domenica 5 agosto 2012

CENTRALE REPOWER. LA REGIONE DECIDA SE VALE LA PENA AUTORIZZARLA


PISTOIA. Nonostante che la stampa abbia già dato notizia della posizione della Coldiretti in rapporto alla centrale elettrica Repower, la semplice lettura di questo lungo documento può essere utile anche al cittadino qualsiasi per farsi un’idea in proposito.
Obiettivamente dobbiamo dire di essere rimasti semplicemente scioccati dai contenuti…
Q/n

Doveva essere una partita conclusa. Ed invece, dopo i tempi supplementari ed i rigori, l’arbitro concede altri mesi alla squadra che non riesce a fare gol.
La Regione Toscana deve decidere la compatibilità ambientale di una centrale a gas alle porte della città dei vivai: Pistoia. La procedura della valutazione di impatto ambientale (Via), iniziata oltre un anno e mezzo fa, doveva concludersi in primavera. E invece, a seguito di ulteriori incontri con il soggetto proponente (Repower, appartenente ad una multinazionale svizzera), la Regione accetta ulteriori integrazioni al progetto, questa volta definite volontarie (rendendole pubbliche solo dopo un paio di mesi). Vengono di fatto riaperti i termini della partita. Tutto legale! Tutto inutile!
Come descritto nelle due relazioni scientifiche già presentate da Coldiretti Pistoia alla Regione, il progetto di centrale elettrica alimentata a metano in mezzo al polo vivaistico fiore all’occhiello dell’agricoltura toscana in Europa e nel mondo, è un errore. E neppure il supplemento del supplemento, l’integrazione ulteriore serve a trasformare in una cosa sensata un progetto improvvisato, incoerente e inopportuno.
A queste integrazioni ‘volontarie’, Coldiretti ha per la terza volta risposto con nuove osservazioni, inviate alle Regione in questi giorni. Un lavoro condotto da una società indipendente e curata da docenti dell’Università di Pisa. L’ennesima ‘variante’ al progetto, sostanzialmente, ripropone le stesse incongruenze di sempre, con qualche aggravante, derivante dalle implicite ammissioni da parte del proponente.
La fanghiglia
Prima nel torrente, ora ad intasare la discarica con un ‘palazzo’ di rifiuti di 40 piani (ogni anno).
Nella prima versione del progetto era previsto che l’acqua di ‘scarico’ della centrale (36 milioni di litri all’anno a regime) venisse riversata nel Brusigliano (un torrente che attraversa campagne e zone abitate). Tutto a posto, nessun pericolo!
Ora, nell’ennesima versione del progetto, queste acque non sono più scaricate nel corso d’acqua, ma vengono trattate e il residuo conferito in discarica. Non quattro sacchetti di spazzatura, ma due tir di fanghiglia al giorno (dai 6 agli 11 mila metri cubi annui) confluirebbero nella discarica del Cassero nel comune di Serravalle. Il rifiuto è caratterizzato da un alto indice di salinità. Un prodotto di scarto prima destinato a contaminare un torrente, ora viene mandato ad ingolfare il già molto precario sistema delle discariche regionali.
Per comprendere la rilevante entità dei rifiuti conferiti in discarica secondo le linee progettuali del proponente, basti considerare il quantitativo di rifiuti urbani prodotti dall’intera provincia di Pistoia che per l’anno 2010 (Dati Ispra-Rapporto) era di 187.890 tonnellate, che equivale a circa 37.578 metri cubi annui. Pertanto quanto prodotto annualmente dall’impianto (da 6 mila a 11 mila metri cubi) corrisponde a circa il 16% dei rifiuti dell’intera provincia, nello scenario di utilizzo della centrale meno intenso (Mid Merit); fino al 30%, in caso di utilizzo intenso (Base Load). Un solo impianto produrrebbe in pratica da solo quasi un terzo di tutti i rifiuti prodotti dai quasi 300 mila cittadini pistoiesi. Si tratta di un quantitativo di fanghi che riempirebbero ogni anno un palazzo di 40 piani con appartamenti da 100 metri quadrati. E tutto questo prima doveva finire in un corso d’acqua.
