sabato 23 marzo 2013

GASSMAN, UN FANTASTICO RICCARDO DI SHAKESPEARE

di LUIGI SCARDIGLI

Intelligente, istrionico, ironico ma soprattutto professionalmente impeccabile

PISTOIA. È forse uno dei pochi espedienti praticabili, se non l’unico, quello adottato da Alessandro Gassman avvicinandosi a una montagna troppo alta da scalare come è William Shakespeare, per renderlo appetibile e, ve lo assicuro, divertente. Altrimenti, RIII-Riccardo Terzo, sarebbe potuto troppo facilmente essere una fatale immersione nel subcosciente, con il risultato, inevitabile, di creare un torpore tale da sconsigliarne, vivamente, la visione ad un pubblico non matusa.

E invece non ve lo perdete, questo epilogo stagionale del teatro Manzoni, perché anche al cospetto del Dante inglese, ci si può sbizzarrire con estrema e costruttiva disinvoltura, violentando con soave crudeltà il testo originario senza per questo deviarne la traiettoria, ma facendo percorrere alla trama e allo spettatore un percorso oggettivamente sconosciuto, più lungo, ma decisamente piacevole.
È così intelligente, istrionico, ironico ma soprattutto professionalmente impeccabile, Alessandro Gassman – che torna al Manzoni per la terza volta, dopo averci debuttato trent’anni or sono – che è riuscito a trasformare un saggio di storia psichiatrica dell’onnipotenza umana in una favola semiseria, dando alla causticità dell’opera originaria il sapore del surrealismo tridimensionale cinematografico e televisivo – con tanto di titoli di coda sullo schermo – e trasformando il monumentale protagonista in un pacchiano psicotico dei nostri tempi, feroce e sadico, soprattutto nelle sue pieghe più ironiche, impermeabile alle regole e alla convivenza, alle donne e al genere umano tutto, ma irreparabilmente e tragicamente solo, abbandonato, dopo l’ultimo sprezzante affronto, anche dalla madre, anche dalla sorte.
Di questa rappresentazione, però – che stasera (sempre alle ore 21) conoscerà la replica e domenica (alle ore 16) la pomeridiana per i vecchi e profondi conoscitori del teatro –, oltre che rivolgere un applauso equosolidale all’intero cast, occorre partire da alcuni personaggi che ne hanno decretato, con la letale complicità del regista ed ideatore scenico, la meravigliosa sortita: Vitaliano Trevisan, traduttore e adattatore; Marco Schiavoni, videografo; Mariano Tufano, costumista e le musiche, originali e masterizzate, di Pivio & Aldo De Scalzi. Senza il loro deviante satirico consiglio, Alessandro Gassman non avrebbe potuto forse realizzare un’opera di uno spessore così monumentale e rendere al vate britannico una nuova e suggestiva valenza storica e didascalica.
Stravolgere Shakespeare fino a questo punto era davvero opera rischiosa, che correva un’infinità di rischi, a cominciare da quella, più grande e facilmente incontrabile, della presunzione e passando attraverso la destrutturazione dell’impianto o la sua trashissazione. Assolutamente no, invece, perché il gusto onirico del pulp tarantiniano, lo splat cinematografico anni ’70, la religiosa ridicolizzazione di luoghi isolati, ma comuni, del teatro e dei suoi vecchi abitanti, sono stati frullati con vorace parsimonia e rigore sequenziale, con la ciliegina sulla torta del protagonista, che per l’ennesima volta nella sua vita ha voluto gigioneggiare sul proprio aspetto, adonico, ora, ma squilibrato per l’intera adolescenza.
Mandare in onda William Shakespeare affidando la trama e il rigore sintattico ad un eroe diversamente abile, franksteiniano, circondato da un manipolo di servitori stolti e timorosi, da donne capaci solo di maledire e da piani sequenza così fuori da ogni logica narrativa e storica se lo poteva permettere solo e soltanto un genio dell’arte, che si chiama Gassman; è proprio forse nella magìa di quel cognome che risiede la naturale immensa creatività di un uomo che solo dopo essere riuscito ad affrancarsi quasi del tutto da papà Vittorio, ha potuto finalmente nascere come figlio Alessandro, ma incarnando così tanto la figura paterna fino al punto di resuscitarla, rimettendola, paradossalmente, un’altra volta in gioco.
Proprio ieri, su questo blog, mi sono preso la licenza di stilare una classifica delle migliori rappresentazioni stagionali dei quattro teatri gravitanti nell’area dell’Atp, senza aspettare l’ultima messinscena del Manzoni.
Ho fatto bene, a non aspettarlo, questo Alessandro Gassman: troppo, oggettivamente troppo, per competere con gli altri.
Fuori concorso.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 23 marzo 2013 | 09:11 - © Quarrata/news]

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