PISTOIA. Nonostante che la stampa abbia già dato notizia della
posizione della Coldiretti in rapporto alla centrale elettrica Repower, la
semplice lettura di questo lungo documento può essere utile anche al cittadino
qualsiasi per farsi un’idea in proposito.
Obiettivamente dobbiamo dire di
essere rimasti semplicemente scioccati dai contenuti…
Q/n
Doveva essere una partita conclusa.
Ed invece, dopo i tempi supplementari ed i rigori, l’arbitro concede altri mesi
alla squadra che non riesce a fare gol.
La Regione Toscana deve decidere la
compatibilità ambientale di una centrale a gas alle porte della città dei
vivai: Pistoia. La procedura della valutazione di impatto ambientale (Via),
iniziata oltre un anno e mezzo fa,
doveva concludersi in primavera. E invece, a seguito di ulteriori incontri con
il soggetto proponente (Repower, appartenente ad una multinazionale svizzera),
la Regione accetta ulteriori integrazioni al progetto, questa volta definite volontarie
(rendendole pubbliche solo dopo un paio di mesi). Vengono di fatto riaperti i
termini della partita. Tutto legale! Tutto inutile!
Come descritto nelle due relazioni
scientifiche già presentate da Coldiretti Pistoia alla Regione, il progetto di
centrale elettrica alimentata a metano in mezzo al polo vivaistico fiore all’occhiello
dell’agricoltura toscana in Europa e nel mondo, è un errore. E neppure
il supplemento del supplemento, l’integrazione ulteriore serve a trasformare in
una cosa sensata un progetto improvvisato, incoerente e inopportuno.
A queste integrazioni ‘volontarie’,
Coldiretti ha per la terza volta risposto con nuove osservazioni, inviate alle Regione in questi giorni. Un lavoro
condotto da una società indipendente e curata da docenti dell’Università di
Pisa. L’ennesima ‘variante’ al progetto, sostanzialmente, ripropone le stesse
incongruenze di sempre, con qualche aggravante, derivante dalle implicite
ammissioni da parte del proponente.
La fanghiglia
Prima nel torrente, ora ad intasare
la discarica con un ‘palazzo’ di rifiuti di 40 piani (ogni anno).
Nella prima versione del progetto era
previsto che l’acqua di ‘scarico’ della centrale (36 milioni di litri all’anno
a regime) venisse riversata nel Brusigliano (un torrente che attraversa
campagne e zone abitate). Tutto a posto, nessun pericolo!
Ora, nell’ennesima versione del
progetto, queste acque non sono più scaricate nel corso d’acqua, ma vengono
trattate e il residuo conferito in discarica. Non quattro sacchetti di
spazzatura, ma due tir di fanghiglia al giorno (dai 6 agli 11 mila metri cubi
annui) confluirebbero nella discarica del Cassero nel comune di Serravalle. Il
rifiuto è caratterizzato da un alto indice di salinità. Un prodotto di scarto
prima destinato a contaminare un torrente, ora viene mandato ad ingolfare il
già molto precario sistema delle discariche regionali.
Per comprendere la rilevante entità
dei rifiuti conferiti in discarica secondo le linee progettuali del proponente,
basti considerare il quantitativo di rifiuti urbani prodotti dall’intera
provincia di Pistoia che per l’anno 2010 (Dati Ispra-Rapporto) era di 187.890
tonnellate, che equivale a circa 37.578 metri cubi annui. Pertanto quanto
prodotto annualmente dall’impianto (da 6 mila a 11 mila metri cubi) corrisponde
a circa il 16% dei rifiuti dell’intera provincia, nello scenario di utilizzo
della centrale meno intenso (Mid Merit); fino al 30%, in caso di utilizzo
intenso (Base Load). Un solo impianto produrrebbe in pratica da solo quasi un
terzo di tutti i rifiuti prodotti dai quasi 300 mila cittadini pistoiesi. Si
tratta di un quantitativo di fanghi che riempirebbero ogni anno un palazzo di
40 piani con appartamenti da 100 metri quadrati. E tutto questo prima doveva
finire in un corso d’acqua.