Non è tutto. Per i prossimi due decenni, l’apporto annuo di fanghiglia salina proveniente dall’ipotizzata centrale elettrica rappresenterebbe in media il 10% dei rifiuti conferiti ogni anno nella discarica del Cassero: una quantità che accorcia la vita utile della stessa discarica da un minimo di 18 mesi e fino a 30 mesi. E poi? Si allarga la discarica del Cassero, oppure se ne costruisce una nuova in provincia di Pistoia?
Le sinergie col territorio
Inesistenti, a meno di non costruire una centralina nella centrale (e i tubi li paga Pantalone).
E vogliamo parlare delle sinergie col territorio? Prima volevano fornire calore alle serre dei vivai circostanti (serre che non ci sono, visto che le produzioni pistoiesi sono a campo aperto o a serra fredda). Poi volevano darlo a chi già ce l’ha: il nuovo ospedale di Pistoia in costruzione, che ovviamente già ha previsto una propria centrale (inoltre, nella rappresentazione grafica veniva sbagliata l’ubicazione della nuova struttura sanitaria). Ora si scopre che, per garantire un servizio efficiente, il calore eventualmente fornito dalla centrale, non è di recupero, ma deve essere prodotto appositamente con delle nuove caldaie (ancora da progettare): una sorta di nuova centralina nella centrale. E, come se non bastasse, la rete per distribuire il calore (tubi isolanti in cui viaggia acqua ad alta temperatura) non è progettata ed eventualmente dovrebbe essere realizzata col contributo degli enti locali, quindi con soldi nostri.
Le ciminiere alte 40 metri
Scaricano fumi su un altro pianeta e l’autostrada non esiste.
Un impianto impattante. Con due ciminiere alte 40 metri che, oltre a diventare il nuovo biglietto da visita di Pistoia, evidentemente scaricano sostanze inquinanti in atmosfera. Eppure, a leggere il progetto, anche nell’ultima versione, la centrale sembra sorgere su un altro pianeta. Parlando di emissioni, infatti, non viene presa in considerazione l’interazione con altre fonti inquinanti, come l’autostrada per esempio, che si snoda a pochi metri dal sito dell’ipotizzata centrale: le auto e i tir in transito non emettono, a leggere il progetto, gas di scarico.
Sull’impatto delle nuove fonti inquinanti sulla salute pubblica il documento è vago e illeggibile, e si commenta da solo. Basti sapere che tutte le simulazioni effettuate legate alla diffusione degli inquinanti in atmosfera si basano su dati vecchi, risalenti al 2005, tratti da punti di rilevamenti non rappresentativi dell’area di studio. Trascurati, anche nell’ultima versione del progetto, i dati su pericolosi inquinanti secondari come l’Ozono, dati richiesti in più occasioni.
Sottostazione e cavidotto
Meno terra per le attività radicate nel territorio.
La centrale ipotizzata sorgerebbe nell’area dell’ex fabbrica Radicifil, area a destinazione industriale. Ma tutta una serie di opere connesse alla centrale vanno ad incidere su aree a diversa destinazione. In particolare il tracciato del gasdotto interrato, la sottostazione elettrica e il cavidotto sorgerebbe su aree a destinazione vivaistica, residenziale e agricola con vincolo di rispetto.
Non si tratta di pochi metri quadrati, la sola sottostazione (che serve a immettere l’energia prodotta dalla centrale nella rete elettrica) è grande 12 mila metri quadrati, area più vasta di un campo di calcio professionistico. Superficie sottratta ad un’attività produttiva e innovativa come è il vivaismo pistoiese, con il rischio di far chiudere due piccole aziende che danno lavoro a diversi giovani.
È questo che si intende quando nella pianificazione regionale viene indicato come prioritario il recupero delle aree industriali integrandole nel tessuto produttivo locale, che, nel caso specifico è indiscutibilmente di tipo vivaistico? È la sottrazione di terreni alle piante ornamentali pistoiesi che intendeva ‘prescrivere’ il Comune di Pistoia nel proprio piano strutturale? Che indica come strumento per la riqualificazione e razionalizzazione del tessuto produttivo primario e secondario e dei relativi rapporti con le attività commerciali la “Realizzazione di un sistema multipolare attrezzato e infrastrutturato principalmente attestato lungo l’asse del vivaismo”?
