venerdì 22 marzo 2013

IL PUNTO DELLA STAGIONE TEATRALE CHE CHIUDE

di LUIGI SCARDIGLI

PISTOIA. Domenica pomeriggio, al termine della terza rappresentazione di RIII-Riccardo Terzo, con Alessandro Gassman e uno stuolo di ottimi comprimari, si chiude il sipario sulla stagione teatrale pistoiese, apertasi lo scorso 12 ottobre con la prima del trittico John Gabriel Borkman. Dunque, in attesa di una riorganizzazione che temo dolorosa dei vertici dell’Atp, è tempo di bilanci. Artistici, ovviamente.
E visto che l’Associazione cura e organizza anche gli eventi scenici del Montand di Monsummano Terme, del Comunale di Lamporecchio e del Francini di Casalguidi, la mia classifica contemplerà le rappresentazioni di tutti e quattro i circoli.

Al terzo posto, un ex-aequo: la produzione casalinga di L’impresario delle Smirne e il fuori abbonamento Paladini di Francia, gradevole e perfettamente incastrato, il primo, con una serie di leggere e indovinate contaminazioni sceniche ed emotive, che seppur affidate al buonismo ottimistico conclusivo, non perde mai il sapore di una sana e gradevolissima serata di teatro, senza scossoni, ma mantenendo, per tutta la rappresentazione, alto, altissimo, il piacere di continuare ad assistere alle invidie ricattatorie per sapere chi, il turco-napoletano, assolderà per la sua ipotetica ed illusoria spedizione teatrale in Oriente.
Minimale e innovativo, studiato con tassonomia in ogni dettaglio, lo spettacolo dei burattini-paladini è stata l’altra gradita sorpresa della stagione, con quattro giovanissimi ragazzi che si sono messi all’anima di trasportare nell’era contemporanea le tribolazioni carolingie, un apprezzabile ed apprezzato percorso storico farcito con gusto e tanta delicatezza da alcune avveniristiche spedizioni, una strategia scolastica degna della migliore tecnica di avvicinamento alla materia.
Anche al secondo posto, un’altra accoppiata – ma perché a vincere, uno dei due comprimari, ha trascorso tutta la vita –, La grande magìa, di Eduardo De Filippo, rispolverato e riproposto dal figlio Luca, una commedia pensata e scritta 70 anni fa, ma che ancora oggi, anzi, oggi più che allora, continua a tenere banco tra le crisi esistenziali e di coppia, con una scenografia al limite del grottesco che avvicinata a quell’uso sottile del gergo napoletano ha dato all’intera commedia il sapore di un capolavoro tenuto, distrattamente, nascosto in un cassetto pieno di appunti.
La prima delle tre rappresentazioni andò in scena l’11 gennaio, il giorno della morte, improvvisa, di Mariangela Melato, ricordata così, sotto lo scroscio degli applausi, da Luca De Filippo: se ne è andata la migliore. Non certo dello stesso spessore, ma forte di un coraggio leonino e di una lucidità di denuncia straordinaria, sullo scalino intermedio del podio spazio anche ad Elisabetta Salvatori e la sua meravigliosa Non c’è mai silenzio, un ricordo delicato, dolce, sussurrato, ma affatto diplomatico, intransigente e in attesa di sviluppi giudiziari, della strage consumatasi alla stazione di Viareggio, dove per l’incivile curia del profitto morirono 32 persone, trentadue anime, non pure, forse, ma non certo colpevoli, che si trovavano, quella sera, per una serie incalcolabile di coincidenze, al posto sbagliato nel momento sbagliato.
L’emozione più grande, però – e mi auguro che l’abbraccio le arrivi una seconda volta diritto al cuore – me l’ha regalata Sabrina Impacciatore e il suo straziante monologo È stato così, di Natalia Ginzburg, settanta minuti di teatro a livello cristallino, offerti con una passione e una generosità incredibili e proponibili solo da chi, nel teatro, più che domicilio, ha la residenza. Un crescendo introspettivo mostruoso, reso ancor più scarno e dunque puro e genuino dalla totale assenza del benché mino orpello, di ogni qualsivoglia riferimento scenico, se non quell’anima sofferente, malata della protagonista che chiede, seduta su uno scranno sul quale modula addominali e dolore, al pubblico la pietà di perdonare il suo gesto estremo, l’omicidio del marito.
Grazie anche a tutte le produzioni non citate in questa classifica senza valore alcuno, se non il mio, e un grazie grande quanto la mia passione a tutti gli staff dei quattro teatri gravitanti nell’area dell’Atp, che mi hanno accolto, sempre, tra il pubblico, non pagante, con il solito onesto sorriso di chi sa – e non vorrebbe fare altro – di essere al servizio di una causa semplicemente meravigliosa.

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[Venerdì 22 marzo 2013 | 07:49 - © Quarrata/news]

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