Non è tutto. Per i prossimi due
decenni, l’apporto annuo di fanghiglia salina proveniente dall’ipotizzata
centrale elettrica rappresenterebbe in media il 10% dei rifiuti conferiti ogni
anno nella discarica del Cassero: una quantità che accorcia la vita utile della
stessa discarica da un minimo di 18 mesi e fino a 30 mesi. E poi? Si allarga la
discarica del Cassero, oppure se ne costruisce una nuova in provincia di
Pistoia?
Le sinergie col territorio
Inesistenti, a meno di non costruire
una centralina nella centrale (e i tubi li paga Pantalone).
E vogliamo parlare delle sinergie col
territorio? Prima volevano fornire calore alle serre dei vivai circostanti
(serre che non ci sono, visto che le produzioni pistoiesi sono a campo aperto o
a serra fredda). Poi volevano darlo a chi già ce l’ha: il nuovo ospedale di
Pistoia in costruzione, che ovviamente già ha previsto una propria centrale
(inoltre, nella rappresentazione grafica veniva sbagliata l’ubicazione della
nuova struttura sanitaria). Ora si scopre che, per garantire un servizio
efficiente, il calore eventualmente fornito dalla centrale, non è di recupero,
ma deve essere prodotto appositamente con delle nuove caldaie (ancora da
progettare): una sorta di nuova centralina nella centrale. E, come se non
bastasse, la rete per distribuire il calore (tubi isolanti in cui viaggia acqua
ad alta temperatura) non è progettata ed eventualmente dovrebbe essere
realizzata col contributo degli enti locali, quindi con soldi nostri.
Le ciminiere alte 40 metri
Scaricano fumi su un altro pianeta e
l’autostrada non esiste.
Un impianto impattante. Con due
ciminiere alte 40 metri che, oltre a diventare il nuovo biglietto da visita di
Pistoia, evidentemente scaricano sostanze inquinanti in atmosfera. Eppure, a
leggere il progetto, anche nell’ultima versione, la centrale sembra sorgere su
un altro pianeta. Parlando di emissioni, infatti, non viene presa in
considerazione l’interazione con altre fonti inquinanti, come l’autostrada per
esempio, che si snoda a pochi metri dal sito dell’ipotizzata centrale: le auto
e i tir in transito non emettono, a leggere il progetto, gas di scarico.
Sull’impatto delle nuove fonti
inquinanti sulla salute pubblica il documento è vago e illeggibile, e si
commenta da solo. Basti sapere che tutte le simulazioni effettuate legate alla
diffusione degli inquinanti in atmosfera si basano su dati vecchi, risalenti al
2005, tratti da punti di rilevamenti non rappresentativi dell’area di studio.
Trascurati, anche nell’ultima versione del progetto, i dati su pericolosi
inquinanti secondari come l’Ozono, dati richiesti in più occasioni.
Sottostazione e cavidotto
Meno terra per le attività radicate
nel territorio.
La centrale ipotizzata sorgerebbe
nell’area dell’ex fabbrica Radicifil, area a destinazione industriale. Ma tutta
una serie di opere connesse alla centrale vanno ad incidere su aree a diversa
destinazione. In particolare il tracciato del gasdotto interrato, la
sottostazione elettrica e il cavidotto sorgerebbe su aree a destinazione
vivaistica, residenziale e agricola con vincolo di rispetto.
Non si tratta di pochi metri
quadrati, la sola sottostazione (che serve a immettere l’energia prodotta dalla
centrale nella rete elettrica) è grande 12 mila metri quadrati, area più vasta
di un campo di calcio professionistico. Superficie sottratta ad un’attività
produttiva e innovativa come è il vivaismo pistoiese, con il rischio di far
chiudere due piccole aziende che danno lavoro a diversi giovani.
È questo che si intende quando nella
pianificazione regionale viene indicato come prioritario il recupero delle aree
industriali integrandole nel tessuto produttivo locale, che, nel caso specifico
è indiscutibilmente di tipo vivaistico? È la sottrazione di terreni alle piante
ornamentali pistoiesi che intendeva ‘prescrivere’ il Comune di Pistoia nel
proprio piano strutturale? Che indica come strumento per la riqualificazione e
razionalizzazione del tessuto produttivo primario e secondario e dei relativi
rapporti con le attività commerciali la “Realizzazione di un sistema
multipolare attrezzato e infrastrutturato principalmente attestato lungo l’asse
del vivaismo”?
