di Lorenzo Cristofani
Se è vero che la città è ancora abbastanza a misura d’uomo, ci sono una serie di situazioni veramente preoccupanti
PISTOIA. Il Rapporto Ecosistema Urbano 2012 l’annuale ricerca realizzata da Legambiente e Ambiente Italia col supporto editoriale del Sole 24 Ore, è giunto alla diciannovesima edizione (qui consultabile).
Le città italiane sono state divise in tre classi demografiche (sotto 80mila abitanti, tra 80mila e 200mila e oltre 200mila abitanti) e valutate in base ad una serie di indicatori ambientali:
• livelli di alcuni inquinanti (biossido di azoto, polveri sottili, ozono) per la qualità dell’aria;
• consumi idrici domestici, dispersioni di rete e capacità di depurazione per gli usi dell’acqua;
• produzione pro capite e percentuale di raccolta differenziata per la gestione dei rifiuti;
• offerta di trasporto pubblico e di mobilità sostenibile, tassi di motorizzazione, isole pedonali e Ztl, ciclabilità per le politiche di mobilità;
• verde urbano per l’ambiente naturale;
• consumi elettrici, le rinnovabili, le politiche energetiche per l’energia;
• certificazioni e pianificazioni per la gestione ambientale.
Pistoia, compresa nella fascia media – tra gli 80mila e 200mila abitanti – è trentunesima su quarantaquattro città.
Ci sono però da segnalare alcuni limiti di questa analisi (si veda anche qui), e ciò non per sminuire l’importante merito di tenere accesi i riflettori sulle politiche ambientali.
Il primo è la mancanza di uno standard unico di reperimento dati. Non a caso dal prossimo anno Legambiente ha siglato un accordo con Istat per la revisione degli indicatori urbani dei dati, con l’intento di renderli più puntuali e precisi. Inoltre, sempre dal prossimo anno, ci saranno approfondimenti sull’abusivismo edilizio e gli orti urbani, quest’anno inseriti solo in via sperimentale.
Viene inoltre ritenuto alquanto referenziale il sistema di valutazione, dal momento che non è affiancato alle prestazioni di altre città europee e mondiali (vedi).
Altro limite è l’incompletezza: si pensi al dato su fotovoltaico e utenze termiche, monitorato sugli uffici pubblici, quando in realtà sono indicativi i consumi energetici – e relativi sprechi – delle famiglie, che rimangono numericamente maggiori. Infine altro elemento criticato è l’assenza di un’analisi qualitativa delle informazioni quantitative: in altre parole la percezione della qualità ambientale può non corrispondere al punteggio nella classifica.
Questa lettura era stata usata anche in passato, mi pare dall’assessore Tuci, per sminuire il severo giudizio su Pistoia di qualche anno fa, quando addirittura era penultima.
Ora, è vero che la classifica va presa con le molle, in quanto affetta da questi limiti; però alcuni valori quantitativi sono indicativi in ogni caso di una tendenza almeno parziale, su cui ci sarebbe da migliorare, e da subito.
Prendiamo quelli delle imprese green o con certificazioni ambientali: anche il rapporto della Fondazione Symbola e Unioncamere (vedi) evidenzia – in questo caso comprende tutta la provincia – il bassissimo numero di aziende, motivo per il quale la nostra provincia figura all’ ultimo posto. E si faccia attenzione al fatto che questo indicatore non rientra tra quelli percepiti nella quotidianità.
Riguardo invece alla qualità dell’aria – per riallacciarci alla mancanza di analisi qualitativa – è ovvio che servirebbero valutazioni integrative sul posizionamento della centralina di rilevamento.
Diverso invece il discorso sul trasporto pubblico: è un mezzo fallimento e lo si percepisce concretamente, dal traffico urbano – in viale Adua, sui viali delle mura per fare un esempio – ad un’offerta non modulata sulla domanda, come dimostrano i mezzi semivuoti e le code kilometriche in tutti i varchi cittadini.
In definitiva la smart city, che significa la città intelligente, dove smart viene declinato in tutti i campi, dalla mobility alla house (domotica), implica tuttavia che ci siano delle smart people: è questo il caso di Pistoia? Parrebbe di no, perché se è vero che la città è ancora abbastanza – in certe zone – a misura d’uomo, ci sono una serie di situazioni veramente preoccupanti.
Il sistema rete fognaria più depuratore, per dirne una, è un colabrodo; viale Adua non regge il carico dell’utenza e spesso urgono interventi straordinari per tappare le falle; ugualmente in campagna prevalgono gli scarichi a perdere.
Che dire poi del fatto che da un lato non si vuole comprare la roba sfusa – evitando imballaggi e portando la sporta riutilizzabile – e dall’altro si ritiene una fatica sovrumana differenziare i rifiuti, ma allo stesso tempo si pretende di avere tariffe basse e di poter serenamente protestare contro gli inceneritori e discariche?
O ancora, si sente parlare di verde urbano, con tanto di legge regionale a firma dei consiglieri pistoiesi, ma poi si pensa di sventrare il verde più antico, identitario ed esteso del centro cittadino – orto-giardino di San Bartolomeo – alla faccia della capitale del verde e dei bambini, che per inciso potrebbero popolare quel luogo, convogliando così i genitori a vivere la città e rivitalizzare gli esercizi commerciali limitrofi.
In ogni caso ogni lettore farà le proprie valutazioni.
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[Sabato 17 novembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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