mercoledì 6 marzo 2013

SEL E LA RIVOLUZIONE ELETTORALE DEL FEBBRAIO 2013

di Eugenio Baronti [*]

FIRENZE-PISTOIA. Gli storici la ricorderanno cosi, come una rivoluzione elettorale senza precedenti, quella che andata in onda lunedì 25 febbraio nella tarda serata a reti unificate su tutte le emittenti televisive italiane, europee ed internazionali. Lo tsunami Grillo ha travolto e piegato come un fuscello il sistema politico della seconda repubblica.
Circa 16 milioni di elettori hanno cambiato il loro voto, un dato clamoroso, mai successo prima.
Il PDL redivivo, grazie all’abilità mediatica comunicativa del suo padre padrone tanto abile quanto cinico e privo di ogni scrupolo di ordine morale ed etico, ha lasciato sul terreno più di 6 milioni di elettori, il Pd, ancora una volta è riuscito a raffreddare ogni entusiasmo, presentandosi con la solita faccia grigia, senza passione e senza anima, ha vinto di stretta misura la battaglia di Pirro, perdendo circa 4 milioni di voti.
Anche la Lega, pur centrando l’elezione del suo segretario a Presidente della più grande regione Italiana, esce da queste elezioni perdendo la metà del suo consenso elettorale; la sinistra alternativa, quella che ostinatamente ha voluto andare da sola, fuori dal centro sinistra, è stata accompagnata dagli elettori al capolinea per l’ultimo triste viaggio senza ritorno, cancellata per la seconda volta dalle aule parlamentari. Infine, l’unica consolazione che ci rimane, è la cancellazione di Fini e Casini, il pesante ridimensionamento delle ambizioni politiche elettorali di Monti e la insignificanza politica di tutto il resto delle forze politiche, vecchie e nuove.
Da questo tsunami SEL non viene travolta, ottiene un brutto risultato del tutto insufficiente e insoddisfacente, rimane piccola ma resiste, non viene spazzata via, è l’unica sinistra sopravvissuta che entra in Parlamento e, data la complessa situazione di crisi e la totale instabilità politica che deriva dalla mancanza di una maggioranza al Senato, si potrebbero aprire nel prossimo futuro scenari politici e sociali ed opportunità del tutto inedite e fino a ieri inimmaginabili.
Il Movimento 5 stelle è riuscito a fare ciò che alla sinistra non è mai riuscito: mettere in crisi l’intero sistema della rappresentanza politica italiana. Parliamoci chiaro, se non ci fossero stati loro il sistema politico avrebbe tenuto, loro sono riusciti a scompaginarlo e ancora di più riusciranno a farlo nei prossimi mesi semplicemente perché sono fuori dal sistema, sconosciuti e quindi imprevedibili, non sono, almeno in questa fase, gestibili, non possono essere nell’immediato omologati e ricondotti nell’ambito della dialettica istituzionale tradizionale. La loro presenza potrebbe essere dirompente perché non entrano in parlamento con un esiguo drappello di guastatori ma con un esercito di deputati, come primo partito del paese.
Sono riusciti a dare voce e rappresentanza al moto di indignazione, alla rabbia che covava da anni e, se è vero che sulla rabbia e sul risentimento è difficile costruire qualcosa di buono, è altrettanto vero che noi questo moto di rivolta e di indignazione l’abbiamo avvertito ma non siamo stati assolutamente in grado di raccoglierlo, di dargli voce, non l’abbiamo preso sul serio, non ne abbiamo compreso la reale portata, non siamo stati capaci di conquistarlo ad una politica propositiva.
Siamo stati a parole, innovatori ma nel fare siamo stati dei conservatori senza coraggio, poco visibili, troppo subalterni ad un sistema politico sempre più insopportabile ed intollerabile.
Una crisi come questa ha bisogno di rompere le consuetudini, le rassicuranti abitudini, ha bisogno di inventare e praticare forme, linguaggi e rappresentanze nuove, ma soprattutto ha bisogno di un fare coerente con quella che è la nostra proposta politica programmatica.
Dovevamo cambiare e rinnovarci e non ci siamo riusciti, ci siamo adagiati troppo sull’esistente, ci siamo comportati come dei conservatori, abbiamo tollerato comportamenti e pratiche incoerenti, molti nostri amministratori si sono adeguati e accontentati di gestire l’ordinaria amministrazione dell’esistente, sono andati avanti per inerzia senza metterci passione e coraggio. Non siamo diventati il punto di riferimento riconoscibile di una nuova politica fondata su contenuti innovativi e alternativi, siamo apparsi come un pezzettino del vecchio odiato sistema.