Il comune di Pistoia è pronto a
modificare la propria pianificazione per sottrarre risorse ad un comparto
radicato nel territorio per far posto ad un impianto che col territorio non ha
sinergie, ma tante controindicazioni?
Per esempio, l’area su cui sorge la
centrale è circondata da zone a forte rischio idrogeologico. Una serie di
accorgimenti previsti dal progetto (casse di espansione, muro di contenimento,
ecc.) sono indispensabili, ma forse non sufficienti vista la ‘precarietà’ della
zona. Si è appreso solo pochi giorni fa quanto siano fragili gli argini del
torrente Brusigliano, che lambisce direttamente l’area.
Energia che qui non serve
Nonostante le tante occasioni per
chiarire i punti nebulosi del progetto, non si danno informazioni su punti
cruciali: impatto sulla salute umana, impatto sull’agri-sistema che rende unici
i vivai della provincia. In ultima analisi, non si spiega il perché di questa
centrale. Che produrrebbe energia elettrica di cui la Toscana non necessita.
Negli ultimi due anni e mezzo si è
avuto un incremento esponenziale di impianti (autorizzati ed entrati in
funzione) per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
(fotovoltaico, eolico, biomasse, geotermia) anche di grandi dimensioni. Nel
solo anno 2011 la produzione di energia da fonti rinnovabili in Toscana è
incrementata di 337 MW, una potenza impiantata in un solo anno maggiore del 37%
rispetto ai 245 MW prevista per la centrale alle porte di Pistoia.
Le promesse occupazionali
Non ‘certificate’ nei documenti
ufficiali.
Anche un’azienda che progetta (non
produce, progetta) nuove soluzioni nell’ambito delle biotecnologie, della
robotica, o che progetta di andare tra 50 anni su Marte, ha un’idea di quanti
lavoratori sono necessari per raggiungere un obiettivo. Al contrario, il
proponente del progetto della centrale a turbogas a Pistoia (neppure la più
innovativa), in centinaia di paginate di analisi e buoni propositi, dopo aver
parlato di importanti ricadute occupazionali, senza peraltro aver tenuto conto
dei potenziali ripercussioni negative in altri settori, afferma di essere “in
questa fase di difficile quantificazione” il numero di addetti necessari al
funzionamento dell’impianto.
In quale fase vorrebbe sviluppare
tali analisi? Come detto, una centrale turbogas non è un progetto innovativo ed
il proponente dovrebbe con certezza essere a conoscenza della forza lavoro
necessaria all’impianto una volta a regime.
Viene inoltre affermato che la centrale
“soprattutto costituirà un importante volano di specializzazione per l’economia
della provincia di Pistoia”. Ma quale input alla specializzazione dovrebbe
portare in un territorio ad indirizzo florovivaistico e turistico la
realizzazione di una centrale turbogas di rilevanza regionale?
È prevedibile che l’impatto sui
lavoratori pistoiesi a regime sarebbe minimo. Una piccola azienda darebbe un
numero di occupati superiore. A Pistoia, per ottenere il medesimo risultato,
occorre costruire un impianto che non solo non fornisce utilità diretta al
territorio, ma diverrebbe una spada di Damocle sul settore che produce
ricchezza e occupazione. Il vivaismo pistoiese, uno dei pochi settori che ‘tiene’
in provincia, anche dal punto di vista occupazionale. Danni potenziali alle
piante e all’immagine della qualità prodotta a Pistoia ed esportata in tutto il
mondo.
La Regione dispone di tutti gli
elementi per valutare. Lo faccia, assumendosene le responsabilità. Tutte!
Coldiretti
Pistoia
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[Domenica
5 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]
Un domanda, se stiamo parlando di una centrale che produce energia elettrica con una turbina a gas raffreddata ad acqua da cosa sono formati i rifiuti salini di cui si parla nell'articolo?
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