Il comune di Pistoia è pronto a modificare la propria pianificazione per sottrarre risorse ad un comparto radicato nel territorio per far posto ad un impianto che col territorio non ha sinergie, ma tante controindicazioni?
Per esempio, l’area su cui sorge la centrale è circondata da zone a forte rischio idrogeologico. Una serie di accorgimenti previsti dal progetto (casse di espansione, muro di contenimento, ecc.) sono indispensabili, ma forse non sufficienti vista la ‘precarietà’ della zona. Si è appreso solo pochi giorni fa quanto siano fragili gli argini del torrente Brusigliano, che lambisce direttamente l’area.
Energia che qui non serve
Nonostante le tante occasioni per chiarire i punti nebulosi del progetto, non si danno informazioni su punti cruciali: impatto sulla salute umana, impatto sull’agri-sistema che rende unici i vivai della provincia. In ultima analisi, non si spiega il perché di questa centrale. Che produrrebbe energia elettrica di cui la Toscana non necessita.
Negli ultimi due anni e mezzo si è avuto un incremento esponenziale di impianti (autorizzati ed entrati in funzione) per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, biomasse, geotermia) anche di grandi dimensioni. Nel solo anno 2011 la produzione di energia da fonti rinnovabili in Toscana è incrementata di 337 MW, una potenza impiantata in un solo anno maggiore del 37% rispetto ai 245 MW prevista per la centrale alle porte di Pistoia.
Le promesse occupazionali
Non ‘certificate’ nei documenti ufficiali.
Anche un’azienda che progetta (non produce, progetta) nuove soluzioni nell’ambito delle biotecnologie, della robotica, o che progetta di andare tra 50 anni su Marte, ha un’idea di quanti lavoratori sono necessari per raggiungere un obiettivo. Al contrario, il proponente del progetto della centrale a turbogas a Pistoia (neppure la più innovativa), in centinaia di paginate di analisi e buoni propositi, dopo aver parlato di importanti ricadute occupazionali, senza peraltro aver tenuto conto dei potenziali ripercussioni negative in altri settori, afferma di essere “in questa fase di difficile quantificazione” il numero di addetti necessari al funzionamento dell’impianto.
In quale fase vorrebbe sviluppare tali analisi? Come detto, una centrale turbogas non è un progetto innovativo ed il proponente dovrebbe con certezza essere a conoscenza della forza lavoro necessaria all’impianto una volta a regime.
Viene inoltre affermato che la centrale “soprattutto costituirà un importante volano di specializzazione per l’economia della provincia di Pistoia”. Ma quale input alla specializzazione dovrebbe portare in un territorio ad indirizzo florovivaistico e turistico la realizzazione di una centrale turbogas di rilevanza regionale?
È prevedibile che l’impatto sui lavoratori pistoiesi a regime sarebbe minimo. Una piccola azienda darebbe un numero di occupati superiore. A Pistoia, per ottenere il medesimo risultato, occorre costruire un impianto che non solo non fornisce utilità diretta al territorio, ma diverrebbe una spada di Damocle sul settore che produce ricchezza e occupazione. Il vivaismo pistoiese, uno dei pochi settori che ‘tiene’ in provincia, anche dal punto di vista occupazionale. Danni potenziali alle piante e all’immagine della qualità prodotta a Pistoia ed esportata in tutto il mondo.
La Regione dispone di tutti gli elementi per valutare. Lo faccia, assumendosene le responsabilità. Tutte!
Coldiretti Pistoia
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 5 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]

1 commento:

  1. Un domanda, se stiamo parlando di una centrale che produce energia elettrica con una turbina a gas raffreddata ad acqua da cosa sono formati i rifiuti salini di cui si parla nell'articolo?

    RispondiElimina

MODERAZIONE DEI COMMENTI

Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.