di Lorenzo Cristofani
Carissimo
Bianchini,
parlava
giustamente di nausea
a proposito di alcune vicende, attuali, di carattere politico e non.
Quasi per
reazione contraria provo a volgere lo sguardo ad alcune vicende e persone di
fine Ottocento, come se la gloria del tempo passato lenisse le odierne
potenzialità, inespresse e in progressiva diminuzione, della nostra degna città
bestiale.
Ho infatti
in mente il sindaco Pietro Bozzi, gli uomini e le passioni di allora, quel
periodo, gli anni 60 e 70 dell’Ottocento, che segnò un’epoca nella storia amministrativa della città.
Si era al
tempo in cui si votava per censo, le donne avevano perso il diritto di voto che
in Toscana avevano tuttavia raggiunto e il sindaco era di nomina regia, scelto
all’interno del Consiglio Comunale. Il sindaco – fino a pochi anni prima si
chiamava gonfaloniere – Bozzi seppe realizzare,
nell’opposizione generale di tutta la città, l’acquedotto cittadino.
Nel 1873
uno zampillo di 20 m nel prato di piazza San Francesco segnò il passaggio di un’epoca. L’acqua era quella sorgiva dell’Appennino,
trovata scavando le gallerie, di un paio di km, da San Mommè a Piteccio, per il
traforo della ferrovia Porrettana.
Appaiono
dunque – per inciso – sempre più ragionevoli le
preoccupazioni dei No Tav, scientificamente dimostrate
anche dall’ Unione Europea, e anche alla luce dei danni
in Mugello.
Allora,
proprio come adesso, il comune era sommerso dai debiti e dall’accuse di finanza
allegra – ma allora c’era un disavanzo strutturale da metà 800, appesantito
anche dai debiti dell’occupazione austriaca dal ’49 al ’55 – e quel sindaco si impegnò – anche con cambiali a
suo nome! – per contrarre un mutuo
con le banche. L’aristocrazia pistoiese traeva l’acqua dai pozzi privati mentre
i poveri cristi usavano le più che insalubri gore; in più, per gli usi
alimentari, provvedevano gli acquaioli a portare in città le bottiglie dalla
fonte dello Specchio, che i pistoiesi di una certa età ricordano ancora con
affetto.
E quell’acqua
degli Appennini scorre ancora oggi, chiara e fresca, dalla fontana del
monastero di San Mercuriale, il palazzo degli uffici giudiziari e della
procura. La clausura che segregò per secoli le monache benedettine sembra poi
essersi trasferita anche all’immaginario dei pistoiesi, che oltre alla storia
sembrano dimenticare soprattutto la qualità di quella purissima acqua.
Quindi,
tornando al discorso iniziale, da un lato un modello di virtù civica, il
sindaco Bozzi, dall’altro, per fare un esempio, la parentesi di Berti, che ,
dalla distruzione dell’area Pallavicini, passando per l’ospedale-ecomostro al campo di volo
e per lo scempio, economico, estetico e ambientale delle aree
ex Breda, fino all’incapacità di approvare, in dieci anni (10!), un
regolamento urbanistico, impersonifica senza dubbio il contrario di quello che
può offrire un’amministrazione virtuosa.
Rimanendo
infatti al solo tema dell’acqua, mi sembra cosa inaudita il fatto che il comune
non rispetti
la legge e continui a pagare, per le proprie forniture, il famoso 7% aggiuntivo
– la cui abolizione è sancita dalla sentenza della
Corte Costituzionale (n° 26/2011).
Inaudito perché tra tutti gli uffici,
impianti e utenze idriche dell’ente, quantità relativamente consistenti a ben
pensare, stiamo parlando sempre di soldi pubblici, che se ne vanno via
immotivatamente. Perché pagare con i soldi dei pistoiesi una cosa che non deve
essere pagata?
Per questo ho scomodato la celebre
frase di Tacito, perché tante sono le cose da tenere a mente: le cronache
antiche sicuramente per avere degli esempi di civismo. Ma soprattutto per
rammentare quelle recenti e denunciare tutto ciò che non funziona.
I pistoiesi si sono mobilitati il 12 di
giugno scorso per avere l’acqua pubblica, autonomamente, senza finanziamenti e
fuori dai partiti. Forse anche per questo il referendum – con le mobilitazioni precedenti – è stato una manifestazione viva, partecipata e di successo. Ora
esigono, giustamente, che il sindaco, successore di Pietro Bozzi, ma di
quest’ultimo non proprio degno erede, agisca e che venga rimosso il velo
omertoso che circonda questo capitolo.
Le avversità sono tante è vero, ma
intanto forza e coraggio, che dopo aprile viene maggio, e con maggio – chissà –
verrà anche una nuova stagione politica, idricamente parlando?
Caro
Cristofani,
lo sa che
apprezzo molto la gente che non si dà per vinta. Ma lei ce lo vede il Berti a
firmare cambiali per risolvere i problemi di Pistoia?
Contrariamente
al Bozzi, lui tornò a lavorare – e ci fu tutta quella polemica sul guadagnare
di più… Che roba!
Io farò
più di lei: ricorderò che Pisistrato, tiranno di Atene, spendeva i suoi
quattrini, delle sue miniere d’argento del Laurio, per pagare i lavori
pubblici in Atene: e i disoccupati, che furono messi a fare fogne e cloache per
la città. E tolti dalla strada.
Dopo
Pisistrato arrivò il regime parlamentare democratico e, confiscate le miniere,
i quattrini dell’argento non furono più investisti nella disoccupazione, ma
nell’appannaggio dei magistrati: evidentemente scoprirono in anticipo il ‘sistema-Italia’.
L’ho anche
scritto da qualche parte, per paradosso, che, prima di prenderli a governare, i
politici dovrebbero sottoscrivere un contratto (magari con fideiussione) con cui
si impegnano a versare uno stipendio al Comune, alla Regione o al Parlamento,
in cambio del mantenimento nudo e crudo, senza emolumenti, per la loro opera
di dedizione al servizio pubblico: del resto il servizio si fa ‘a gratis’
come il volontariato, e non succhiando il sangue alla gente.
Se così fosse,
vedremmo davvero chi fa per il bene del popolo e chi sbaglia il popolo
per il proprio portafoglio…
Comunque,
avanti a testa bassa. Continuiamo a combattere. Chissà che, prima o poi, non
avvenga un miracolo…
e.b.
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[Venerdì 27
aprile 2012 - © Quarrata/news 2012]
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