La presentazione domani a Pracchia nel
salone della Misericordia
SAN MARCELLO-MONTAGNA. Domani, sabato 23 marzo, alle 16, a Pracchia, presso il
Salone della Misericordia, si presenterà il libro Campo Tizzoro, antologia
dei 100 anni. Dalle origini ad oggi. Parte prima, un lavoro pazientemente
realizzato da Roberto Prioreschi. Analoga presentazione – ma in grande, a
Pistoia – ci sarà il 5 aprile prossimo, alle 17, presso la Biblioteca San
Giorgio.
Si tratta di un lavoro che parte dalle
origini e descrive la parabola – oggi, purtroppo discendente – della Montagna
Pistoiese, in cui l’autore affronta le glorie e l’ingiusto degrado di una delle
aree più belle e importanti dell’Appennino centrosettentrionale.
L’opera, che è un immenso repertorio di
foto e di immagini, è introdotta da uno scritto che qui riproduciamo
integralmente, perché – come ci suggerisce lo stesso Roberto Prioreschi – è l’ultimo
scritto di Antonio Nardi, l’amico e giornalista addetto al Consiglio Comunale
di Pistoia, studioso di filosofia, uomo di cultura, scomparso inaspettatamente
qualche mese fa e da tutti compianto e ricordato con profondo affetto.
È PURTROPPO IL NOSTRO
PASSATO
di Antonio Nardi
Sono un pistoiese, uno dei
tanti, che ha cominciato a discernere il mondo negli anni 1960.
È il periodo in cui sono
passato dalla bambineria all’âge de raison, o qualcosa di simile.
Verso la fine di quel
decennio era normale dirsi fra compagni “domenica prossima andiamo a sciare all’Abetone”.
Partivamo in quattro su una 500 Fiat, gli sci allineati sull’imperiale, come
allora si diceva. La strada non era breve, la macchina era lenta. C’era tempo e
modo di guardare e di vedere. Il viaggio non era ancora un cellulare spostato,
con orecchio attaccato, dal punto A al punto B.
Le Piastre, la valle del
Reno, Campo Tizzoro, la Smi e un pezzo di carreggiata con resistenze
termoelettriche. Era un mondo in quota, ma vivo, con gente indaffarata, con
speranze che ancora potevi coronare sul posto.
Oggi, Roberto Prioreschi,
architetto e amico e quinquennale compagno di liceo, ci racconta con il suo
stile appassionato e fededegno che, lassù, in quota, la montagna langue, che il
declino ha fatto il suo corso. Sono d’accordo.
Questo bel volume, il
secondo di una impegnativa storia della montagna pistoiese, lo dimostra.
Purtroppo la dimostrazione ha bisogno di un confronto. Ed ecco i tempi floridi,
oggi perduti, forse per sempre.
La montagna era viva e
vitale: ferriere, ghiaccio, carta, pastorizia di grandi greggi, sfruttamento
dei boschi e del legname. E, a partire dall’ottocento fino alla Società
Metallurgica Italiana, famiglie operose e lungimiranti: i Cini, i Turri, gli
Orlando.
Il volume prende le mosse
da lontano, quando, nel XV secolo, il ferro dell’Elba arrivava alle ferriere di
Orsigna, Pracchia, Campo Tizzoro e Maresca. Un viaggio lento e faticoso, via
fiume e via carro. L’estrazione e il commercio del minerale avvenivano in
regime di monopolio, grazie al signore di Piombino che ne dichiarava unici
titolari i Medici, regnanti in Toscana, e la magistratura che ne dipendeva, la
potente Magona.
Più tardi, con Pietro
Leopoldo, la privativa finì per essere abolita. Era il periodo in cui, grazie
ai teorici illuministi dell’attività economica, si cominciava a capire che dazi
ed esclusive mortificavano i commerci e l’iniziativa imprenditoriale. Proprio
per aggirare gli infiniti balzelli di transito negli Stati della Chiesa, lo
stesso Pietro Leopoldo dette inizio alla strada di valico fra Pistoia, l’Abetone,
Modena. Vi lavorò, per la Toscana, l’ingegnere e matematico Leonardo Ximenes.
