lunedì 23 aprile 2012

PETRUCCI. NEI PAESI CIVILI…


di Luigi Scardigli

È vero, lo ammetto, non sono coerente, ma lontano dal gioco del calcio, per troppo tempo, non so stare. Poi, al cospetto di certe prese di posizione, non posso proprio resistere.
Mi riferisco a quanto dichiarato dal Presidente del Coni, Gianni Petrucci, dopo l’ennesima farsa capitata sugli spalti di uno stadio. La cronaca che ha scatenato la saggezza verbale dell’immarcescibile boss dello sport italiano racconta che ieri, nel catino di Marassi di rossoblu vestito, i padroni di casa del Genoa, sotto di quattro gol rifilati loro dagli ospiti del Siena, sono stati costretti ad interrompere la partita (per 45 minuti, non bazzecole) per riuscire a parlamentare con un gruppo di tifosi particolarmente indispettiti dall’andamento, a dir poco fallimentare, dei propri beniamini, sempre più invischiati, questi ultimi, nella spiacevolissima contesa di evitare la retrocessione.

Non si è trattato di un innocente botta e risposta – tipo: andate a lavorare; lo facciamo già –, ma una vera e propria guerra condotta sul filo dei nervi, con agenti di sicurezza sul piede di guerra e un intero stadio non colluso con gli ultrà, che sono quelli che ci vanno per passare un’ora e mezzo in letizia (la stragrande maggioranza), ostaggio della paura.
Gianni Petrucci, come dicevo, ha detto – testuali parole – «siamo arrivati ad un punto di non ritorno», come se l’assurdo di Genova fosse la prima volta.
È bene che qualcuno, al Presidente del Coni, ricordi cosa successe una decina d’anni fa in un derby capitolino, nel quale tre tifosi – tre, di numero – scesero in campo e consigliarono ai capitani di Roma e Lazio di interrompere la gara perché fuori dallo stadio una camionetta della Polizia aveva investito e ucciso un adolescente.
Il fatto non accadde, fortunatamente, ma la partita venne sospesa, veramente.
Prima di quel tragicomico misfatto, comico nel profilo, tragico per tutto il resto, tutto il male che non occorre vi enuclei qui: morti, pestaggi, invasioni, guerriglie urbane, saccheggi e tutta la cacca che circola, gratuitamente e impunemente, attorno agli anfiteatri del calcio, zona franca per i regolamenti di conti, ma soprattutto per regalare un briciolo di gloria a chi, nella vita di tutti i giorni, è puntualmente un emarginato.
Allora, però – mi riferisco al derby interrotto –, Petrucci, sempre presidentissimo del Coni, non disse siamo arrivati ad un punto di non ritorno, ma ci stiamo avvicinando ad un punto di non ritorno.
Scherzo, eh, ma nei paesi civili, certi personaggi, all’indomani di situazioni tanto incresciose, rassegnano le dimissioni.
Nei paesi civili!

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[Lunedì 23 aprile 2012 - © Quarrata/news 2012]

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