venerdì 15 marzo 2013

MANUELA MARCHESE: «NEL MIO FUTURO NON CI SONO LA MUSICA E LA CANZONE»

di LUIGI SCARDIGLI

PISTOIA. Ho scoperto, ieri sera, con chi presenterò, il prossimo giugno, lo spettacolo che sto allestendo grazie al generoso patrocinio del Comune di Pistoia. Con me, sul palco, come voce e presenza più che attendibili, ci sarà Manuela Marchese, 33 anni, di mamma casalinga avellinese e di papà banchiere in pensione, napoletano.
Ieri sera, Manuela, trapiantata a Prato in tempi non sospetti, era a cantare al Carbonile, locale pistoiese, in piazza del Carmine, che va per la maggiore. È un locale giusto, come si usa in gergo, frequentato da chi se ne intende.

Ci sono andato per sentirla cantare, ma anche e soprattutto perché, recentemente – e la cosa mi ha procurato nuova tristezza –, ho scoperto un mondo, quello delle pianobargirls, che ignoravo quasi del tutto. Si somigliano, tra loro, le pudiche intrattenitrici delle notti musicali, perché cantano senza pubblico, senza che nessuno sappia o possa apprezzarne le eventuali doti artistiche. No, il locale, poco alla volta, si è riempito; ha iniziato a farlo quando ho deciso di andarmene, perché non mi interessava più restare: avevo scambiato due chiacchiere con Manuela e soprattutto l’avevo sentita cantare e non avevo più motivo di trattenermi.
Manuela, carina e con quei sorrisi così convincenti che rasentano l’irritazione, dopo essersi diplomata al Classico, si è laureata in Lingue, con una tesi in letteratura inglese. Quando canta Amy Winehouse, insomma, c’è da crederle, non foss’altro per la disinvolta ed elastica padronanza del britannico. Ma non dispiace sentirla anche quando intona un brano di Arisa, o quando si cimenta nell’interpretazione di un motivo tratto dalla colonna sonora di Pulp fiction, uno dei gioielli – tutti – di Quentin Tarantino.
«Il mio sogno è diventare mamma il prima possibile – mi dice Manuela alla prima interruzione dell’esibizione, con i clienti del ristorante intenti a far tutto, fuorché ascoltarla –. In cantiere, ora, c’è il matrimonio con il mio compagno, con il quale convivo; dobbiamo superare qualche difficoltà legata al lavoro, ma ce la faremo, ne sono sicura».
Anche la bargirl, con il labiale, mentre mesce un rosso di Bolgheri e prepara un cocktail, canta le canzoni che esegue Manuela e senza seguire il karaoke che scorre su un monitor posto in alto su una parete del locale, che chiunque può vedere. Lei, come se fosse al cospetto di una giuria irremovibile o se si esibisse all’Arena di Verona, ce la mette tutta, immergendosi nel piloro delle autrici, scambiando ripetutamente la mano con la quale sorregge il microfono. È mancina, Manuela: si capisce da quanto usi la sinistra per accompagnarsi e modulare il timbro e il diaframma, ma anche e soprattutto quando scrive. Ieri sera lo ha fatto per prendersi il mio numero di telefono e redarguirmi, eventualmente, domattina, quando il blog lo pubblicherà e lei avrà modo di leggerlo, il pezzo che sto scrivendo.
«Nel mio futuro non ci sono la musica e la canzone – aggiunge Manuela, senza che quella smorfia incollata sul viso si increspi e si spiani beata –. Lavoro, con non poche soddisfazioni, in una ditta tessile pratese, Apollo e non ho alcuna intenzione di metterla in secondo piano. Il canto è una cosa che mi coinvolge da sempre e da dieci anni quasi professionalmente: ho seguito alcuni corsi, a Prato e a Montemurlo, al Controsenso e al Som, dove ho conosciuto un sacco di gente con le idee chiare e parecchio preparata. Ho fatto parte di un trio, che si è dovuto sciogliere per cause di forza maggiore e ho collaborato con altri musicisti. Il mio compagno mi dice che presto mi scoppierà il cuore, se continuo a svegliarmi la mattina alle 8 per andare a lavorare e la sera, invece di riposarmi, faccio tardi a cantare: mi auguro che si sbagli, ho da fare ancora un sacco di cose, soprattutto con lui».
Sul biglietto da visita che mi ha lasciato, sotto le sue generalità, in corsivo, ci sono le sue tre manifeste velleità: singer/speaker/showgirl.
A giugno, con Manuela Marchese, presenterò questa serata riservata alle donne, le donne che accendono lo spettacolo. Viste le doti, universali, di Manuela Marchese – che conosce l’inglese alla perfezione, che canta con pregevole efficacia e che sa muoversi con imbarazzante naturalezza –, oltre che accenderlo, lo show, sarà anche quella che avrà l’onore o l’onere, chissà cosa ne uscirà fuori, di spegnerlo. Ma finita la serata, di corsa a casa, per non perdere altro tempo preziosissimo e soprattutto, per non distrarsi.
Inutilmente.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Venerdì 15 marzo 2013 | 09:11 - © Quarrata/news]

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