martedì 12 marzo 2013

RETE 13 FEBBRAIO-PISTOIA: «SCELGONO LE DONNE. IL BUON MEDICO NON OBIETTA»


Stasera, 12 marzo, alle 20:30, incontro con Carlo Flamigni e Maria Cangioli a Lo Spazio di via dell’Ospizio

PISTOIA. Come Rete 13 febbraio-Pistoia, come cittadine e come donne, stiamo portando avanti da tempo una riflessione sull’obiezione di coscienza di ginecologi, ostetrici, anestetisti, farmacisti etc. in relazione alla legge 194, interruzione volontaria di gravidanza ed interruzione terapeutica.
È ancora possibile in Italia applicare la legge 194?
I dati nazionali sono allarmanti e quelli pistoiesi non sono da meno. Ci sembra urgente incoraggiare un dibattito sulla legittimità del diritto all’obiezione di coscienza e indagare se questo non intralci un servizio pubblico ostacolando la donna, i suoi diritti, la sua libertà.

I ginecologi obiettori sono ormai più dell’80% (all’ospedale di Pistoia sono solo 5 i medici non obiettori) e per le donne diventa ogni giorno più difficile riuscire a interrompere la gravidanza. È arrivato il momento di scegliere se tutelare l’autonomia del professionista sanitario oppure schierarsi dalla parte delle donne e della loro battaglia per la libertà e i diritti.
Ne discuteremo insieme a Carlo Flamigni e a Maria Cangioli.
Partiremo dall’analisi della situazione del territorio pistoiese, di cui Maria Cangioli, nota ostetrica del Centro Donna di Pistoia, è importante riferimento, e ci interrogheremo sulle migliori strade da percorrere con il ginecologo Carlo Flamigni, membro della Consulta di Bioetica.
Nel dibattito sull’obiezione di coscienza non viene quasi mai messo in discussione il principio che gli operatori sanitari possano rivendicare un diritto all’obiezione di coscienza. La premessa è che una società liberale dovrebbe consentire ai propri cittadini di vivere in maniera conforme ai propri valori e di veder rispettata la propria autonomia. La conclusione è che un medico che non riconosce l’accettabilità morale dell’interruzione di gravidanza dovrebbe avere sempre il diritto di non praticarla. Tuttavia, a parte che è paradossale che nel dibattito sull’interruzione di gravidanza il diritto all’obiezione di coscienza venga invocato anche da quelle agenzie come ad esempio le gerarchie della Chiesa cattolica che rifiutano un assetto della società liberal-democratico, il fatto di difendere il valore dell’autonomia e della libertà personale non comporta necessariamente l’accettazione del diritto all’obiezione di coscienza. Non c’è contraddizione del resto nell’affermare che l’autonomia e l’integrità rappresentano valori irrinunciabili e sostenere che per promuovere il benessere generale e la tutela dei diritti fondamentali dei singoli cittadini (ad es. alla salute) è giusto che lo stato limiti gli spazi di scelta dei singoli all’interno delle professioni.
È ovvio che lo scenario ideale sarebbe quello di trovare una soluzione che permetta di conciliare il diritto alla salute e l’autonomia del paziente con quella del medico: la libertà della donna di decidere se continuare o no la gravidanza con la libertà del medico di decidere se partecipare o no all’interruzione di gravidanza. Dobbiamo prendere atto, però, che la ricerca di questa soluzione ideale è fallita.
[comunicato rete 13 febbraio-pistoia]
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[Martedì 12 marzo 2013 | 07:58 - © Quarrata/news]

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