Nell’era della massima spettacolarizzazione della politica ha vinto un leader che viene dal mondo dello spettacolo, un ex comico dalla battuta facile, graffiante e irriverente, un padre padrone di un agglomerato politico culturalmente e politicamente trasversale ed estremamente fragile perché non ancora strutturato, ma, commetteremmo un errore imperdonabile, se vedessimo solo la punta dell’iceberg, c’è un movimento che a livello territoriale esprime contenuti programmatici in larga parte condivisibili: opposizione agli inceneritori, raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti, filiera corta, agricoltura biologica, consumo responsabile, gruppi di acquisto solidali, reddito di cittadinanza, contrarietà alle grandi opere inutili tipo ponte sullo stretto e TAV, anche se è chiaro a tutti che il successo elettorale non nasce da questo ma dalla promessa di sfasciare tutto e di mandare tutti a casa.
Noi dobbiamo essere capaci di utilizzare l’onda d’urto di questo movimento per affermare contenuti programmatici che fanno parte della nostra breve storia e della nostra proposta politica progettuale, ma che il nostro gruppo dirigente, tendenzialmente conservatore, ha lasciato nell’ombra, non è riuscito a valorizzarli e soprattutto i nostri amministratori, tranne poche eccezioni, non sono stati in grado di realizzarli sui territori come buone pratiche virtuose imponendoli all’ordine del giorno della politica territoriale la dove abbiamo responsabilità di governo.
Con queste persone portatori di contenuti e pratiche innovative noi abbiamo il dovere di aprire un confronto, su questi contenuti programmatici noi dovremo sfidarli ed essere in grado di realizzarli insieme, indipendentemente dall’insopportabile populismo demagogico, violento e rancoroso del suo onnipotente capo carismatico genovese.
Sarebbe troppo facile se per salvare il paese bastasse mandare a casa un ceto politico, questa è una rappresentazione banale e semplificata di una realtà molto più complessa.
Questa classe politica non è un corpo estraneo piovuto da chissà dove sulla terra per castigo divino, è purtroppo lo specchio di questo paese malato, sempre più egoista, intollerante e incattivito, che ragiona sempre più con la pancia e sempre meno con la testa, questo paese non è innocente: è vittima e insieme carnefice, ha gravi responsabilità per aver espresso un ceto politico che ci ha ridotto in miseria economica e culturale.
Se questo è vero, allora una nuova idea di società non si può conquistare solo mandando a casa una classe dirigente c’è bisogno di molto di più, di costruire un percorso e un processo culturale di responsabilizzazione, di recupero di senso civico e di riscoperta della partecipazione come fondamento di una democrazia civile, di ricostruire reti relazionali sociali solidali e un nuovo umanesimo, perché questo paese possa uscire dal tunnel ed essere in grado di selezionare una classe dirigente diffusa di qualità e all’altezza delle grandi sfide di questo passaggio storico che il mondo contemporaneo sta attraversando.
Questa crisi drammatica, non solo economica ma di prospettiva, crea angoscia, paure e incertezza, cancella nella percezione di una enormità di persone la speranza di futuro. Una crisi così complessa e di questa portata, non può essere affrontata con strumenti ordinari, quindi tutti i conservatori che affollano tutti i partiti dovrebbero essere messi in disparte.
L’elettorato con questo voto non ci ha indicato come e cosa ci vuole per superare la crisi, ha semplicemente voluto e prodotto uno scossone tellurico per abbattere l’albero secco della vecchia politica nella speranza che questo possa bastare a far rinascere la pianta della nuova politica. Per fare questo si sono serviti di Grillo, come di Renzi nelle primarie del PD.
Il primo, nell’immaginario collettivo, rappresenta il vendicatore e il distruttore del sistema, il secondo il rottamatore e l’innovatore per fare fuori un sistema di potere che non regge e non funziona più nemmeno nelle Regioni Rosse.
I tanti scandali, le tante spericolate operazioni speculative finanziare e immobiliari, consumate sulla pelle del paese reale da potenti gruppi di affari trasversali, trovano spazio di azione di fronte ad una politica priva di autorevolezza, questi gruppi dettano le linee e dispongono di un sistema plasmato a immagine e somiglianza dei loro interessi.
In Toscana, la vicenda Castello e Credito cooperativo prima, la vicenda MPS oggi, i vari Mussari, Verdini e company, testimoniano che questi gruppi hanno ricoperto il vuoto lasciato dalla politica, e sono i protagonisti dei grandi affari speculativi degli ultimi decenni, dettano ad un sistema politico completamente subalterno, le linee guida del modello di sviluppo presente e futuro. Dobbiamo far saltare questo sistema riappropriandoci della buona politica e della democrazia completamente svuotata di senso e di contenuti.
