di Luigi
Scardigli
Sabato scorso, a Pistoia, intorno alle 4 del pomeriggio, è
morta la signora Anna.
Avrebbe potuto festeggiare, in serata, sul calar del sole e
dell’afa, il suo 88esimo compleanno, chissà.
Invece è morta, stremata, consumata, ma felice.
La chiamo signora Anna, quell’amabile vecchina di via
Nerucci, perché la era veramente una signora, ma anche perché ignoro il cognome
e visto che chi la conosceva sa benissimo di chi stia parlando, il resto delle
generalità contano davvero poco.
Sembrava ne avesse mille, di anni: una leggenda, una favola,
chissà, ma nonostante la vita e le difficoltà le avessero imposto rigori e
privazioni, accentuati da una schiena ricurva e non più raddrizzabile, il
sorriso non se lo è fatto mai mancare, fino alla fine.
I vicini non se ne sono accorti, che è morta. Lo hanno
scoperto la sera, non sentendola cinguettare,
come al solito.
E non si trattava di un’allegria qualsiasi, quella della
signora Anna: in via Nerucci tutti, ma proprio tutti, almeno quelli che abitano
nel primo tratto della strada, non se la potranno dimenticare tanto facilmente:
un po’ per quel viso che pareva una caricatura, con quella voce stridula, ma
incredibilmente simpatica, che la rendeva unica ed inimitabile; ma soprattutto
per la cura e la devozione con le quali teneva pulito quel tratto di via.
Dalla leggera curva sulla sinistra fino all’edicola posta in
mezzo alla strada, per un centinaio di metri abbondante, via Nerucci era un
vero e proprio salone e grazie soltanto alla sua incredibile e infaticabile
devozione: nessuna carta in terra e in particolare, pulitissimo il muro sulla
destra della carreggiata dove sostano abitualmente le vetture dei residenti;
tra le pietre di quel guard-rail
naturale posto chissà quanto tempo fa e da chi, spesso, le erbacce del terreno
attiguo riuscivano ad incunearsi fino a spuntare fuori, ma giusto il tempo che
la signora Anna le scorgesse. Duravano qualche giorno, poi finivano nella
spazzatura, recise con energia dall’allegra ed energica nonnina.
Le famiglie che le hanno vissuto accanto per una vita intera
alimentavano i suoi interessi e le sue passioni igieniche dividendo con la
signora Anna chiacchiere e attenzioni; sotto le feste natalizie, poi, quasi
tutti i vicini le portavano qualcosa; un segno di affetto, di riconoscenza, non
certo per sdebitarsi: le sue cure non avevano prezzo, il suo sorriso meno che
mai.
E nonostante non si trattasse di un professore, per regalarle il mio saluto, che non sentirà mai,
prendo in prestito le parole di un grande poeta, Francesco Guccini, quelle con
le quali chiude, Il pensionato, una
delle sue odi più struggenti.: “… vedremo
visi nuovi, volti dai sorrisi spenti. Piacere, è mio, son lieto, eravate suoi
parenti? E a poco a poco andrà via dalla nostra mente piena; soltanto un’impressione
che ricorderemo appena”.
Addio signora Anna. E grazie. Di tutto.
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[Martedì 14 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]
Complimenti. Bel pezzo !
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