giovedì 7 marzo 2013

‘STEFANO BOLLANI DANISH TRIO’, MOLTO PIÙ CHE TRE ORCHI


di LUIGI SCARDIGLI

Con i suoi due comprimari dei Paesi Bassi, con aspetti da ricercatori universitari, anziché poderosi ed inimitabili strumentisti, Stefano Bollani ha solcato una traccia indelebile della musica in città

PISTOIA. Alcune volte mi sorge il dubbio che Dio esista. Scherzo, eh, ma quando assisto a certi spettacoli – troppo belli per essere decodificati e riposizionati in un casellario reperibile – non riesco a spiegare il fenomeno se non con qualcosa di sovrannaturale. Mi riferisco al concerto di ieri sera al teatro Manzoni, un fuori abbonamento da paura, con lo Stefano Bollani Danish Trio, che mi ero permesso di presentare come tre orchi: ma sono molto di più; sono molto peggio!
È un’impresa riuscire a trovare parole, ma è già dura riuscire a sillabare qualcosa che non somigli il garrito di una rondine, per descrivere quello che sono riusciti a mettere in piedi Stefano Bollani al piano, Jesper Bodilsen al contrabbasso e Morten Lund alla batteria.
Giocando con la musica e con i suoi mostri sacri, con le note e con i rumori, che diventano note, e le note, semplici rumori e le note e i rumori insieme qualcosa di assolutamente perverso e paradisiaco, così come è il sound e la vita di Stefano Bollani, musicista al di sopra, al di sotto, al di là sicuramente di ogni rigo, di qualunque altro dei suoi colleghi, che lassù, dove viaggia lui, non sono poi così in tanti.
Dopo un’intro di puro jazz, costellata da fughe e frenate improvvise, con spazio per gli assoli e per il groove che il pubblico non ha certo penato per leggere e lasciarsi ammaliare, il trio ha iniziato a divertirsi, esplorando il cosmo musicale: da Billie Jean, di Michael Jackson, che è diventata un jazid che ha tracimato nel reggae, ma di stampo afro-jamaicano, passando per Come ti vorrei, di Battisti-Mogol, che è diventato un brano di rockaz per chiudere la serata, al secondo bis, con un tributo, inevitabile ed inevitato, ad Antonio Carlos Jobim, che ha suggellato la passione, antica e mai nascosta, del pianista fiorentino verso la bossanova.
Prima e dopo, ma soprattutto durante, i tre musicisti, con delle facce al limite della presentabilità e dunque della credibilità, hanno dato libero sfogo alla loro superbia e alla loro maestria, passeggiando in punta dei piedi lungo un avarissimo crinale che dava a strapiombo su ogni rischio possibile ed immaginabile, con il risultato che questo esercizio di puro e sfacciato equilibrismo si è trasformato in una delicatissima e invitante onda carica di emozioni, quelle distribuite al numerosissimo pubblico del teatro, che ha risposto con composta energia ad un evento che ha del leggendario.
Con i suoi due comprimari dei Paesi Bassi, con aspetti da ricercatori universitari, anziché poderosi ed inimitabili strumentisti, Stefano Bollani ha solcato una traccia indelebile della musica in città, dando una prova esagerata della multi etnicità sonora e timbrica e dimostrando come la musica non risponda e non osservi alcuna regola, se non quella del cuore e delle emozioni, a patto di saper amare. E sapersi far amare.
Certo, quando si è in possesso di tuttologhe capacità, anche un foglio di carta stropicciato a due dita dal microfono o conversazioni surreali da fumetteria televisiva anni ’70 diventano un anello di congiunzione, che pare inevitabile, tra un saggio jazz e il successivo di bossanova, con accenti timbrici che in più di un’occasione, seppur graditi fino agli applausi a scena aperta, sono andati ben oltre l’umana capacità di percezione e comprensione.
Insomma, ieri sera è stata una di quelle nottate nelle quali il dubbio amletico di un’esistenza superiore ha messo a dura prova le mie laiche certezze. Ma poi sono tornato casa, a scrivere, e di fronte alle mie spesso empiriche difficoltà a rendere a voi lettori quello che ho avuto l’immeritato dono di ricevere, sono tornato con i piedi per terra e me ne sono fatto una ragione: Dio non c’è, ma Stefano Bollani Danish Trio sì; ieri sera li ho visti ed ascoltati, ieri sera, io c’ero!

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Foto di Luigi Scardigli.
[Giovedì 7 marzo 2013 | 08:25 - © Quarrata/news]

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