mercoledì 25 luglio 2012

STATO E MAFIA. UNO SOLTANTO NON SEMBRA AVERE DUBBI

di Luigi Scardigli

Ho avuto la fortuna, una decina di anni fa, di conoscere il giudice Antonino Caponnetto, a Pistoia. Era in visita nella nostra città per parlare di Mafia.
Lo incontrai all’istituto Filippo Pacini, tra una miriade di studenti che stentavano a pensare che quell’omino così piccolo e vecchio facesse tanta paura alla Mafia. Mi disse poco o nulla: parlare non gli piaceva molto; ricordo però che all’unica domanda che mi concesse, rispose così: Quando le armi tacciono, la Mafia sta benissimo.

Non capii all’istante, ma il vecchio Caponnetto, scorgendo la mia smorfia interrogativa, scese nei dettagli, spiegandomi l’ovvio: le associazioni eversive – e la Mafia lo è, per antonomasia – hanno necessità, per farsi riconoscere, temere, rispettare, di mostrare i muscoli. Quando hanno raggiunto i loro scopi, spesso, come tutti i lungimiranti, per nulla ingordi, si fermano, assestano le posizioni conquistate e si espandono, fino alla successiva necessità.
Oggi, mercoledì 25 luglio, su il quotidiano la Repubblica, Attilio Bolzoni scrive del patto, oscuro, scellerato, ma non ancora dimostrato, tra Stato e Mafia, lasciando intendere che le fitte trame, stando agli incartamenti processuali, erano così perniciose che spesso non si riesce a distinguere dove terminasse lo Stato e iniziasse la Mafia. Cosa che Caponnetto, sempre quella mattina al Pacini, mi confermò, sostenendo che, secondo la sua lunga esperienza scortata, alcune stanze dei Palazzi erano colluse con i bunker.
Alcuni anni dopo ho avuto il piacere di conoscere altri due magistrati che ci hanno sempre provato, a sconfiggere l’illegalità: Caselli e Ingroia. E anche loro, tra le tante teorie espresse, mi hanno soprattutto fatto intendere, non in maniera indotta e trasversale, ma direttamente, chiaramente, esplicitamente, che quando le armi tacciono, le associazioni eversive godono di ottima salute e che questo paranoico ed illegale stato di grazia dipende, soprattutto, dalla connivenza che la criminalità organizzata gode nei confronti di alcune mele marce.
Da qualche tempo, questa teoria, si è incuneata tra le pieghe dell’italica popolazione, serpeggiando, trasversalmente, tra i vari ceti sociali. Uno di quelli che invece continua a sostenere che il patto non esiste e non è mai esistito e che non esisterà, mai, è il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, un ex comunista, ma del Pci di Togliatti, Ingrao, Berlinguer, Natta; un ex comunista che ha assistito, inerme e inerte, all’uccisione di Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, ma anche Moro e di tutti i loro uomini e donne di scorta di turno, pagati, questi ultimi, non più di 1.500 euro al mese.
Possibile che non gli sorga il dubbio, al Presidente?

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[Mercoledì 25 luglio 2012 - © Quarrata/news 2012]

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