di Edoardo Bianchini
Quantum mutatus ab illo, «com’era diverso da quello che conoscevo io», dice Enea
quando sogna il povero Ettore, eroe sfortunato della guerra di Troia (Eneide,
2, 274).
Mi viene da ripetere questa frase stamattina
perché, nel leggere le notizie riportate dalla Nazione, a firma di
Giacomo Bini, su don Firindelli e don Santoro, per un vecchiotto come me si
srotola, tutto insieme e all’improvviso, il film di una Chiesa che ricordo fin
da quando (1956 – avevo 9 anni) l’allora vescovo di Prato, Pietro Fiordelli, si
rese «noto alle cronache […] per aver definito pubblici peccatori e concubini
i coniugi Bellandi (Mauro Bellandi e Loriana Nunziati), una coppia di cittadini
pratesi che si erano sposati con rito civile. Fiordelli fu processato per
diffamazione: fu condannato in primo grado al pagamento di 40.000 lire di
multa, ed assolto in appello per la “insindacabilità dell’atto”» (vedi).
Sia chiaro che, pur essendo di formazione
cattolica e cresciuto all’ombra di un campanile – e nessuno si scandalizzi, visto
che anche Fassino si dichiarò credente e molti cattolici militano all’interno
delle file degli ex-mangiapreti –, oggi mi sento distante anni luce e dalla Chiesa
e dal credere che tutto, in questo mondo infame, sia dovuto a un buon
Creatore. Che voglio scrivere con la C maiuscola, per rispetto a chi ci crede.
Figuratevi se io sono contrario ai
piedi femminili in mano a don Firindelli, o alle idee ‘aperturiste’ di don Santoro.
La mia paura – più che timore – è un’altra:
che cioè tutto quello che si sta facendo e dicendo, dallo scandalo di Fiordelli
al dietrofront di oggi, sia solo dovuto a un fatto di necessaria opportunità,
più che a un credere genuino e profondo – o, se vogliamo, cristiano.
Non mi piace, per esempio – e devo dirlo – la
premessa firindelliana che sembra stare alla base della decisione del parroco
di Montale: «Se accogliessimo solo le persone perfette, le chiese si
svuoterebbero».
Per me, abituato all’esegesi secca,
scarnita, disossata dei testi, trovarmi dinanzi a questa frase condizionale in
questi termini è, necessariamente, un dover riflettere sulla seconda parte di
questo periodo ipotetico della possibilità: le chiese si svuoterebbero.
E questo – mi martellano e mi tormentano le parole – non deve accadere: le
chiese devono continuare a riempirsi.
Perciò mi domando se la ragione dei
piedi e delle aperture sia un vero e proprio intimo bisogno di mutamento, oppure
un semplice prendere atto della mutata condizione dei tempi e un adeguarsi con
e a tutt’altro fine.
Insomma, non mi pare di dovermi fidare.
Non me ne vogliano, in tutta la loro umana
e cristiana comprensione, né i preti né i fedeli: ma qualunque cosa sia stata
detta finora, ha sempre seguito, nei fatti, una vera e propria rotta di
collisione con Cristo e con il suo insegnamento, o, dopo duemila anni di
cristianesimo, qualcosa sarebbe comunque dovuto mutare. Soprattutto quando di
certe cose si è sin troppo discusso in nome della teologia: scienza, mi pare,
alquanto inesatta e claudicante.
Un religioso silenzio su tutto e su
tutti, senza scandalizzarsi di niente in nessun caso (Cristo viveva in una
civiltà che conosceva perfettamente il divorzio e non se ne stupiva; i primi
preti erano sposati e non destavano scandalo) credo che sarebbe stata la vera
risposta a questo enorme mister de l’universo, come dice il poeta (vedi).
Fratelli si è – penso – non perché si dice e
si afferma, ma perché si sente e si vive. E non saranno i piedi femminili
lavati o i corsi per coppie di fatto e/o gay a mutare un’umanità che –
guardando il mondo nella storia – è sempre stata, e resta, proprio messa male.
Almeno per me…
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[Martedì 3 aprile 2012 - ©
Quarrata/news 2012]
Da credente, caro amico Edoardo, sento il dovere di ringraziarti per questo tuo così stimolante commento.
RispondiEliminaPremesso che la notizia sparata ieri con così grande rilievo non ha certo le caratteristiche dello "scoop" (sono anni che, nel silenzio e nel rispetto, le pastorali - anche pistoiesi - sono attente alle unioni formalmente dette "irregolari" e operano di conseguenza), io - e credo di non essere il solo - resto sempre turbato dal comportamento del Cristo davanti a chi avrebbe voluto lapidare la cosiddetta "adultera".
Sceglie il silenzio. Scrive cose misteriose nella polvere. Davanti all'insistenza di chi voleva fregarlo, usa parole potenti e scomode, diventate emblema della autenticità contro l'ipocrisia. Altro che chiese affollate ...