di Edoardo Bianchini
C’è un magniloquente Signore che vorrebbe
insegnarmi a fare il giornalista e che, per questo, mi preannuncia cause (vedi)
come se la mia coscienza – che evidentemente lui non conosce affatto – si mettesse
a tremare come una foglia e mi spingesse a rincantucciarmi in un angolo alla
stessa maniera di un cane in chiesa.
Onestamente non mi pare proprio
che abbia grandi titoli né sul piano del mestiere, né tantomeno su quello della
correttezza.
Nella sua Tv di famiglia, dove
lavorano – oltre a lui medesimo – ben due dei suoi tre figli, si assiste a un uso
piuttosto singolare della professione e del mezzo televisivo, con addetti e
strumenti metaforicamente trasformati in ‘picciotti con lupara’.
Brillante esempio di questo uso
singolare della professione, in questi giorni si vede anche una figlia
pubblicista di quel Signore, che fa da ‘reggipancia’ nella pubblicità
elettorale a pagamento di una candidata alle prossime elezioni comunali
pistoiesi.
Del resto, anche il padre, tanti
anni fa, lo faceva con un memorabile novello La Pira presentato come il “candidato
dei pistoiesi” per la Camera dei Deputati e destinato ad aprire tanto di ‘ambulatorio’
nella nostra città. Correvano i primi anni ’80. I più vecchi ricorderanno perfettamente.
Ma il culmine della lezione il
nostro ce l’offre col suo assordante silenzio – o col suo imbarazzante sfuggire – rispetto al nodo eticamente più stringente della sua vicenda: dopo tutto
quello che abbiamo sentito, letto e, soprattutto, visto documentalmente
dimostrato sulle somme destinate al servizio dei disabili (che invece hanno
preso la via, con forme e modalità più o meno riservate, più o meno fiscalmente
corrette, della società televisiva privata di casa Bardelli), si prova un
penoso imbarazzo prima di tutto per chi pretende di salire in cattedra e
pontificare dalla sua finestra televisiva, in secondo luogo (e peggio ancora)
per chi pretende di giudicare gli altri, specie quando questi altri non
tutelano affatto, attraverso la professione, i propri personali interessi, ma
quelli, unici e irrinunciabili, di chi ha il diritto di essere informato.
Non sarà un caso che – di tutte le persone che hanno messo la loro firma su
quei documenti che sono stati pubblicati su questo blog – oggi non ce ne sia una, una sola, che si prenda la
responsabilità di dire che quanto fu fatto “fu cosa buona e giusta”.
Oppure ci sbagliamo?
C’è qualcuno che – grazie a Dio tuttora vivo e vegeto – può dire la sua per far comprendere a tutti come
nulla di irregolare e di immorale ci fu (o c’è, se c’è) nell’usare a piene mani
i soldi per il servizio ai disabili – i nostri soldi, quelli dei contribuenti toscani – per finanziare le spese della TV di Bardelli?
Se c’è qualcuno, allora si faccia
avanti.
E proviamo a fare un primo
appello: perché non parla il prof. Fabrizio Feraci, che è stato per decenni – ed è tuttora – il tesoriere di fiducia di Bardelli?
Infine, come ultima cosa, il
nostro Signor Catone della Tv dovrebbe togliersi una volta per tutte dalla
testa l’idea di poterci intimidire perfino con le minacce legali: non saremmo
veri giornalisti, professione di cui andiamo orgogliosi e che abbiamo sempre
onorato, se non raccontassimo a tutti non le nostre impressioni, ma ciò che
abbiamo visto e di cui abbiamo avuto prove fra le mani, prove che riguardano
tutti perché parlano di soldi prelevati dalle tasche di tutti.
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[Lunedì 9 aprile 2012 - Pasquetta
- © Quarrata/news 2012]
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