di Luigi
Scardigli
È vero, lo ammetto, non sono coerente, ma lontano dal gioco
del calcio, per troppo tempo, non so stare. Poi, al cospetto di certe prese di
posizione, non posso proprio resistere.
Mi riferisco a quanto dichiarato dal Presidente del Coni,
Gianni Petrucci, dopo l’ennesima farsa capitata sugli spalti di uno stadio. La
cronaca che ha scatenato la saggezza verbale dell’immarcescibile boss dello
sport italiano racconta che ieri, nel catino di Marassi di rossoblu vestito, i
padroni di casa del Genoa, sotto di quattro gol rifilati loro dagli ospiti del
Siena, sono stati costretti ad interrompere la partita (per 45 minuti, non
bazzecole) per riuscire a parlamentare con un gruppo di tifosi particolarmente
indispettiti dall’andamento, a dir poco fallimentare, dei propri beniamini, sempre
più invischiati, questi ultimi, nella spiacevolissima contesa di evitare la
retrocessione.
Non si è trattato di un innocente botta e risposta – tipo:
andate a lavorare; lo facciamo già –, ma una
vera e propria guerra condotta sul filo dei nervi, con agenti di sicurezza sul
piede di guerra e un intero stadio non colluso con gli ultrà, che sono quelli
che ci vanno per passare un’ora e mezzo in letizia (la stragrande maggioranza),
ostaggio della paura.
Gianni Petrucci, come dicevo, ha detto – testuali parole – «siamo arrivati ad un
punto di non ritorno», come se l’assurdo di Genova fosse la prima volta.
È bene che qualcuno, al Presidente del Coni, ricordi cosa
successe una decina d’anni fa in un derby capitolino, nel quale tre tifosi –
tre, di numero – scesero in campo e consigliarono
ai capitani di Roma e Lazio di interrompere la gara perché fuori dallo stadio
una camionetta della Polizia aveva investito e ucciso un adolescente.
Il fatto non accadde, fortunatamente, ma la partita venne
sospesa, veramente.
Prima di quel tragicomico misfatto, comico nel profilo,
tragico per tutto il resto, tutto il male che non occorre vi enuclei qui:
morti, pestaggi, invasioni, guerriglie urbane, saccheggi e tutta la cacca che
circola, gratuitamente e impunemente, attorno agli anfiteatri del calcio, zona
franca per i regolamenti di conti, ma soprattutto per regalare un briciolo di
gloria a chi, nella vita di tutti i giorni, è puntualmente un emarginato.
Allora, però – mi riferisco al derby interrotto –, Petrucci, sempre presidentissimo del Coni, non disse siamo arrivati ad un punto di non ritorno,
ma ci stiamo avvicinando ad un punto di
non ritorno.
Scherzo, eh, ma nei paesi civili, certi personaggi, all’indomani
di situazioni tanto incresciose, rassegnano le dimissioni.
Nei paesi civili!
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[Lunedì 23 aprile 2012 - © Quarrata/news 2012]
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