Il Padre gesuita fece un’opera
egregia e solida, con ponti, stazioni di sosta e fontanili. Ximenes coltivava
le discipline matematiche, dalla fisica alla matematica, all’ottica, all’arte
di costruire. Il catalogo topografico della sua biblioteca, tuttora
consultabile, è quello di uno studioso aggiornato ed aperto alle novità,
soprattutto di provenienza francese. Sapeva anche semplificare la materia e
ridurre all’essenziale, per scopi pratici, le nozioni.
In una sua edizione dei
primi sei libri degli Elementi di Euclide, più volte ristampata, Ximenes,
con una operazione didattica innovativa, abbina alcune proposizioni astratte
alle proposizioni di fisica, di ingegneria, di misurazione dei terreni che la
geometria permette di dimostrare. Una fra le tante riguarda la “livellazione
dei luoghi terrestri”, ed è significativa di un interesse spiccato dell’autore
per la topografia, che giocò un ruolo primario nel tracciamento della strada
verso Modena.
Quella via maestosa aprì
una nuova stagione, se non subito di prosperità, sicuramente di molteplici opportunità.
L’autore del volume insiste
molto sulla svolta data dalla nuova arteria alla vita della montagna: “Il futuro della montagna, che è purtroppo il nostro passato degli ultimi
225 anni, si deve necessariamente a questa strada (…). Anche se non si può dire
che la Montagna sia passata repentinamente dal buio alla luce, progresso e
miglioramento delle condizioni di vita ci furono, come ci furono nuove
occasioni di lavoro ed uno sviluppo continuo e durevole, quello stesso che
porterà nel 1940 il comune di San Marcello Pistoiese ad essere il comune
montano più industrializzato d’Italia”.
Su su, con i decenni, l’attività imprenditoriale si
allargò, si aggiornò, si attrezzò con mezzi moderni di sfruttamento dell’energia.
I Cini di San Marcello aprono una cartiera fra le più produttive d’Italia ed
hanno l’idea, dopo un viaggio in Inghilterra, di promuovere la costruzione di
una ferrovia che colleghi Pistoia con il bolognese, passando per Pracchia.
Nasce l’idea della Porrettana, aperta nella sua interezza nel 1864. Le attività
produttive non tardarono a trarne vantaggio. Fra queste, la fabbricazione del
ghiaccio, che ora poteva essere rapidamente consegnato alla città. Prende campo
il turismo. Si aprono alberghi e pensioni. Arriva la Società Metallurgica Italiana e gli Orlando. Un impianto strategico
della produzione bellica, ma anche civile, si acquatta e cresce sulla montagna
pistoiese.
Il volume documenta, con
immagini accuratamente scelte e spesso rare, i capisaldi della crescita e le
tappe intermedie. I fatti locali sono messi in relazione con i maggiori eventi
nazionali, storici e di costume. Ne esce un quadro vivido, un testo articolato
e incalzante, sia nel documentare lo sviluppo sia nel dolersi per la decadenza.
Con un altro volume,
Roberto darà volto alla gente, alle persone, della montagna, raggruppandone le
foto per capitoli emblematici della vita di ognuno, dalla nascita alla morte,
passando per il matrimonio, il lavoro, lo svago. Ma già in questo volume si
avverte la partecipazione alla vicenda di quel popolo in quota, che pur nel
progresso non era indenne dalle asprezze del vivere quotidiano.
A lungo uomini e donne sono
partiti per la “maremma”, che voleva dire non solo il grossetano e contermini,
ma anche la Corsica e la Sardegna. Hanno continuato ad andarci anche quando la
grande via e i binari già incidevano il paesaggio. Chiusa l’epoca del carbone,
arrivò la meccanica. Nel dopoguerra, quando la Smi ridimensionò il personale,
si aprì la stagione dell’emigrazione nelle fabbriche svizzere. Ogni aspetto concorre
al grande quadro della vita su questo Appennino pistoiese: i disegni di lungo
respiro e l’affanno quotidiano dei singoli, il cui lavoro, in definitiva, è il
cuore di tutto.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 22 marzo 2013 | 08:40 - © Quarrata/news]
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