PISTOIA. Mi colpiscono due interventi tratti dal Tirreno di
stamattina. Il primo lo ha pronunciato Giovanni Capecchi e il secondo il
professor Bartoli.
Capecchi è chiarissimo: «il Pd ha
commesso un errore politico enorme, che mi auguro pagherà, nel non aver voluto
trovare tutti gli strumenti per coinvolgere chi ha partecipato alle primarie.
Avrei voluto che lo stesso Bertinelli si fosse impuntato con il suo partito per
mettere in lista Bartoli, ora spero che almeno riesca a mantenersi libero e a
volare sopra la palude di quello che a Pistoia è il partito del potere».
Altrettanto lo è Bartoli: «Io avrei
voluto votare Bertinelli e avrei voluto votare Pd […] e l’ho detto fin da
subito ma, nonostante questo, c’è stata una volontà di esclusione ad personam.
Per questo non voterò Bertinelli perché, su tutta la vicenda, invece che fare
davvero l’uomo che unisce, ha espresso un silenzio inquietante».
Entro questi due poli si iscrive
completamente la novità di Bertinelli, quello che porterà al Comune di
Pistoia, retto – ormai da un’eternità – da quello che Capecchi chiama ‘il
partito del potere’ e che collima perfettamente con la definizione satirica da
me data di P(artito) D(ominante).
Bertinelli, riprendo, è perfettamente
iscritto entro questi termini: quindi mi chiedo cosa potrà portare di nuovo,
dato che perfino chi lo vota (e torno a Capecchi), oltre che augurarsi che il
Pd paghi l’errore-Bartoli, spera (e sottolineo spera) anche che
Bertinelli riesca a «mantenersi libero e a volare sopra la palude» conformistica
del Partito Dominante. Obiettivamente non mi pare proprio una bella prospettiva,
anche se, alla fine, prevale l’idea del blocco della scelta pure per Capecchi
stesso (male!) di cui, personalmente, sono amico.
Più in alto, sulla pagina del Tirreno,
mi colpisce ancora il motto bertinelliano “della sobrietà e della vicinanza
alla città”.
Sul primo elemento non fiato e non mi
pronuncio, perché dovremo vederlo all’opera, e non mancherà il tempo; mentre
sul secondo nutro – e lo ribadisco per la milleunesima volta – tutte le mie
riserve, stante l’autocompiacimento del F.S. (non Ferrovie dello Stato, ma
Futuro Sindaco) quando inizia ad arringar le platee e, da barocco qual si
professa in gusti musicali, la fa più lunga di Eugenio Garin quando, nel 67,
alle 8 di mattina, in inverni freddi come il naso di una foca dei ghiacci, ci
faceva du’ palle che non finivano più.
È possibile che ascolti il popolo uno
che non risponde mai e che, quando rispose – come fu
anche scritto in occasione di un famoso incontro in seminario – fece un pistoiese trincìo di cultura che restò sullo
stomaco a tutti? Io ci credo poco.
Niente d’altro posso dire di Bertinelli,
ma che gode di sé stesso e della propria autoreferenzialità, posso dirlo: di
fronte alla quale io vedo ben poca diversità rispetto al precedente primo
cittadino, notoriamente definito ‘il sindaco bello’, così distante da tutto e
da tutti. Con in più che Bertinelli ‘se la tira’ come un vero filosofo, un tipo
umano che, generalmente, ha di questi spunti eto-comportamentali così aristocraticamente
post-comunisti.
E se le cose stessero davvero così,
Pistoia non conoscerà sostanziali scossoni rispetto al passato.
Che ne pensate?
Edoardo Bianchini
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[Domenica 29 aprile 2012 - ©
Quarrata/news 2012]
Che bisogna dire... continua a sembrarmi talmente grigio, ipercauto, inquadrato... forse a certi giovani gli sembra "nuovo" perché al giorno d'oggi questo parlare monocorde e serioso, traboccante sussiego e paternalismo, con un massimo di parole (forbite, per carità) per un minimo di concetti, ha un che di esotico e inaspettato. A me personalmente ricorda un po' un Martelli d'annata. Sicuramente dà l'idea di piacersi molto: speriamo che nell'ufficio del sindaco non ci siano specchi, o non vorrei gli venisse la tentazione di fare come la regina di Biancaneve...
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