di Edoardo Bianchini
…ma non faremmo il nostro dovere di
cronisti se, accanto alle parole di Antonio Nardi, che precedono questo post,
non ponessimo, con lo stesso rilievo, anche quelle di un nostro lettore che ci ha
scritto così:
Pistoia ormai è in coma politico da
anni, sono riusciti a bloccare tutto o quasi, sono stati bravi nel castigare
chi cercava di fare sviluppo ed innovazione premiando gli intrallazzoni, i
prepotenti, i dinosauri. Non è auspicabile che ci sia un cambiamento, ci deve
essere un cambiamento per evitare che la città muoia schiacciata dal proprio
peso. Ci sono giovani che mordono il freno, imprenditori che nonostante la
crisi sono disposti a rischiare. La nostra città è un piccolo bon bon, un
cioccolatino buonissimo ma incartato male e nascosto sotto altri imbellettati e
non così buoni. Ci vuole un cambiamento di mentalità, devono essere resi
innocui tutti coloro [che] hanno fatto del male alla città ed ai cittadini attraverso
un’amministrazione clientelare e monotematica, solo così la città potrà
risorgere e brillare di luce propria.
Di fronte ad affermazioni come queste,
osservare la lotta fra aspiranti candidati-sindaco diventa l’esercizio non di
un diritto politico, ma di una assoluta responsabilità nei confronti di una
città e del suo sviluppo futuro.
Ora che la Breda è tramontata e che il
Pd non potrà – come abbiamo più volte scritto – affondare facili radici in una
realtà lavorativa ormai destinata a sfumare da un istante all’altro, segnando
un radicale cambiamento nell’indecente abitudine al potere senza
contraddittorio, al di là delle pubblicità politiche che circolano in città su
volantini stampati per l’occasione delle primarie del 29 prossimo, e al di là
dei sorrisetti che tutti dispensano ai loro beniamini-elettori, l’elettorato –
quello vero, quello popolare: e non quello delle cordate – dovrà porsi solo una domanda doppia e disgiuntiva: se
volere la mummificazione assoluta della città, offrendola in pasto ai dinosauri
della politica locale, o se scegliere una via difficilissima, ma di speranza e
di riscatto morale, civile, politico ed economico.
Il nome da votare farà la differenza,
non c’è dubbio.
E dovrà essere un nome davvero nuovo e
vergine – e non consunto né frusto perché sostenuto non dalla gente
reale che deve vivere e sopravvivere, ma da quei vecchi poteri che non vogliono
morire a nessun costo e che non si arrendono mai perché amano e rispettano solo
se stessi e i propri interessi.
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[Lunedì 2 gennaio 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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