di Edoardo Bianchini
«Tutti sono tenuti a concorrere alle
spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività» (Costituzione, art. 53)
AGLIANA. Sotto casa di uno dei miei più attivi collaboratori,
Alessandro Romiti, un paio di prostitute (un trans e una donna) hanno
sistematicamente piazzato il loro ufficino serale.
Un paio di giorni fa, poco dopo le 21,
sono passato a prendere Alessandro perché insieme dovevamo far visita a persona
con cui parlare dei disastri della nostra provincia superdemocratica, supergarantista
e superpiddì.
Parcheggio l’auto dinanzi alla sede
della Cna aglianese e, mentre vado verso l’abitazione di Romiti, un ‘artigiano/a’
del sesso si avvia a prendere posizione sull’angolo della superstrada.
Premessa numero 1: non mi scandalizzo
di niente.
Rincalzo alla premessa: non ho niente
da eccepire.
Disposto alla massima tolleranza, non
ho niente da dire per chi fa, del proprio corpo, l’arma segreta per sbarcare il
lunario nella grande lotta per la sopravvivenza. E qui chiuso. Non intendo
stare a discorrere se ciò sia bene o sia male: mi limito a ricordare a tutti
(moralisti e immoralisti, cattolici e no) che è così: punto e basta. E che –
magari – se in 5.000 anni di storia nessuno è riuscito a cambiare il sistema, ciò
significa che, nel sistema, c’è qualcosa che non va – ed è solo un amabile eufemismo.
Alessandro mi ha raccontato di tutto,
di più. Lui, con loro (i due che sono stanziali sotto casa sua) dialoga
come si farebbe con dei buoni vicini. Perché poi, in fondo, tali sono. Lo
stesso Cristo gli rivolgeva la parola senza tanta puzza sotto il naso.
Loro hanno, vicino al proprio front
office, un mucchio di sassi e di mattoni.
E perché? Perché i giovinastri perbene,
che sbevazzano e guidano sbronzi e puzzolenti di birra come dei caproni,
partono, a notte, per delle Strafexpeditionen, spedizioni punitive, che
prevedono il lancio di frutta e verdura marcia contro i/le artigiani/e del
sesso. Che ovviamente rispondono, per non farla troppo lunga e non chiamare i
carabinieri e la polizia – che comunque non otterrebbero niente –, con delle
efficaci mattonate sulle auto: perché anche il problema dell’efficienza non è
piccolo in quest’Italia che non è mai andata, né mai andata peggio di ora.
Sorrido dinanzi a questo metodo pragmatico,
ma di estrema efficienza. Ci rivedo scene da PPP, Pier Paolo Pasolini e ragazzi
di vita.
Di fatto io e Alessandro andiamo dove
dobbiamo andare. Facciamo quel che dobbiamo fare. Torniamo indietro verso
mezzanotte e, all’improvviso, mi scappa un pensiero e chiedo ad Alessandro: «Ma perché noi dobbiamo pagare le tasse e loro, che lavorano
a pieno ritmo e non conoscono alcuna flessione del mercato, non versano neppure
un euro all’Agenzia delle Entrate, per la quale, tutto sommato, ‘etimologicamente
lavorano?».
E Alessandro mi stupisce con una
risposta che non fa una grinza: «Sai com’è?
Si tratta di una questione etica. È un problema tassarli, questi
artigiani, visto il tipo di mestiere ‘inammissibile’ che fanno!». Ah, penso. Visto il tabù, è meglio fare fina ti
niente eh?
Il suo ragionamento sembra non fare una
grinza, perdìo!
Ma guardiamola, questa cosa, anche da
un altro punto di vista: loro che sono lavoratori/trici del nero/al nero
sia a livello morale sia a livello fiscale, non solo possono non pagare, ma
debbono oltretutto essere lasciati da parte per una questione etica… Tutti gli
altri italiani, invece, che non vendono se stessi, ma sono costretti a
guadagnarsi biblicamente il pane col sudore della propria fronte, sono alla
fine costretti a svendere se stessi pagando le tasse fino all’ultimo bottone,
perché, essendo e dovendo essere eticissimi, devono finire spolpati e succhiati
per volontà di quel Dracula di Bondi e dei suoi datori di lavoro, perché questa
è l’etica nella sua più etica accezione. E la Finanza s’incazza per uno
scontrino non emesso per un caffè (€ 1) o per un pezzo di schiacciata che un
commerciante regala a uno studente (c’era l’altro giorno sulla Nazione),
ma – molto eticamente rispettosa – non
pensa affatto di dover agire su ogni colpo da 30 € per prestazioni, diciamo
così, ‘voluttuarie’. Eppure i beni voluttuari dovrebbero essere, nella logica e
nell’etica dello Stato davvero democratico ed equo, supertassati!
Per la prostituzione si parla di cifre dai
5 ai 25 (troppi, davvero troppi, a mio avviso!) miliardi di euro all’anno di
godurie che passano in cavalleria.
Se questo vi sembra giusto – a prescindere
dal ‘mestieraccio’ – ditelo voi. Intanto caccino i lilleri e dopo si può
anche parlare di etica.
Perché, stando così le cose – come diceva
Edoardo Romano dei Trettré (vedi) –, a me… me
pare ’na strunzata!
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[Venerdì 10 agosto 2012 - ©
Quarrata/news 2012]
"canis canem non est"
RispondiElimina... lo dice anche Eugenio Benetazzo
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=6okxrGkQsbY
Riaprire le case chiuse,Punto!
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