di ALESSANDRO
ROMITI
La
conferenza stampa del prof. Livio De Santoli e del dott. Angelo Consoli con il
contributo di Legambiente, Wwf e del Comitato Bottegone-Badia-Agliana
PISTOIA. Una contributo
scientifico di sicuro pregio, quello portato dal prof. Livio De Santoli –
(a destra nell’immagine, vicino a Andrea Fusari) Ordinario alla Sapienza Roma –
e dal dott. Angelo Consoli, presidente del Cetri (Circolo Europeo della Terza
Rivoluzione Industriale) con il contributo di Legambiente, Wwf Pistoia e
Comitato di Bottegone/Badia/Agliana.
I
tecnici hanno fatto rassegna delle numerose incongruenze del progetto che sono
state sottolineate dal Comitato di Badia, per come avvalorate dagli esperti,
richiamandosi a pregevoli citazioni di indirizzo politico: molti gli esempi di
centrali a turbogas che sono sovvenzionate dal pubblico con il “capacity
payment”, perché il lavoro è al minimo regime disponibile (tradotto: “paga Pantalone”).
Quello
che manca – ha detto il prof. De Santoli – è la programmazione e le
amministrazioni non possono più proseguire alle approvazioni di progetti
anacronistici – come quello in esame –
che rischiano di non raggiungere le necessarie performance di remunerazione
industriale.
Alcune
considerazioni puntuali:
– la centrale è a ciclo “combinato” è
inutile e inappropriata: ma non ci sono né serre, né ospedali (il plesso è
autonomo con la co-generazione), né vasche per itticoltura nell’area utili all’uso
dei 245 MW di potenza. Repower non ha saputo individuare soluzioni appropriate
al caso;
– ingiustificate le garanzie della
Regione sulla Via per la minaccia ambientale portata dalle massicce emissioni
di inquinanti diversi, precursori delle polveri ultrafini;
– la Regione Toscana ha deliberato una Via
viziata da un emendamento strumentalmente introdotto sull’area ad “alto rischio
idraulico” atto a superare il limite normativo che impediva tale plesso
industriale;
– l’accordo del luglio 2010 stipulato
con sindacati e amministrazioni per il recupero di livelli occupazionali è
davvero improbabile nel suo mantenimento: Repower ha ben posto delle condizioni
limitative alle effettive competenze professionali “acquisite” dai dipendenti.
Interessante
il contributo di Massimo Donnini, membro di Confartigianato che ha richiamato
due aspetti non accessori sulle criticità del progetto:
– l’esigenza di avere una produzione di
energia sul territorio non è più attuale per la congiuntura della crisi dei
settore del manifatturiero. Ciò porta la Repower a condurre l’avvio di un
progetto sproporzionato e antieconomico per la dimensione dell’investimento (di
circa 100 milioni);
– l’investimento economico ha davvero
ricadute sull’indotto? L’esperienza della costruzione dell’ospedale del “campo
di volo” è dimostrativa del contrario. Nel cantiere dell’ospedale (appaltato al
gruppo Astaldi) non ci sono state significative contribuzioni da parte dell’imprenditoria
locale. Ciò è da ricondurre alla natura multinazionale delle azienda che, come
Repower – ha già “pacchetti” di collaboratori consolidati in una esperienza di
lavoro, ma provenienti da altre regioni.
Qualcuno
ha ben ricordato che la intrigante suggestiva e apprezzabile capacità di avere
una trentina di posti di lavoro è priva di alcun significato se rapportata ai
costi sociali legati alla cura delle patologie correlate a tale fonte di
inquinamento (l’esperienza di Taranto dovrebbe insegnare agli amministratori) e
al rischio – ben probabile – di avere
introduzioni di tecnici e maestranze specializzate provenienti da altri
territori.
La
centrale Repower, esaminata nell’accuratezza dei rapporti di costo/benefici si
dimostra una autentica minaccia per il territorio e il Comitato attende
fiducioso l’esito del ricorso al Tar, sostenuto anche sulla scorta delle
interessanti rivelazioni documentali assicurate da questo blog nel maggio
scorso.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 8 marzo 2013 | 21:43 - © Quarrata/news]
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