«Non ho ancora deciso per chi voterò.
Certo non il centro-sinistra. In paradiso a dispetto dei santi non voglio
andarci…»
di Luigi
Scardigli
Ha preferito mettersi a sedere, ad aspettare: non il
cadavere del proprio nemico, ma che la matassa si dipani e si possa tornare, o
cominciare, forse è più corretto usare questa espressione, a fare politica.
«Mi sono sentito investito da qualcosa di più grande delle
mie aspettative – racconta Roberto Bartoli, che mi concede due chiacchiere in
una pausa pranzo universitaria –, perché non era certo una lista civica, il mio
sogno, la mia aspirazione, la mia fattibilità politica. I partiti sono ormai
una massa informe di farneticazione, ma fuori dai partiti non si fa politica:
ho creduto nel Pd e nello spirito di rinnovamento, mi sono sbagliato, anzi, ho
sbagliato referente, perché il rinnovamento sta nelle cose e se non decidiamo
quanto prima di attuarlo, sarà difficilissimo riprendersi, anzi, semplicemente
continuare».
Questo lo
sapevi anche la sera delle lunghe lame, però, Roberto…
«Ho partecipato alle Primarie del centro-sinistra con la
piena consapevolezza e con il grande desiderio che il mio pensiero e quello di
moltissimi miei elettori (3.500 circa – ndr) potesse far breccia all’interno
di una struttura anziana e un po’ fatiscente e dare nuova linfa e motivazioni
al futuro. Non potevo certo immaginare che Samuele apprestasse purghe
staliniane per liberarsi dai suggeritori interni».
La sconfitta,
seppur prestigiosa, delle Primarie, ti ha suggerito di mollare?
«Non è stata la sconfitta ad impormi un attimo di pausa e
cercare di guardare un po’ più lontano. Ribadisco il concetto che la politica
la si possa e debba fare all’interno delle strutture e non fuori da queste e
senza l’apparato del centro-sinistra avrei dovuto condurre battaglie
quotidiane, non progetti e architetture; sarebbe stato un conflitto costante
contro i detrattori e non una costruzione per tutta la città».
Ma sai anche
che una tua candidatura, seppur slegata da ogni contesto, ti avrebbe
probabilmente assicurato una percentuale capace di rimandare il verdetto al
ballottaggio?
«Nei giorni di campagna elettorale sono andato a far visita
a circoli sperduti del primo circondario della città, scoprendo che Pistoia non
ha una periferia, ma parecchie campagne circostanti, dove la politica non è
ancora un progetto condivisibile e da condividere, ma una delega autoritaria
che si sottoscrive ad altri. E con la mia lista civica a chi avrei dovuto
chiedere apparentamenti: a Bartolomei e ai suoi delfini, a quello zoccolo,
morbido, d’accordo, ma pur sempre schierato della sinistra, ai disillusi e a
quelli che debbono ancora farsi le ossa?».
Dunque, si
torna all’Università come se fosse finito un sogno o un incubo?
«Torno all’Università, che è il posto che adoro più di ogni
altro, ma non abbandono certo i miei progetti: mi sembra che sia arrivato il momento
di fermarsi e guardarsi attorno, rilanciando immediatamente con la costituzione
di un’associazione culturale che riprenda in mano le fila del discorso che
altri hanno preferito che si interrompesse; all’orizzonte politico ci sono
immediatamente altri appuntamenti nodali e anche a livello nazionale occorre
fare molta attenzione a questo governo-tecnico transitorio, che forse si
trasformerà in altro cercando di riprendere una via più direttamente politica
dopo esser riuscito a traghettare, al di là delle sabbie mobili, il Paese».
Chi voterai
il 6 maggio? Non me lo hai ancora detto…
«Non ho ancora deciso, sono sincero: di sicuro non darò la
mia preferenza al centro-sinistra; mi hanno osteggiato, sabotato e poi cacciato.
E in paradiso a dispetto dei santi non voglio andarci…».
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[Mercoledì 18 aprile 2012 - © Quarrata/news 2012]
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