di Eugenio Baronti [*]
FIRENZE-PISTOIA. Gli storici la ricorderanno cosi, come una rivoluzione
elettorale senza precedenti, quella che andata in onda lunedì 25 febbraio nella
tarda serata a reti unificate su tutte le emittenti televisive italiane,
europee ed internazionali. Lo tsunami Grillo ha travolto e piegato come un
fuscello il sistema politico della seconda repubblica.
Circa 16 milioni di elettori
hanno cambiato il loro voto, un dato clamoroso, mai successo prima.
Il PDL redivivo, grazie all’abilità
mediatica comunicativa del suo padre padrone tanto abile quanto cinico e privo
di ogni scrupolo di ordine morale ed etico, ha lasciato sul terreno più di 6
milioni di elettori, il Pd, ancora una volta è riuscito a raffreddare ogni
entusiasmo, presentandosi con la solita faccia grigia, senza passione e senza
anima, ha vinto di stretta misura la battaglia di Pirro, perdendo circa 4
milioni di voti.
Anche la Lega, pur centrando l’elezione del suo segretario a
Presidente della più grande regione Italiana, esce da queste elezioni perdendo
la metà del suo consenso elettorale; la sinistra alternativa, quella che
ostinatamente ha voluto andare da sola, fuori dal centro sinistra, è stata
accompagnata dagli elettori al capolinea per l’ultimo triste viaggio senza
ritorno, cancellata per la seconda volta dalle aule parlamentari. Infine, l’unica
consolazione che ci rimane, è la cancellazione di Fini e Casini, il pesante
ridimensionamento delle ambizioni politiche elettorali di Monti e la
insignificanza politica di tutto il resto delle forze politiche, vecchie e
nuove.
Da questo tsunami SEL non viene
travolta, ottiene un brutto risultato del tutto insufficiente e
insoddisfacente, rimane piccola ma resiste, non viene spazzata via, è l’unica
sinistra sopravvissuta che entra in Parlamento e, data la complessa situazione
di crisi e la totale instabilità politica che deriva dalla mancanza di una
maggioranza al Senato, si potrebbero aprire nel prossimo futuro scenari
politici e sociali ed opportunità del tutto inedite e fino a ieri
inimmaginabili.
Il Movimento 5 stelle è riuscito
a fare ciò che alla sinistra non è mai riuscito: mettere in crisi l’intero
sistema della rappresentanza politica italiana. Parliamoci chiaro, se non ci
fossero stati loro il sistema politico avrebbe tenuto, loro sono riusciti a
scompaginarlo e ancora di più riusciranno a farlo nei prossimi mesi
semplicemente perché sono fuori dal sistema, sconosciuti e quindi
imprevedibili, non sono, almeno in questa fase, gestibili, non possono essere
nell’immediato omologati e ricondotti nell’ambito della dialettica
istituzionale tradizionale. La loro presenza potrebbe essere dirompente perché
non entrano in parlamento con un esiguo drappello di guastatori ma con un
esercito di deputati, come primo partito del paese.
Sono riusciti a dare voce e
rappresentanza al moto di indignazione, alla rabbia che covava da anni e, se è
vero che sulla rabbia e sul risentimento è difficile costruire qualcosa di
buono, è altrettanto vero che noi questo moto di rivolta e di indignazione l’abbiamo
avvertito ma non siamo stati assolutamente in grado di raccoglierlo, di dargli
voce, non l’abbiamo preso sul serio, non ne abbiamo compreso la reale portata,
non siamo stati capaci di conquistarlo ad una politica propositiva.
Siamo stati a parole, innovatori
ma nel fare siamo stati dei conservatori senza coraggio, poco visibili, troppo
subalterni ad un sistema politico sempre più insopportabile ed intollerabile.
Una crisi come questa ha bisogno
di rompere le consuetudini, le rassicuranti abitudini, ha bisogno di inventare
e praticare forme, linguaggi e rappresentanze nuove, ma soprattutto ha bisogno
di un fare coerente con quella che è la nostra proposta politica programmatica.
Dovevamo cambiare e rinnovarci e
non ci siamo riusciti, ci siamo adagiati troppo sull’esistente, ci siamo
comportati come dei conservatori, abbiamo tollerato comportamenti e pratiche
incoerenti, molti nostri amministratori si sono adeguati e accontentati di
gestire l’ordinaria amministrazione dell’esistente, sono andati avanti per
inerzia senza metterci passione e coraggio. Non siamo diventati il punto di
riferimento riconoscibile di una nuova politica fondata su contenuti innovativi
e alternativi, siamo apparsi come un pezzettino del vecchio odiato sistema.
