lunedì 30 aprile 2012

PAOLO BONACCHI. CITTADINI SUDDITI E AUTODIFESA


PISTOIA. Scrive Bonacchi della lista Cittadini Sovrani:

Caro Bianchini,
in allegato trovi un articolo (forse eccessivamente lungo, ma le citazioni che ho fatto sono molto interessanti e per niente conosciute) sul diritto-dovere dei cittadini a ribellarsi allo stato quando vengono violati i loro diritti fondamentali, come quello sulla prima casa oppure sulla terra che posseggono sulla base delle piante da reddito esistenti.
Se avrai la pazienza di leggere il resoconto della discussione all’Assemblea costituente il 5 dicembre 1947 sulla bozza dell’art. 50, prima votata all’unanimità dalla Commissione e poi bocciata in aula, comprenderai l’origine dei nostri mali.

Ti ringrazio per l’attenzione che vorrai prestarmi.
Buon lavoro,
Paolo Bonacchi

ALLE ORIGINI DEI NOSTRI MALI

Ieri leggendo il giornale ho letto che un campo con 50 olivi dovrà pagare di Imu 99 €uro. Ovvero: chiunque sia possessore di un campo dovrà pagare le tasse sul numero delle piante da produzione che ha. Se questo è tragico per chi vorrebbe essere autosufficiente, mi immagino le conseguenze sui produttori ortovivaisti che a Pistoia costituiscono l’attività economica più importante. Da parte mia ho deciso di ribellarmi sulla base dell’art. 50 della bozza di Costituzione presentata all’Assemblea Costituente dalla Commissione dei 75 che votò all’unanimità questo testo: «Quando i poteri pubblici, violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino». I diritti violati sono quelli descritti nei principi fondamentali della nostra Costituzione e quelli dell’art. 53. Sarebbe bene che i giovani conoscessero il testo di una parte della discussione in sede di Assemblea Costituente, il 5 dicembre 1947 all’Assemblea Costituente.
On. Mastino Pietro: «Il cittadino ha l’obbligo di difendere contro ogni violazione le libertà fondamentali, i diritti garantiti dalla Costituzione e l’ordinamento dello Stato ... Lo stesso codice fascista lo ammetteva (il diritto all’insurrezione) ripetendo un concetto già affermato nell’art. 199 del Codice Zanardelli. Non è, quindi, in discussione il diritto di resistenza dell’individuo verso i soprusi esercitati a suo danno. Si tratta di un diritto da trasportare dall’individuo alla collettività. … Il codice attualmente in vigore (1947) – mi si consenta questo accenno – stabilisce lo stesso concetto; lo stabilisce anzi in termini più lati, in quanto l’art. 50 riconosce e fissa un concetto di legittima difesa che non si riferisce soltanto ai diritti della persona o – in certi casi – alla difesa della proprietà, sibbene ai diritti in genere. ... Si tratta ora di portare questo concetto nel campo del diritto costituzionale. ... Oltre a questo profilo giuridico vi è però una ragione morale, per cui lo Statuto acquisterà di importanza quando si sarà stabilito l’obbligo del cittadino di difendere i diritti fondamentali, ma nell’interesse dello Stato e della collettività tutta».
Dall’intervento dell’on. Rossi Paolo: «La pretesa di giustificare legalmente l’insurrezione, come si vorrebbe, è infantile. La rivolta contro i pubblici poteri è giudicata, giustificata o condannata volta a volta dal successo o dall’insuccesso … Non inseriamo disposizioni ingenue; salviamo la serietà del nostro testo statutario. O rimarremo nella intrinseca legalità costituzionale, e la Corte della garanzie funzionerà contro errori ed abusi, oppure la Costituzione da un lato o dall’altro, sarà fatta a brani con la violenza; e purtroppo allora la parola della legge non sarà più efficace».
Dall’intervento dell’on. Nobili Tito Oro: «Sono spiacente, onorevoli colleghi, di trovarmi in così profondo disaccordo con l’onorevole Rossi. La legittimazione della resistenza opposta alla violazione dei diritti garantiti dalle Costituzioni non è una novità creata dalla ingegnosità capricciosa della Commissione e sostenuta dalle correnti estremiste dell’Assemblea per spirito fazioso o magari soltanto demagogico. Che a sostenere, nel momento in cui si trova investita dalle correnti antiliberali o pseudo liberali, la disposizione del secondo comma dell’art. 50, non si ritrovino oggi nemmeno coloro che ne furono gli autori e che la proclamarono e la fecero approvare in sede di Commissione, può essere prova delle considerazioni di opportunità e di convenienza che orientano mutevolmente, in relazione ai mutevoli momenti della vita politica, le altre parti dell’Assemblea; ma non è certamente prova dell’insostenibilità giuridica del principio che la disposizione afferma. ... Il diritto di resistenza all’arbitrio fu rigorosamente consacrato nel diritto