martedì 24 luglio 2012

SERRAVALLE. MOCHI, PISTOIAMBIENTE, LE ROCCHINE E LA QUESTIONE MORALE

di Edoardo Bianchini

I ‘punti deboli’ delle risposte forti dell’ex-Sindaco di Serravalle

SERRAVALLE-CASALGUIDI. In un momento di relativa calma fra tutte le cose che bollono in pentola (Comunità Montana, Untouchables, comandante dei vigili Napolitano agli arresti domiciliari, Apr/Bardelli, Inceneritore, Pir e tutto il resto in fila) torno indietro di un passo e mi rileggo il servizio della Faragli su Renzo Mochi (Il Tirreno di sabato 21 luglio).

Ripasso le parole e, a buon diritto, mi indigno, perché mi pare di vivere su un altro pianeta, dove dei Klingon non hanno capito che fare gli amministratori pubblici carica, sul groppone di chi li fa, dei pesi di responsabilità almeno centuplicati rispetto al cittadino privato che se ne sta a casina propria.
Eccovi le perle di saggezza dell’ex-Sindaco di Serravalle, uno degli uomini del Pd più impegnati pur senza cariche e incarichi, come dice la collega del Tirreno:

1. «Non ho rimpianti e neppure mi sento in colpa per aver partecipato ad alcune gite e a qualche battuta di caccia, in quanto il tutto deve essere ricompreso in un contesto di rapporti e di relazioni amichevoli finalizzate a produrre investimenti e ricadute positive per il nostro territorio».
Quante gite? Quante battute di caccia? E le finalità istituzionali di un Sindaco prevedono espressamente «rapporti e … relazioni amichevoli finalizzate a produrre investimenti e ricadute positive» su un territorio? E dove sta scritto di questa ‘professione di facilitatore’, signor ex-Sindaco Mochi? Ce ne cita la fonte normativa, per favore? Così, tanto per convincerci, noi poveri cittadini e noi della stampa – che a lei non sembra piacere più di tanto, visto il suo trimestre con ‘voto monastico del silenzio’…

2. «Mi sono già rivolto ai miei avvocati per tutelarmi dagli ingiusti attacchi subiti. Non ho altro da aggiungere rispetto a quanto messo su carta».
Non crede che la miglior tutela, per lei, ex-amministratore pubblico, sia mostrare pubblicamente e senza reticenze il suo operato? Non è questo che recita lo statuto e il codice etico del partito di cui lei è un uomo di punta impegnatissimo? O pensa che le sia consentito difendersi come un semplice uomo qualunque, un quisque de populo più protetto di un amministratore pubblico? E in cosa consisterebbe la lamentata ingiustizia degli «attacchi subiti»? In ripetute richieste pubbliche di chiarimenti sull’operato di un pubblico amministratore? Ma si rende conto di cosa dice?

3. «Appare chiaro che tutto ciò ha come obiettivo principale lo screditamento del mio operato. In merito ai rapporti con Pistoiambiente srl e Rocchine spa, preciso che nessuno sconto è stato applicato nei loro confronti da parte dell’amministrazione. Al contrario, sono state ricercate sempre e comunque le condizioni di maggior favore per il territorio e per i cittadini. Sulle Rocchine mi preme ringraziare pubblicamente il signor Antonio Ceccarelli (a capo della spa, ndr) e tutta la società perché, nonostante i 10 anni trascorsi dall’inizio delle procedure, hanno caparbiamente insistito. L’accordo fatto sul complesso turistico ha previsto uno scomputo al 50% dell’urbanizzazione secondaria: ciò ha voluto dire 390 mila euro di maggiori entrate per il Comune».
Le conclusioni a cui lei giunge sono, forse, un po’ troppo frettolose, dopo ben tre mesi di silenzio. Nessuno vuole screditare nessuno. E invece non si capisce perché – e se ce lo spiega le saremo anche più grati – lei stia ringraziando qualcuno: se tutto l’iter Pistoiambiente-Rocchine è stato un iter amministrativo di routine, e tutto si è svolto ‘senza sconti’, qual è il motivo della sua riconoscenza a dei terzi, scusi? O questo sfugge a noi perché non arriviamo a concepire la funzione ‘promozionale’ del Sindaco da lei svolta e difesa per il passato? Le dispiacerebbe rispondere, per favore?