Nell’era della massima
spettacolarizzazione della politica ha vinto un leader che viene dal mondo
dello spettacolo, un ex comico dalla battuta facile, graffiante e irriverente,
un padre padrone di un agglomerato politico culturalmente e politicamente
trasversale ed estremamente fragile perché non ancora strutturato, ma,
commetteremmo un errore imperdonabile, se vedessimo solo la punta dell’iceberg,
c’è un movimento che a livello territoriale esprime contenuti programmatici in
larga parte condivisibili: opposizione agli inceneritori, raccolta
differenziata e riciclaggio dei rifiuti, filiera corta, agricoltura biologica,
consumo responsabile, gruppi di acquisto solidali, reddito di cittadinanza,
contrarietà alle grandi opere inutili tipo ponte sullo stretto e TAV, anche se è
chiaro a tutti che il successo elettorale non nasce da questo ma dalla promessa
di sfasciare tutto e di mandare tutti a casa.
Noi dobbiamo essere capaci di
utilizzare l’onda d’urto di questo movimento per affermare contenuti
programmatici che fanno parte della nostra breve storia e della nostra proposta
politica progettuale, ma che il nostro gruppo dirigente, tendenzialmente
conservatore, ha lasciato nell’ombra, non è riuscito a valorizzarli e
soprattutto i nostri amministratori, tranne poche eccezioni, non sono stati in
grado di realizzarli sui territori come buone pratiche virtuose imponendoli all’ordine
del giorno della politica territoriale la dove abbiamo responsabilità di
governo.
Con queste persone portatori di
contenuti e pratiche innovative noi abbiamo il dovere di aprire un confronto,
su questi contenuti programmatici noi dovremo sfidarli ed essere in grado di
realizzarli insieme, indipendentemente dall’insopportabile populismo
demagogico, violento e rancoroso del suo onnipotente capo carismatico genovese.
Sarebbe troppo facile se per
salvare il paese bastasse mandare a casa un ceto politico, questa è una
rappresentazione banale e semplificata di una realtà molto più complessa.
Questa classe politica non è un
corpo estraneo piovuto da chissà dove sulla terra per castigo divino, è
purtroppo lo specchio di questo paese malato, sempre più egoista, intollerante
e incattivito, che ragiona sempre più con la pancia e sempre meno con la testa,
questo paese non è innocente: è vittima e insieme carnefice, ha gravi
responsabilità per aver espresso un ceto politico che ci ha ridotto in miseria
economica e culturale.
Se questo è vero, allora una
nuova idea di società non si può conquistare solo mandando a casa una classe
dirigente c’è bisogno di molto di più, di costruire un percorso e un processo
culturale di responsabilizzazione, di recupero di senso civico e di riscoperta
della partecipazione come fondamento di una democrazia civile, di ricostruire
reti relazionali sociali solidali e un nuovo umanesimo, perché questo paese
possa uscire dal tunnel ed essere in grado di selezionare una classe dirigente
diffusa di qualità e all’altezza delle grandi sfide di questo passaggio storico
che il mondo contemporaneo sta attraversando.
Questa crisi drammatica, non solo
economica ma di prospettiva, crea angoscia, paure e incertezza, cancella nella
percezione di una enormità di persone la speranza di futuro. Una crisi così
complessa e di questa portata, non può essere affrontata con strumenti
ordinari, quindi tutti i conservatori che affollano tutti i partiti dovrebbero
essere messi in disparte.
L’elettorato con questo voto non
ci ha indicato come e cosa ci vuole per superare la crisi, ha semplicemente
voluto e prodotto uno scossone tellurico per abbattere l’albero secco della
vecchia politica nella speranza che questo possa bastare a far rinascere la
pianta della nuova politica. Per fare questo si sono serviti di Grillo, come di
Renzi nelle primarie del PD.
Il primo, nell’immaginario
collettivo, rappresenta il vendicatore e il distruttore del sistema, il secondo
il rottamatore e l’innovatore per fare fuori un sistema di potere che non regge
e non funziona più nemmeno nelle Regioni Rosse.
I tanti scandali, le tante
spericolate operazioni speculative finanziare e immobiliari, consumate sulla
pelle del paese reale da potenti gruppi di affari trasversali, trovano spazio
di azione di fronte ad una politica priva di autorevolezza, questi gruppi
dettano le linee e dispongono di un sistema plasmato a immagine e somiglianza
dei loro interessi.
