di Lorenzo Cristofani
PISTOIA. Anticipammo qualcosa (vedi) al riguardo della mai
abbastanza onorata figura di Filippo Rossi
Cassigoli (1836-1890).
Purtroppo
i pistoiesi di ieri e di oggi, da buoni cittadin
perversi, come li ha definiti il padre della lingua italiana – Francesco Petrarca – nel sonetto 92 del Canzoniere, rimossero, e continuano
ancora oggi ad ignorare, sia la gloriosa figura dell’Ottocento nostrano, sia le enormi potenzialità che potrebbero
derivare dalla riscoperta delle sue passioni.
Per
fortuna c’è un’eccezione: il numero 19 – l’ultimo uscito – di Storialocale, la prestigiosa rivista
promossa e finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio, che dedica un
interessante saggio alle architetture del palazzo Rossi Cassigoli e alle
vicende della famiglia che l’ha costruito. Perché ricordare il nobile Filippo?
Permettano i lettori due battute per inquadrarne brevemente il contributo, vale
la pena.
Gregario
nelle lotte politiche e amministrative, creò una grandiosa
raccolta di cose
pistoiesi. Oltre quattrocento fogli manoscritti, pergamene, incisioni, monete, armi,
oggetti d’arte, periodici, giornali, manifesti, fogli volanti e trecento fotografie di fine Ottocento, tutto custodito nel palazzo dell’attuale via Cavour.
Filippo Rossi Cassigoli |
Riferendosi alla raccolta del Cassigoli, il
Melani così si esprimeva: “Non v’era, quindi, a Pistoia, persona anche men che mezzanamente colta la quale non
conoscesse questa raccolta, né capitava a Pistoia persona notevole e studiosa
che non la visitasse riportandone ricordo vivissimo e grato…”.
Effettivamente la raccolta era diventata meta di studiosi
delle più svariate materie per l’importanza che aveva assunto nella parte
bibliografica.
Gherardo Nerucci ebbe modo di consultare la relazione del
viaggio in Tibet del padre gesuita Ippolito Desideri (primo tibetologo – pistoiese!
– di fama mondiale) e così scriveva: “una collezione che non potrebbe fare a meno di consultare chi volesse
accingersi a scrivere la storia di Pistoia”.
Filippo Rossi Cassigoli fu inoltre un convinto assertore
della tutela dei beni culturali cittadini, mobili e immobili,
tanto che, grazie ai suoi costanti e appassionati interventi in Consiglio
Comunale, fu possibile preservare la chiesa di San Francesco da lottizzazioni e
riutilizzi indistinti.
Si rammenti a proposito che, a seguito dell’unificazione dello stato
italiano, c’era stata la soppressione di molti
ordini e corporazioni religiose e i loro beni erano stati così alienati,
causando la frammentazione e la perdita di un ingente patrimonio.
La collezione, successivamente
alla scomparsa di Filippo Rossi Cassigoli, divenne parte integrante della
Biblioteca Nazionale fiorentina. Questo perché la famiglia, impossibilitata a
continuare la grandiosa opera, aveva deciso di alienarla. Ma la città si lasciò
sfuggire buona parte delle fonti della sua storia perché né Comune né privati
vollero trovare i fondi per sostenere le spese necessarie. Purtroppo però l’ultima
schedatura del fondo Rossi Cassigoli risale al 1918 e oggi è difficile dire
cosa e quanto sia ancora consultabile alla luce anche degli eventi storici
susseguitisi (guerra e alluvione).
Emerge in
ultima istanza un amore di campanile,
certo, ma quando ogni campanile era visto come un frammento di
patria, e cercarne, custodirne la storia significava sentire in se stessi il
ritmo dei secoli, legare il passato al futuro. E in un’epoca segnata da individualismo e conflittualità, la riscoperta dell’identità culturale pistoiese, la
ricostruzione di un senso di comunità e coesione sociale dovrebbero essere percepiti
come valori da perseguire. Da parte di tutti, dai singoli, dalle istituzioni
come dalle associazioni fino alle Fondazioni per statuto vocate a tali
finalità.
Palazzo Rossi Cassigoli |
Da una riflessione ispirata a questo personaggio potrebbe inoltre scaturire l’aspirazione, da parte di chi
dovere, che il fondo Cassigoli torni in
qualche modo a costituire una fonte di ricchezza e
approfondimento storico culturale per la città. La vastissima
collezione bibliografica dovrebbe, in altri termini, dare nuova linfa e impulso
alle ricerche storico-letterarie e all’associazionismo culturale della città. Mi risulta che già ci
sia un proposta, rivolta alla Fondazione Cassa di Risparmio, di
digitalizzazione del fondo: si vada avanti allora, anche con l’appoggio delle
istituzioni!
La Società
Pistoiese di Storia Patria cosa vorrà fare a questo giro? Rimarrà alle isole
Cayman [*] – insieme alla Confcommercio – o coglierà la storica
occasione di riscoprire un fondo che, possiamo effettivamente dire, ha
autenticamente ispirato e creato le condizioni della nascita di quell’allora
glorioso istituto? Si noti infatti che lo Zdekaur, padre fondatore della Società,
soggiornò nel palazzo di Filippo Rossi Cassigoli apprezzando il valore della
raccolta, che sempre tenne a memoria e che comunque influenzò enormemente i
Chiappelli e gli altri fautori di quel cenacolo post risorgimentale improntato
all’amor patrio.
L’illustre
Filippo scrisse anche dei Ricordi di viaggio, su cui ci
sarebbe da scrivere – e non è detto non si possa fare – e riscrivere.
Ma si
tratta già di tutta un’altra storia…
[*] – NOTA IMPORTANTE
Il
riferimento è al modus operandi della
Società Pistoiese di Storia Patria, in particolare basti pensare allo
scempio e alla devastazione di monumenti storici (vedi1, vedi2)avvenute nell’imbarazzante
omertà di questa organizzazione che ha nel suo statuto (ma nei fatti non
rispetta) la vocazione al mantenimento, al miglior uso e al restauro degli edifici, delle
strutture e dei beni culturali, storici ed artistici che si conservano nella
città di Pistoia…
Parallelamente,
e in maniera clamorosa, il suo presidente onorario scrive però sdegnato sul Bullettino
Pistoiese, stigmatizzando il restauro dell’intonacatura della cella
campanaria del campanile del Duomo. Ma that’s
Pistoia, una città a misura d’uomo
e a misura di alcuni uomini in particolare, proprio come – absit iniuria verbis – il presidente onorario,
visto che ogni anno una bella giornata di studi o una pubblicazione sui
Longobardi viene comunque finanziata… su misura! Da chi sono poi foraggiati i
bilanci della Società di Storia Patria lo indovineranno i lettori
(qualcosa è stato detto qui)!
In ogni
caso se i signori che alloggiano gratuitamente – a differenza di tutte le altre
associazioni culturali pistoiesi – nel palazzo Pappagalli/Baldi-Papini,
gentilmente ospitati dal Comune, volessero rompere il silenzio, anche solo per dire
pio su qualcuna delle questioni su cui li abbiamo chiamati in causa, sarebbero
sempre i benvenuti.
Sull’orto
monastico di San Bartolomeo, ad esempio, che un manipolo di amministratori
ignoranti – nel senso etimologico: ignorano la storia (longobarda!), la cultura, le
opportunità per valorizzare la città … – ipotizzava di cementificare con un faraonico
parcheggio, cosa ne pensano?
Cliccare
sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 2
novembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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