La nostra presenza in Parlamento ci restituisce maggiore visibilità e quindi uno spazio politico istituzionale fondamentale per fare politica che dovrà essere utilizzato al meglio. Noi dobbiamo caratterizzarci come la forza costruttiva e propositiva del rinnovamento, portatrice di una nuova idea di società socialmente ed ecologicamente sostenibile.
Dobbiamo opporci senza alcun tentennamento ad ogni ipotesi di governissimo, di larghe intese. Con Berlusconi e con questa destra non c’è nessuna possibilità d’accordo tecnico tantomeno politico, pena il suicidio nostro e di tutto il centro sinistra.
Oggi il vero spartiacque della politica è tra chi vuole far sopravvivere questo sistema e si adopera per rimetterlo in piedi con qualche correttivo e chi invece lo ritiene socialmente ed ecologicamente insostenibile e lo vuole rimettere in discussione, superarlo, aprendo un processo culturale sociale e politico di transizione verso un nuovo modello di società.
Oggi Sel deve lanciare la sfida della trasformazione e formare una nuova classe dirigente all’altezza di questa sfida. Una nuova classe dirigente che non si accontenta di gestire lo status quo, che ha il coraggio per tentare di costruire sui territori soluzioni e risposte nuove a problemi vecchi che si trascinano senza soluzioni da anni.
Cosi come siamo oggi, siamo del tutto inadeguati, bisogna cambiare in profondità: più democrazia, massima apertura alla società e ai nuovi movimenti che praticano nuove forme dell’agire politico, primarie aperte per selezionare i nostri rappresentanti in tutte le istituzioni di ogni ordine e grado, formare - utilizzando e valorizzando le esperienze che abbiamo - una nuova leva di amministratori coraggiosi e capaci di innovare e creare sui territori quelle buone pratiche virtuose sulle quali costruire percorsi culturali per conquistare credibilità, autorevolezza e consenso popolare.
Stabilire e praticare, a partire da noi stessi, un tetto minimo dei compensi per tutte le cariche istituzionali, rifiutare gli iniqui privilegi che hanno reso la politica prigioniera di una casta profondamente odiata dal popolo e questo per avere la credibilità per lanciare al paese una grande stagione di lotta ai privilegi, per sconfiggere le tante caste strutturate e consolidate, per abolire le pensioni d’oro e porre un tetto massimo alle retribuzioni di manager pubblici e privati.
Creare un fondo popolare di solidarietà sociale promuovendo, anche come pratica di lotta e di costruzione di consapevolezza contro l’attuale sistema globale finanziario e speculativo, nuove forme di risparmio popolare solidale, una finanza etica di filiera corta autogestita perché il nostro risparmio (chi ha la fortuna di averlo) non vada ad alimentare la macchina infernale della speculazione finanziaria che sta deindustrializzando il paese e ci sta portando alla rovina. Con questa buona pratica potremmo offrire l’opportunità di finalizzare il risparmio per un uso etico, socialmente ed ambientalmente utile per costruire lavoro riscoprendone e valorizzando la sua funzione sociale e il suo rispetto per gli equilibri naturali.
Fare tutto questo e tanto altro ancora, cercando di tenere sempre aperta la porta al dialogo e al confronto con i movimenti, senza subalternità e sudditanza culturale, senza inseguire il grillismo ma lanciando a loro e a tutto il paese la sfida del cambiamento praticato e non solo predicato, con la consapevolezza che fare questo, stare dentro la società, dentro le sue parziali e contraddittorie dinamiche di partecipazione e di protagonismo sociale, rappresenta l’anticorpo indispensabile per evitare di finire anche noi nel politicismo politicante di Palazzo. Insomma, di fare la fine della rana lessa.

[*] – Membro dell’Assemblea regionale di Sel in Toscana

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[Mercoledì 6 marzo 2013 | 11:40 - © Quarrata/news]

1 commento:

  1. Da tutta questa poco divina commedia si ricava la sensazione che tutti gli altri partiti siano feccia, senza etica,morale (PDL), grigia (PD) e solo SEL abbia retto allo tsunami Grillo. La colpa è sempre degli altri e "loro" le vittime vittoriose. Bell'esempio di comunismo all'italiana! Come al solito,come sempre. Grillo, salvaci tu!

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