In Toscana, la vicenda Castello e
Credito cooperativo prima, la vicenda MPS oggi, i vari Mussari, Verdini e
company, testimoniano che questi gruppi hanno ricoperto il vuoto lasciato dalla
politica, e sono i protagonisti dei grandi affari speculativi degli ultimi
decenni, dettano ad un sistema politico completamente subalterno, le linee
guida del modello di sviluppo presente e futuro. Dobbiamo far saltare questo
sistema riappropriandoci della buona politica e della democrazia completamente
svuotata di senso e di contenuti.
La nostra presenza in Parlamento
ci restituisce maggiore visibilità e quindi uno spazio politico istituzionale
fondamentale per fare politica che dovrà essere utilizzato al meglio. Noi
dobbiamo caratterizzarci come la forza costruttiva e propositiva del
rinnovamento, portatrice di una nuova idea di società socialmente ed
ecologicamente sostenibile.
Dobbiamo opporci senza alcun
tentennamento ad ogni ipotesi di governissimo, di larghe intese. Con Berlusconi
e con questa destra non c’è nessuna possibilità d’accordo tecnico tantomeno
politico, pena il suicidio nostro e di tutto il centro sinistra.
Oggi il vero spartiacque della
politica è tra chi vuole far sopravvivere questo sistema e si adopera per
rimetterlo in piedi con qualche correttivo e chi invece lo ritiene socialmente
ed ecologicamente insostenibile e lo vuole rimettere in discussione, superarlo,
aprendo un processo culturale sociale e politico di transizione verso un nuovo
modello di società.
Oggi Sel deve lanciare la sfida
della trasformazione e formare una nuova classe dirigente all’altezza di questa
sfida. Una nuova classe dirigente che non si accontenta di gestire lo status
quo, che ha il coraggio per tentare di costruire sui territori soluzioni e
risposte nuove a problemi vecchi che si trascinano senza soluzioni da anni.
Cosi come siamo oggi, siamo del
tutto inadeguati, bisogna cambiare in profondità: più democrazia, massima
apertura alla società e ai nuovi movimenti che praticano nuove forme dell’agire
politico, primarie aperte per selezionare i nostri rappresentanti in tutte le
istituzioni di ogni ordine e grado, formare - utilizzando e valorizzando le
esperienze che abbiamo - una nuova leva di amministratori coraggiosi e capaci
di innovare e creare sui territori quelle buone pratiche virtuose sulle quali
costruire percorsi culturali per conquistare credibilità, autorevolezza e
consenso popolare.
Stabilire e praticare, a partire
da noi stessi, un tetto minimo dei compensi per tutte le cariche istituzionali,
rifiutare gli iniqui privilegi che hanno reso la politica prigioniera di una
casta profondamente odiata dal popolo e questo per avere la credibilità per
lanciare al paese una grande stagione di lotta ai privilegi, per sconfiggere le
tante caste strutturate e consolidate, per abolire le pensioni d’oro e porre un
tetto massimo alle retribuzioni di manager pubblici e privati.
Creare un fondo popolare di
solidarietà sociale promuovendo, anche come pratica di lotta e di costruzione
di consapevolezza contro l’attuale sistema globale finanziario e speculativo,
nuove forme di risparmio popolare solidale, una finanza etica di filiera corta
autogestita perché il nostro risparmio (chi ha la fortuna di averlo) non vada
ad alimentare la macchina infernale della speculazione finanziaria che sta
deindustrializzando il paese e ci sta portando alla rovina. Con questa buona
pratica potremmo offrire l’opportunità di finalizzare il risparmio per un uso
etico, socialmente ed ambientalmente utile per costruire lavoro riscoprendone e
valorizzando la sua funzione sociale e il suo rispetto per gli equilibri
naturali.
Fare tutto questo e tanto altro
ancora, cercando di tenere sempre aperta la porta al dialogo e al confronto con
i movimenti, senza subalternità e sudditanza culturale, senza inseguire il
grillismo ma lanciando a loro e a tutto il paese la sfida del cambiamento
praticato e non solo predicato, con la consapevolezza che fare questo, stare
dentro la società, dentro le sue parziali e contraddittorie dinamiche di
partecipazione e di protagonismo sociale, rappresenta l’anticorpo
indispensabile per evitare di finire anche noi nel politicismo politicante di
Palazzo. Insomma, di fare la fine della rana lessa.
[*] – Membro dell’Assemblea regionale di Sel in Toscana
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[Mercoledì 6 marzo 2013 | 11:40 - © Quarrata/news]
Da tutta questa poco divina commedia si ricava la sensazione che tutti gli altri partiti siano feccia, senza etica,morale (PDL), grigia (PD) e solo SEL abbia retto allo tsunami Grillo. La colpa è sempre degli altri e "loro" le vittime vittoriose. Bell'esempio di comunismo all'italiana! Come al solito,come sempre. Grillo, salvaci tu!
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