di Luigi
Scardigli
Inaugurata una mostra al Museo Marini –
Resterà aperta fino al 31 agosto
Alcune sembrano quadri; altre, disegni. Sono foto, invece,
stampate, incorniciate, presentate col miglior decoro possibile, frutto di
ingegno compositivo, angolazione, tecniche di guerriglia pacifista, ma
soprattutto tanta, tanta voglia di capire.
Se volete vederle, le proiezioni intimiste, luminosissime,
di Cristina Spinato, trentacinquenne di Cutigliano che slenga il livornese,
perché è lì che ha scoperto la luce, basta che vi precipitiate al Museo Marini,
dove da oggi pomeriggio alle 18, la città, dopo due anni di insistenze inevase,
ha capito che era giunto il momento di darle spazio e considerazione, a questa
ragazza, concedendole il merito di farsi conoscere, allestendole una personale,
quindici foto che racchiudono essenze personali e voglia di esprimersi.
«Faccio parte di quella umanità che crede di aver diritto di
dire qualcosa – esordisce Cristina Spinato, ad esposizione appena iniziata –. La
fotografia è il mio mezzo prediletto di comunicazione, non certo il solo, ma
quello nel quale mi riconosco di più».
Allora, se le foto di Cristina Spinato sono lo specchio più
veritiero di una parte della sua anima, spero davvero che la fortuna la
assista: le foto, naturalissime, sono un concentrato di studio, una ricerca
ossessiva di piani inclinati, sovrapposti, che paiono voler trasformare in uno
scatto i tempi biblici e organici della natura, che resta la stessa per secoli
e secoli; alcune volte basta spostarsi un po’ più in là e scoprire che può
davvero diventare altro: le foto, del
resto, sono altro, ma quelle della ninfa montanina, che fa la spola tra
Cutigliano, dove è nata e Livorno, dove vorrebbe vivere per sempre (?), sono
altro davvero.
«Credo nella forza estrema della natura, della sua
predominanza totale: noi possiamo girarci intorno e scoprire cose che senza la
curiosità resterebbero inesplose, sconosciute, invisibili. Credo nella potenza
materna, nell’eleganza femminile, nelle risorse, infinite, delle donne».
Lavora con una Nikon, D200, per l’esattezza, Cristina
Spinato: predilige il grandangolo, ma è sapiente ed elastica con tutti gli
obbiettivi; dipende dalle esigenze. Al vernissage, alle 18, è anche arrivata
una delle sue modelle predilette, un’altra montanina, un’amica di vecchia e
certa data, Debora Pistolozzi.
«Non so se il suo nome si scriva con la acca finale, ma
sarebbe così brutto, se ci fosse quella lettera muta ed inutile, che preferisco
non saperlo e spacciarti le sue generalità così come te le ho date».
Con la fotografia, Cristina, si muove con disinvoltura da
sette anni: ha collaborato con il maestro Aurelio Amendola in poche ma
importantissime circostanze.
«Non sopravvivo con la mia fotografia, per ora; però credo
in quel che faccio e il mio sogno, termine che non rende esattamente l’idea,
perché mi ci vedo perfettamente nel mio futuro fotografico, è proprio quello di
riuscire ad emulare lo spessore di uno dei miei maestri, Amendola, appunto».
Le consiglio di non mollare; e di continuare a farlo con il
sorriso che la cambia e le cambia di continuo: basta spostarsi e diventa altro;
una preghiera, un lamento, un urlo, la fine.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
Foto di Luigi Scardigli.
[Venerdì 20 luglio 2012 - © Quarrata/news 2012]
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