionali: i giornali strutturati, Tvl compresa. Bartoli ha, invece, scelto anche il resto. E nel resto va messo  Quarrata/news, insopportabile per chi ha una mentalità ‘anziana’– o, se preferite, vecchia e sorpassata.
Tre dei candidati – tanti davvero – hanno preferito il vecchio canale informativo senza capire che la forma del blog e della testata anomala (non il proprio blog che ha un’importanza limitata, perché proprio; ma organi d’informazione come Quarrata/news, vera informazione, ma diversificata) è il vero, indiscusso futuro dell’informazione: perché arriva prima; perché arriva subito e perché colpisce, miratamente, chi non è un lettore qualunque, ma il ‘nuovo’ lettore che, nella complessità della vita attuale, non può stare a sfogliare e non può aspettare fino a domani: professionisti, intellettuali, imprenditori, giovani e non solo, che ormai si informano così e non più con la carta e/o la sola carta.
Bertinelli, Niccolai e Turco hanno volutamente ignorato questa via e, così facendo, si sono sufficientemente connotati: eppure erano democraticamente linkati anche su Quarrata/news; erano a conoscenza dell’esistenza di Quarrata/news; sapevano che, se si fossero relazionati con Quarrata/news, avrebbero avuto risposte coerentemente democratiche, perché nessuna preclusione c’era nei loro confronti: dato che qui non si fanno censure, pur nella libertà che ci spetta di decidere chi ci piace e chi non ci piace.
Ma loro hanno preferito il preconcetto ideologico alla fiducia in se stessi e nel mondo che li circonda: e con cui devono, comunque, fare i conti.
Vecchi, dunque, anche in questo e, grazie a questo: e bene identificabili come tali.
Oggi i quattro candidati chiudono la loro campagna.
E ognuno di loro lo fa appropriatamente, coerentemente e in maniera consona a propria immagine e somiglianza.
Guardate bene.
Roberto Bartoli lo fa in piazza dell’Ospedale vecchio, come se si fosse reso conto – a livello subliminale – che Pistoia ha davvero bisogno di cure radicali per rimettersi in piedi.
Samuele Bertinelli sceglie l’Orange, un Arci che di Arci ha il meno possibile e che, invece, è come una cerebrale casa-madre dell’apparato istituzionale (ne sono soci-frequentatori il Sindaco Berti e la Signora Fratoni). È una scelta, dunque, mentale e ragionata – e come tutti gli intellettualismi sa un po’ di snob e un po’ di conformismo quanto più, oggi, demodé.
Alberto Niccolai festeggia ‘in casa’; fra le mura, per così dire, domestiche. È un intimo, lui. Non si muove dagli àmbiti della dimensione rassicurante di via del Duca: niente squilli di tromba né straordinari rulli di tamburo. Niente fanfare di ottoni roboanti.
Cecilia Turco va, infine, alla grande. Alla grande è sorretta e verso ‘la grande’ si indirizza. Prima è stata a Bottegone con Rossi, e stasera va in piazza Mazzini: che è la piazza di tutti, quella del popolo eterogeneo – e perfino quella che sarebbe dovuta essere, nelle intenzioni di Scipione Dei Ricci, la piazza-madre di Pistoia giansenista, con il suo nuovo duomo – perfino un po’ eretico. Ma consideriamo anche che un po’ di eresia c’è, proprio lì: la candidata raccoglie fin troppi favori e da troppe parti per poter, domani, accontentare tutti in tutte le richieste che potrebbero venir fuori ed essere contrastanti in una contraddittorietà che connota laicità e cattolicesimo.
Sarà, dunque, uno scegliere bene e oculato l’indicarla come possibile prima cittadina?

Votate, Pistoiesi, domenica. Ma soprattutto facendo bene i conti, come politica e vostro interesse richiedono.
Edoardo Bianchini
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[Venerdì 27 gennaio 2012 – © Quarrata/news 2011]

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