di Luigi
Scardigli
Con un pizzico di follia…
Alla sua età, spesso, il nonno, ci si accontenta di saperlo
autosufficiente. Lui invece, B. B. King, 87 anni il prossimo 16 settembre, si
permette ancora il lusso di suonare – eccome – e cantare; ma non in casa,
davanti allo specchio o al cospetto dei nipotini, al compleanno di uno di loro,
ma in piazza del Duomo, come epilogo della prima serata della 33esima edizione
del Festival Blues.
È storia della notte appena passata, quella che ci ha
regalato il quasi novantenne di Itta Bena, Riley B. King, che con la sua
fedelissima formazione – nessun veterano come lui, ma nessuno sotto i 70, forse
– ha regalato, al nutrito pubblico accorso, con gentile avarizia, un altro
piccolo grande saggio della sua immensa secolare classe, quella che lo ha
contraddistinto, dal secondo dopoguerra ad oggi, come uno dei più grandi
bluesman di tutti i tempi, e visto che di quelli del suo calibro, vivi, è
rimasto solo lui, l’equazione chiudetela voi.
Certo, il peso degli anni, di una dieta, ferrea, che gli ha
dimezzato stazza e chili, si fanno anche sentire, ma il suo peso specifico, che
nessuna bilancia potrà mai registrare, non può che accrescere, in modo
inversamente proporzionale, la sua leggenda.
Ieri sera, la sua custom, più nota con lo pseudonimo di Lucille, era nera, non rossa; il suono,
però, il fascino e la passione sono rimaste quelle di sempre, per la precisione
le stesse che seppe regalare, dal palco della stessa piazza, 32 anni fa: era il
14 luglio, per la precisione, sabato. Pistoia, per la prima volta, ospitava una
manifestazione che avrebbe fatto una delle storie più belle di questa città e
al battesimo di un Festival che ci traghetta ovunque, assieme ed accanto ad
altri mostri sacri, c’era anche lui, B. B. King. Allora, però, suonò in piedi,
caracollando per circa due ore, fintando svisate, facendone di imprevedibili,
per poi terminare lo show distribuendo sorrisi, emozioni irripetibili e
plettri.
Anche ieri sera, al termine dell’esibizione, eseguita
seduto, bissando le antiche inimitabili movenze con parsimoniosi gesti
miniaturizzati delle spalle, Bibbiching
se ne è voluto andare, ringraziando, con la solita generosa distribuzione di
plettri, i suoi inguaribili e giovanissimi – rispetto a lui – estimatori. Ha
salutato tutto e tutti sulle note di I
want say go machinin, una filastrocca che i nonni, spesso, canticchiano
allegri ai propri nipoti. Beh, è successo all’incirca le stessa cosa, con la
sola piccola, grande, differenza che noi tutti vorremmo che fosse nostro nonno,
B. B. King, senza però sapere se anche a lui farebbe piacere di avere così
tanti nipoti.
Sarebbe carino, insomma – lancio la proposta dalle note
informatiche del nostro Blog –, che questa città, che alla sei corde
statunitense ha regalato, da tempo, cittadinanza onoraria, rendesse il giusto
tributo, trasformando, come hanno fatto a Porretta, una denominazione
toponomastica: i nostri cugini limitrofi bolognesi hanno pensato a Rufus
Thomas, per il nome del parco; potremmo barattare il nome di piazza del Duomo
con quello di piazza B. B. King: sarebbe bello, originale e avrebbe senso. Un grande
senso: storico, culturale, artistico.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 14 luglio 2012 - © Quarrata/news 2012]
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