pubblico inglese fin da quando l’Inghilterra, dopo la memorabile sua rivoluzione, conquistò le libertà politiche (Loch, Algermon Sidney, Milton, ecc.). E la costante tradizione inglese osservò il principio della limitata obbedienza, della quale era corollario il diritto di resistenza, anche collettiva, all’arbitrio degli organi del potere. ... La resistenza non è un’aggressione e tanto meno una rivoluzione; essa è una difesa. Perché astenersi dall’insegnare al popolo che questa difesa, in situazioni eccezionali, sarebbe non tanto legittima, ma doverosa? ... s’intende che la legittimazione della resistenza trova la condizione limite nella perpetrazione da parte dei pubblici poteri di un eccesso, di un abuso, di un sopruso ... L’essenziale che le proclamazioni dei principi di libertà e di giustizia e dei diritti politici non restino una lustra beffarda e che nella Costituzione si stabilisca almeno la più elementare delle sanzioni per il caso che i pubblici poteri abbiano a manometterli e a farne scempio». (Continua).
Dall’intervento dell’on. Gullo Fausto: «A me pare che nella nuova Costituzione noi dobbiamo affermare il diritto del cittadino a ribellarsi all’arbitrio e alla tirannia. Noi non legalizziamo così la rivoluzione, perché, on. Rossi, se noi m...uoviamo da questa premessa, si deve andare anche più in là del suo insegnamento. Ma quale Costituzione ha mai fermato un popolo dal conquistare i suoi diritti o un tiranno dal calpestare i diritti stessi? Nessuna Costituzione riuscita a ciò. … È un monito che si dà all’autorità. … Affermare questo principio non significa altro che dare concreta attuazione a quegli altri diritti che noi abbiamo affermato nella parte generale della Costituzione, i diritti del cittadini, i diritti dell’uomo: Se questi diritti sono violati ed offesi dall’autorità costituita, i cittadini offesi, e come collettività e come singoli, hanno diritto di ribellarsi».
Dall’intervento dell’on. Mortati: «Noi abbiamo creato un insieme di garanzie atte a preservare dalla violazione dei diritti anche di fronte ai supremi organi dello Stato … è tradizionale nel pensiero cattolico l’ammissione del diritto naturale alla ribellione contro il tiranno. Ci sono scrittori cattolici che riconoscono la legittimità perfino della soppressione del tiranno. … io ed i miei colleghi di Gruppo riteniamo che non sia opportuno sancire un tale principio nella Costituzione, ed è per questi motivi e con questo significato che dichiariamo di votare per la soppressione dell’art. 50».
Cosa accadde quando l’Assemblea Costituente lo esaminò, è facile immaginare: fu bocciato!
Consapevoli i più, che le affermazioni di principio di Repubblica e Democrazia sarebbero state solo buone intenzioni; illuso il popolo di contare qualcosa con il referendum abrogativo (art. 75 Cost.) e con la crocetta da mettere ogni quattro anni su una scheda preparata dopo infinite lotte al coltello dalle segreterie dei partiti; ingannati i cittadini sulla concretezza della loro partecipazione alla vita politica mediante l’iniziativa delle leggi, non rimaneva che impedire una possibile e legittima resistenza popolare contro la violazione dei diritti e dei principi che la stessa Costituzione garantiva ed affermava.
I diritti costituzionalmente garantiti, sono stati violati numerose volte; i principi in essa affermati spesso disattesi in danno del popolo ed a favore del potere politico consociato, abusi di ogni sorta sono stati commessi contro il popolo con tasse ingiustificate ed assurde, ma nessuna resistenza seria è stata tentata dai partiti per opporsi alle violazioni ed agli inganni nei confronti del popolo e dei continui tradimenti della Costituzione.
È quindi l’ora di scegliere, consapevoli che in questa scelta si gioca il destino del nostro popolo. O vogliamo essere liberi e responsabili del nostro avvenire, o continuiamo ad essere subordinati alle forze politiche che nuovamente decreteranno la superiorità del Parlamento e dei Consigli nei confronti della Sovranità Popolare. Per questo io credo che i Cittadini Sovrani debbano tentare la via della rivolta, pacifica fino a quando è possibile, per liberarsi dalla tirannia dei partiti.
A questo siamo, purtroppo giunti per permettere ai nostri tiranni di garantirsi e garantire alle cosche ed alle caste dei loro ricchi complici, i loro spudorati privilegi?
Dobbiamo, siamo costretti a ribellarci: anche a mani nude se necessario. Ed io mi unirò a tutti coloro che intendono farlo.
Paolo Bonacchi
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[Lunedì 30 aprile 2012 - © Quarrata/news 2012]

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