4. «Non vorrei che proprio in virtù di tali regole astratte (il Codice Etico – n.d.r.), il sindaco fosse costretto, per assurdo, a chiedere l’autorizzazione al consiglio comunale per andare a pranzo con un imprenditore locale».
Stia tranquillo, signor Mochi. Il suo successore non dovrà chiedere nessuna autorizzazione al consiglio: anche perché il Sindaco Mungai non ha, tra quelli suoi codificati per legge, alcun dovere di andare a pranzo con un imprenditore locale. E poi… non ha visto, tra l’altro, in cosa sono sfociate le continue tavolate e gli incontri conviviali nella storia degli Untouchables…? Non teme che si scateni un altro casino del genere?

5. La questione morale – commenta infine la Faragli –, secondo lui (Mochi – n.d.r.), non esisteva prima – all’epoca delle gite – e non esiste neppure adesso.

Resto senza parole proprio perché quest’uomo di punta del Pd, come si capisce da quanto viene scritto ed evidenziato, non sembra avere proprio sensibilità alcuna per la questione morale: è stato tutto normale, dato che la funzione di un Sindaco è finalizzata «a produrre investimenti e ricadute positive» su un territorio.
C’è solo una pecca: che mentre Mochi non vorrebbe che il Sindaco (leggi Mungai, suo delfino) fosse costretto a chiedere l’autorizzazione del consiglio per andare a pranzo con un imprenditore locale; e mentre dice di non avere rimpianti né di sentirsi in alcun modo in colpa per le gite di Madrid o per le alcune battute ci caccia (che poi potrebbero essere perfino una dozzina), stando a quanto ha dichiarato pubblicamente Mungai, fu proprio lui, Renzo Mochi, a trascinare quell’altro, Mungai allora suo vice, e la sua gentile signora a Madrid: perché – questa la versione mungaiana – ‘Mochi non voleva che, poi, qualcuno dicesse o pensasse male’ se a Madrid ci andava da solo.
Mochi, uomo di punta del Pd, e Mungai, Sindaco di punta del Pd, dovrebbero però trovarsi un po’ d’accordo sulle versioni dei fatti, perché delle due l’una:
a) o Mungai ha detto una bufala – e allora Mochi si risenta;
b) o Mochi aveva – come del resto ho già scritto altrove – la netta percezione di qualcosa che non andava nel suo ‘comportamento gitaiolo’, né più né meno, mi pare di avere scritto, di un Adamo che si coprì le vergogne con la famosa foglia di fico (Serravalle. Le ‘gite culturali’, gli interessi dei cittadini, le stecche e una foglia di fico vedi).
Quanto al fatto che il Comune di Serravalle non abbia fatto sconti a nessuno sulle Rocchine, devo purtroppo invitare tutti (minoranze, maggioranze e cittadini) a rileggere, con la massima attenzione, il post Rocchine’s story. Cominciamo più o meno dall’origine del progetto (vedi).
Quanto al fatto che Mochi si sia rivolto ai suoi avvocati, credo – e con me, giustamente, molti altri cittadini – che l’ex-Sindaco abbia visto fin troppi telefilm di Law & Order o di Perry Mason.
Gli vorremmo ricordare che, quanto alle domande scomode che gli sono state rivolte, la gente, e poi anche i giornalisti – ancor più protetti –, si sono rivolti, per lui, all’articolo 21 di quella Costituzione, che lui stesso, come politico di lungo corso, dovrebbe ben conoscere e avere ben interiorizzato, oltre che masticato; e che i politici, inoltre, hanno un solo dovere: quello di rispondere, anche fino alla nausea, alle richieste di chi li interroga. Specie quelli del Pd, democratici e popolari.
Mochi, pertanto, veda di essere più umile e rispettoso dei diritti della gente e cerchi di rendersi meno discutibile e criticabile di quanto ha fatto con i quattro punti riportati in virgolette dal Tirreno.
Punti che non lo mettono certo in una perfetta luce di santità – anche dopo il commento finale della Faragli, relativo alla sua sensibilità nei confronti della ‘questione morale’.
E non so se lo abbia capito.

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[Martedì 24 luglio 2012 - © Quarrata/news 2012]

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